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Come lo stato psicologico della madre può influire sul feto: uno studio di Curt A. Sandman, Elysia P. Davis, e Laura M. Glynn della Università della California-Irvine .


Attraverso segnali chimici mediati dalla placenta, il bambino che cresce nella pancia della mamma riesce a percepire chiari segnali sullo stato mentale della mamma. 


L’interconnessione tra madre e figlio durante i 9 mesi di gestazione è fonte di sempre nuove sorprendenti scoperte. Se già si sapeva che il feto può percepire i suoni come, per esempio, il battito cardiaco della mamma, le vibrazioni della musica che lei ascolta… Oggi, un nuovo studio che sarà pubblicato su Psychological Science – una rivista della Association for Psychological Science – afferma che lo stato mentale della mamma può essere percepito e, in qualche modo, “metabolizzato”, tanto che questo può influire sullo stato di salute futuro del nascituro.

Durante gli ultimi decenni gli scienziati hanno dimostrato che l’ambiente fetale è molto importante per il bambino. Si postula che tutto quanto accade nella vita della mamma possa influire sullo sviluppo del feto: che sia lo stile di vita, come il fumare o il bere, è risaputo avere effetti molto gravi.
In questo nuovo studio, i ricercatori Curt A. Sandman, Elysia P. Davis, e Laura M. Glynn della Università della California-Irvine hanno valutato come lo stato psicologico della madre potesse influire sul feto in via di sviluppo.

Per far ciò, hanno coinvolto un gruppo di donne incinte per poi sottoporle a una serie di esami clinici, tra cui un eventuale stato depressivo, prima e dopo il parto.
Lo studio è proseguito anche quando sono nati i bambini. Le mamme hanno così dovuto eseguire dei test atti a valutare come i piccoli si stavano sviluppando.
Bene, i risultati ottenuti hanno sorpreso gli stessi ricercatori: non era tanto la situazione mentale della mamma – che fosse depressa o meno – ma la coerenza dell’ambiente. Ossia, che la mamma fosse depressa sia prima che dopo il parto o che fosse sana prima e dopo il parto. Quello che invece influiva in negativo sullo sviluppo del bambino era la difformità tra il prima e il dopo, ossia se, per esempio, durante la gravidanza la mamma era depressa e poi non lo era più dopo il parto.
«Dobbiamo ammetterlo, la forza di questo risultato ci ha sorpreso», ha commentato Sandman.

La stranezza dei risultati potrebbe suggerire che se una madre è depressa prima della nascita, per il bene del bambino non si dovrebbe intervenire, aggiungono i ricercatori. Tuttavia, «un approccio più ragionevole propenderebbe per un trattamento delle donne che presentano depressione prenatale», spiega Sandman, sottolineando che in realtà  già si sa come affrontare la depressione. I problema, semmai, è che le donne raramente sono sottoposte a screening per la depressione prima della nascita.
Poter sottoporre a screening prenatale le donne a rischio è di estrema importanza per l’effetto che la malattia può avere sul nascituro. L’influenza di questi problemi sul feto potrebbe portare a problemi neurologici e disturbi psichiatrici in futuro, avvertono infine gli autori dello studio.

PSICOLOGIA DELLO SPORT : La nostalgia dell’oceano di Guglielmo Campione



Mar che ti volgi ovunque è riva e chiami
Cuor che ti volgi ovunque è pena e l’ami :
Ritornan l’acque e i sentimenti al fondo,
ma per salire puri ancora al mondo
Clemente Rebora “Frammenti lirici”, 1913

