Introduzione
Possiamo considerare l’esperienza analitica di gruppo un modo per prendersi cura della sofferenza soggettiva tramite degli apprendimenti.
Le trasformazioni utilizzano l’osservazione e l’interazione. Sono guidate dal desiderio e mirano ad ampliare la consapevolezza.
Nella reciprocità dei partecipanti troviamo la circolazione paritetica di competenze conoscitive. Nell’a-simmetria (il setting e l’analista) abbiamo il confronto con la dipendenza, i vincoli e l’autorità promotrice; aspetti che riproducono le origini dei transfert.
Nell’incontrarsi ognuno per l’altro rende praticabili delle esperienze. Dalla propagazione rapida di atmosfere irriflessive (Bion 1961), all’empatia, alla condivisione con differenziazione dei vissuti. Dal dialogo e pensiero pre-conscio (analogico) al pensare lineare (razionale) orientato alla verifica e scelta delle opzioni (F. Corrao). Tanto più un gruppo è capace di transitare da una posizione all’altra, tanto più acquisisce mobilità affettiva e i suoi membri hanno imparato a percepire, tollerare e conoscere desideri, idee, sentimenti.
L’alternarsi di sintonia/riconoscimento e momenti nei quali viene “disturbato” lo stile personale di essere nel gruppo allena a muoversi tra ristoro narcisistico e relazione oggettuale.
Restano diverse incognite: i fenomeni extra-analitici. Tessuto dell’esperienza di gruppo eppure non descrivibili, in dettaglio, per l’impatto sul processo analitico.
Poter apprendere presuppone: tollerare il dolore mentale; ricavare un piacere da conoscenza ed esplorazione; capacità riflessiva; fiducia e sicurezza in se stessi.
Ostacoli all’apprendimento sono: specifiche disabilità; intolleranza verso frustrazioni, senso di vuoto e incompletezza; prevalere di un pensiero irrealistico (fantasia di eliminare problemi e non affrontarli sino all’odio per la realtà); competizione; invidia; idealizzazioni abnormi (quando eccessive e pervasive).
LA SEDUTA DI GRUPPO "LIVE"
Per rendere visibile la trasformazione di senso che puo verificarsi nelle terapie
psicoanalitiche di gruppo presento una
porzione di seduta in cui risalta particolarmente la qualità polifonica del
lavoro di gruppo .
“Adesso mi è venuta la fissazione, sono tornato a sciare, che bello, non
è facile trovare le persone, sono andato con tre amici, abbiamo sciato tutto il
giorno
E’ bello sciare anche a mio marito piace, anche a me, però dopo
l’incidente dello scorso anno, vi ricordate, ho preferito quest’anno stare a
riposo, la scorsa settimana mio marito è andato a sciare con un amico pensavo
fossi tu…
E’ bello andare in montagna, mi piacerebbe andare dove fanno il
campionato del mondo, c’ero stato con la mia ex, anche se chissà tornare lì
Io ricordo il Cervino, prendi la cabinovia sei su e trovi una striscia
gialla, è il confine, sei in Svizzera
Scusate io… anche se forse rovino l’atmosfera, volevo parlare di una
cosa che mi sta a cuore, ho avuto una specie di attacco di panico, non vorrei
che riprendessero uno l’ho avuto a Dicembre, l’attacco di panico ha dei fattori
scatenanti, io non prendo più farmaci e non voglio riprenderli… la mia
fidanzata mi ha mandato un messaggio adesso non riferisco tutto… alla fine
c’era scritto ti amo, lo aveva detto altre volte, ma scritto mai, una volta
parlavamo, lei sa che vengo qui, mi aveva chiesto se parlavo di lei in gruppo,
come se volesse dire che non le voglio bene se non parlo di lei qui, io invece
ci penso a lei mi manca, poi insisteva mi è venuta paura di non amarla, mi sono
sentito male, io ci tengo a lei, ma lei mi stressa; prima non uscivo di casa,
solo il lavoro e il computer, non sono abituato a stare in due
Bisognerebbe sapere cosa significa amore
(Tutti si voltano verso l’analista come uno stormo di uccelli in volo)
Già ma come possiamo parlare d’amore? Prendiamo un vocabolario? Sembra
ci sia un coinvolgimento che fa paura
Per me non esiste la definizione di amore, è una sensazione, mi ricordo
Luisa eravamo a casa mia, abbiamo fatto l’amore e lei mi ha detto ti amo, io mi
sono sentito… mi sono irrigidito, lo senti se l’altro lo dice veramente
Siamo sempre lì è come una ruota, avevamo già parlato dell’amore che può
far paura
Cosa si può pensare di quello che sembra già detto…
Meglio stare fermi, sarà che io ho avuto una sola esperienza, la
fidanzata che poi è diventata mia moglie
E’ da un po’ che una mia collega mi stuzzica, ci prendiamo in giro
Com’è la collega?
E’ molto bella però siamo così diversi, l’altro giorno mi prende
sotto-braccio e mi fa e non ti irrigidire, ecco in quei momenti vorrei essere
più forte
Io quando sto insieme a una donna mi sento onnipotente e poi penso alle
altre
Ecco questa potrebbe essere la tua definizione di amore, dal tuo punto
di vista "
CONSIDERAZIONI TEORICHE E CLINICHE
Ancora non so se
l’individuo nel gruppo parli sempre e comunque per il collettivo, è certo però
che generi un problema: cosa fare del suo discorso.
F. Corrao (1981c, 1995b) ha indicato come il pensiero multiplo e
discontinuo del gruppo e la delega regressiva di parti di sé costituiscano il
presupposto di esperienze trasformative. Ogni persona è per l’altro un
“oggetto” (in senso percettivo, cognitivo e psicoanalitico) e parimenti
“soggetto”. R. Kaes (1993) indica
come più soggetti si incontrino e congiungano, in modo imprevedibile, le loro
strutture mentali (Es, Io, Super-Io). Ciò che risulta inconscio in una persona
può o potrebbe essere il pre-conscio o la consapevolezza di un altro. Le
funzioni di comprensione e interpretazione sono distribuite e scambiate tra i
membri del gruppo e alimentano un dinamismo non lineare in grado di generare
mutamenti nel sistema e nelle sue componenti. Il primato di ciò che appare: persone
concrete in interazione. Quanto mostrato nel frammento di seduta iniziale.
La cura nel gruppo analitico può
essere considerata l’aspirazione a modificare il malessere soggettivo o
condotte dis-funzionali e la si può correlare a percorsi d’apprendimento. Tale
termine, in psicologia generale, indica: una modificazione duratura e stabile
delle condotte a seguito di un’esperienza (Anolli & Legrenzi 2006). Possiamo
pensare alle inibizioni o reazioni irriflessive o ai comportamenti ripetitivi dei
pazienti. Lo studioso del pensiero Johnson-Laird (1993) ha precisato che per
apprendimento si debba intendere anche: imparare a pensare a qualcosa in modo
diverso o trattare cose diverse come parti di una stessa categoria. Nel lessico
algido del cognitivismo cogliamo echi familiari. Quando parliamo di “spazio
mentale”, di capacità a convivere con ambivalenze e conflitti. Quando evochiamo
la ricostruzione narrativa della propria storia e la comprensione di desideri,
angosce e modelli relazionali.
Si possono distinguere tre forme d’apprendimento (Anolli & Legrenzi
2006): associativo (consolidamento di legami tra eventi prima non collegati); cognitivo
(costruzione di modelli mentali; insight; ricerca attiva di conoscenze); sociale
(imprinting, osservazione, interazione).
Il gruppo analitico può essere considerato un dispositivo che attraverso
l’interazione cerca soluzioni ai problemi
vitali di ogni partecipante. In questo ambiente l’apprendimento non è
appropriazione di procedure o memorizzazione d’istruzioni, ma immersione in un
frammento di vita. Ogni seduta si presenta come enigmatica; nessuno può
sottrarsi alle afferenze, neanche il proprio o altrui silenzio mette al riparo
dal sentire. La dotazione biologica ci costringe a percepire l’ambiente esterno
e interno, poco importa esserne saltuariamente consapevoli. Nel tempo gli
incontri di gruppo diventeranno un luogo riconosciuto, isomorfo alle modalità
con cui ognuno avvicina se stesso e gli altri, nel succedersi delle sedute si
sperimenterà anche l’imprevedibile. Essere presente al gruppo (dato
fenomenico), sentirsene membro e impegnarsi nel dialogo (dato psicologico)
delimita un sistema nel quale ognuno per l’altro sarà osservatore e
partecipante. Tale decentramento, sottolineato da più studiosi (Corrao, Kaes,
Rouchy) è l’agente di possibili modificazioni .
Il riferimento alla psicologia generale ha un limite: suggerisce “come”
possano avvenire degli apprendimenti. Ma cosa li sostiene? Il desiderio. Le persone cercano un
cambiamento e nella domanda rivolta prima al professionista e poi al gruppo
confermano una speranza. Con la capacità di far posto all’estraneo, allo
sconosciuto compagno di viaggio, si potrà con fatica o inaspettata leggerezza, de-costruire
idee e convinzioni cristallizzate. Il desiderio, la motivazione soggettiva,
rimanda alla responsabilità. Il desiderio incontra ciò che vi resiste (il
setting, gli altri) e si dovranno operare scelte e negoziare nuovi equilibri
con l’estraneo interiore.
Non potendo ricorrere a procedure o all’iterazione d’esperienze
precedenti si dovrà scoprire, passo dopo passo, come affrontare i problemi emotivi
e conoscitivi. Tale esperienza implica un rischio: convivere con l’incertezza
del divenire e del molteplice. Viene sollecitata la “creatività”, dover
ristrutturare i termini di un problema per trovare nuove risposte. Si ricorre
all’esplorazione e alla curiosità per attingere al pre-conscio e utilizzare le
intuizioni (F. Corrao, R. Kaes).
La psicologia accademica descrive dei meccanismi, ma non definisce cosa
si voglia o debba apprendere. L’atteggiamento analitico implica una scelta
preliminare: ogni evento sarà considerato testimone (simbolo) di configurazioni inconsce diventate o
rese mute (attraverso i meccanismi detti difensivi). Il collettivo dovrebbe
avvicinare gli scenari inconsapevoli: è questo lo “sconosciuto” al quale dare
asilo e cittadinanza.
Nel gruppo il lavoro di comprensione agisce attraverso due assi. Uno
trasversale fondato sulla reciprocità:
gli scambi comunicativi tra i vari membri. L’altro verticale relativo alla posizione
a-simmetrica dell’analista (S. Erba
1995). Prima di ogni fantasia e insieme a questa l’analista è una sorta di
“legislatore” e “progenitore”. Incontra i singoli in uno o più colloqui
preliminari, propone il dispositivo gruppale, presenta le regole del setting.
Si farà in seguito testimone di una comunicazione che vuol sospendere ogni
giudizio e perseguire la conoscenza attraverso la circolazione del
sentire-pensare. Tali direttrici definiscono un campo pluri-personale entro il
quale ognuno per l’altro incarna il distanziamento della consapevolezza e la
presenza emotiva (positiva o negativa). Se il gruppo è capace di generare
conoscenze (il gruppo di lavoro di Bion; la funzione gamma di Corrao) ciò non
avviene in modo automatico e autonomo. Il ruolo dell’analista è ancora centrale
e per gli investimenti illusori che attrae e per imitazione del suo modo di
stare nel gruppo.
Eppure ci sono dei resti non addomesticati
dai concetti analitici. Nel perseguire astinenza e neutralità l’analista di
gruppo è sovente disarmato verso la non-neutralità dei partecipanti. Non mi
riferisco a grossolane violazioni del dispositivo, ma ad una serie di scambi extra-analitici tra i
partecipanti: valutazioni, reazioni immediate, esortazioni, consigli ecc.
L’analista non interviene in modo pedagogico, altrimenti potrebbe alimentare
l’idea che sappia in anticipo come procedere, può sottolineare come si sta
avvicinando un problema o un’atmosfera, nulla di più. Non sappiamo in dettaglio
quale ruolo giochino tali transazioni nei processi d’apprendimento, possiamo
però cogliere in modo vivido come contribuiscano al tono emotivo di un dialogo
e all’esperienza di sentirsi capiti o non capiti.
Seduta dopo seduta i nuovi punti di vista incontrano delle strutture
collettive e personali: la storia di quel gruppo, le tradizioni individuali, il
sedimentarsi delle risposte emotive. Si realizza una tensione tra processi di
assimilazione e accomodamento (J. Piaget). La posta in gioco è preziosa: la
ricerca di un “vero” che sembra utile e promettente (Bion 1966, 1970), ma tale
ricerca incontra ostacoli e miraggi.
G. Bateson (1966, 1971) definiva come apprendimento 3 una modificazione dell’atteggiamento mentale; una
flessibilità nel saper meglio utilizzare delle competenze o gestire dei limiti
e non l’acquisizione di abilità o conoscenze mai possedute. Quanto sovente
accade alle persone dopo una buona esperienza analitica. Lo considerava un
lavoro mentale anti-economico e di non facile realizzazione. Le mappe della
realtà (interna ed esterna) sono costruite con generalizzazioni soggettive di
esperienze e tendono a convalidarsi e consolidarsi per la capacità di rendere
comprensibile e semplificata una realtà multiforme: gli “apprendimenti 2” di cui un tipico esempio è il
transfert. Bion (1962 pagg. 132/133) scriveva: “la personalità astrae
dall’esperienza tutti gli elementi giudicati ricorrenti e forma da questi un
modello il quale pur conservando qualcosa dell’esperienza originaria è
abbastanza flessibile da potersi adattare ad esperienze nuove e tuttavia
ritenute analoghe alle prime”. Diviene un problema la personalità che ha
perduto flessibilità nel confronto con inaspettate esigenze vitali, ovvero sia stata
poco capace di organizzare le esperienze pregresse.
Trasformare, per quanto possibile, la prospettiva con cui
pensiamo-sentiamo noi stessi, e gli altri, cioè la vita, espone al dilemma
desiderio-paura. “Saper fare” e “sapere” non sono proprietà immateriali, come
molti pensano prima di un’esperienza analitica, bensì funzioni e disposizioni
della persona.
BIBLIOGRAFIA
Anolli L. & Legrenzi P. (2006) Psicologia generale ed. Il Mulino,
Bologna 2006
Bateson G. (1966, 1971) Le categorie logiche dell’apprendimento e della
comunicazione
trad. ital. in Verso un’ecologia della mente
(1972) ed. Adelphi, Milano
1989 9° ediz.
Bion W. R. (1961) Esperienze nei gruppi trad. ital. ed. Armando, Roma 1980 4° rist.
(1962)
Apprendere dall’esperienza trad. ital.
ed. Armando, Roma 1994 5° rist.
(1966) Il
cambiamento catastrofico trad. ital. ed. Loescher, Torino 1981
(1970)
Attenzione e interpretazione trad. ital.
ed. Armando, Roma 1996 4°rist.
Corrao F. (1981c) Struttura
poliadica e funzione gamma in “Orme” vol.2 ed. R. Cortina,
Milano 1998
(1995b) Ti
Koinon: per una metateoria generale del gruppo a funzione
analitica in ibid.
Erba S. (1995) Domanda e Risposta Il Ruolo Terapeutico edit.
Milano 1995
Kaes R. (1993) Il gruppo e
il soggetto del gruppo trad. ital. ed
Borla, Roma 1994
Johnson-Laird N. P. (1993) La mente e il computer trad. ital. ed. Il Mulino, Bologna 1997
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