L'acqua da sempre scandisce le fasi esistenziali dell'uomo, prestando la propria immagine ai simbolismi della vita, del trascorrere del tempo, di una dimensione metafisica - religiosa e magica - speculare rispetto alla realtà percepibile.
Qual è il substrato ancestrale che giustifica la nostra profonda attrazione verso questo ambiente ?
Il rapporto con i pesci e i mammiferi marini  così ricercati da noi subacquei , per esempio ,si basa solo sulla curiosità , sulla voglia di avventura e sulle tendenze ordaliche delle immersioni tecniche  o sulla condivisione con i mammiferi marini del comune cervello emotivo degli affetti ,delle gratificazioni e del piacere ,della lattazione e alla gestazione gravidica e degli indubbi comportamenti gruppali e linguistici dell’uomo e di questi animali ?
C’è di più che l’etologia comparata ?
.La psicoanalisi , aprendosi all’antropologia, alla mitologia,alla mistica, alla biologia ,alla letteratura ha dato un irrinunciabile contributo di riflessione su questo argomento.
Analizzerò qui due irrinunciabili esempi storici di tale apertura : la corrispondenza tra Freud e il premio nobel Rolland dal febbraio 1923 a maggio 1936,  lo scritto Thalassa di Ferenczi del 1924  e  alcuni passi dall’opera “La regressione”.di Michael Balint ,allievo di Ferenczi .
Accennerò alla leggenda dell’ uomo pesce  e dell’identificazione con esso che affascinò e interesso anche il piu grande filosofo italiano del novecento Benedetto Croce in una sorta di autoanalisi fatta in tarda età : la leggenda come viatico per un viaggio all’interno di sé stesso bambino al di là di tutte i rigori scientifici  sin li usati.
Infine traccerò alcune mie ipotesi interpretative della leggenda.
IL SENTIMENTO OCEANICO
Freud deve a Rolland, la sua elaborazione del cosiddetto “sentimento oceanico ”.
La metafora oceanica, l’oceano come simbolo dell’illimitato, dell’unità in cui le molteplicità si dissolvono e gli opposti coincidono, è molto diffusa in tutte le tradizioni mistiche per descrivere la scomparsa dei limiti dell’Io. Tra i mistici cristiani ricorre spesso l’espressione:”Io vivo nell’Oceano di Dio come un pesce nel mare”. Definisce una condizione permanente di quiete, calma, silenzio interiore anche quando si è coinvolti in pensieri e attività rivolte al mondo esterno. Il soggetto rimane consapevole del proprio stato di coscienza, mentre simultaneamente è conscio di pensieri, sensazioni, azioni.
Ramakrishna per descrivere l’ineffabile utilizzava spesso la metafora della bambola di sale, misura della profondità dell’oceano: “non appena entrata nell’oceano, cominciò a fondersi. Allora chi è in grado di ritornare e dire la profondità dell’oceano?” Freud aveva inviato Rolland l’avvenire di un’illusione, il suo scritto sulla Religione.
È nella lettera del 5 dicembre 1927 che Rolland  lo invita a distinguere il “sentimento oceanico” dalla religione organizzata .
Il nucleo autentico del sentimento religioso, è il “sentimento oceanico”, cioè l’esperienza mistica di unità con il mondo. Questo nucleo è vivo quando è viva l’esperienza dell’unità di tutte le cose :
 Freud rispose in prima battuta così :Il sentimento dell’infinito non è altro che la nostalgia della condizione infantile preedipica, quando il bambino non è ancora in grado di percepire un confine tra sé e la madre.
Successivamente nel 1929 (14 luglio) Freud gli risponderà che il sentimento oceanico  non gli aveva dato pace e che in un nuovo lavoro ( Il disagio della civiltà, 1929) cita il sentimento oceanico e tenta “di interpretarlo nel senso della nostra psicologia.
Rolland (17 luglio 1929) si dichiara onorato che il sentimento oceanico lo abbia stimolato a fare una nuova ricerca e dice infine che Oriente ed Occidente sono le rive dello stesso fiume di pensiero e che in entrambe le rive ha potuto riconoscere lo stesso “fiume oceano”...
Nel 1936, in Un disturbo della memoria sull’acropoli: lettera aperta a Romain Rolland (Opere, vol. 11, pp. 473-481), Freud dedica a Rolland,  questa confessione privata di una accurata analisi di un episodio di amnesia occorsogli durante un viaggio in Grecia sull’Acropoli di Atene di Fronte al Partenone.che ha a che vedere con le tematiche della  Fede-Fiducia, credulità/incredulità, piacere/dispiacere, potenza/impotenza, sentimento di estraniazione, depersonalizzazione, doppia coscienza, scissione della personalità.
Questo conferma la sensazione che la chiusura rispetto al sentimento oceanico continua a tormentarlo ancora dopo dieci anni dalla provocazione di Rolland. Si potrebbe a questo punto pensare che ciò che gli è precluso non è la mistica e la musica ma l’ingresso nel materno, nel femminile, in ciò che per Ramakrishna diventa la visione diretta della dea Kalì, l’eterno femminino, che per Freud rimase il continente nero.
THALASSA DI SANDOR FERENCZI .
« La filogenesi  o evoluzione della Specie,è un processo evolutivo degli organismi vegetali e animali dalla loro comparsa sulla Terra a oggi »La filogenetica studia l'origine e l'evoluzione di un insieme di organismi, solitamente di una specie. Un compito essenziale della sistematica è di determinare le relazioni ancestrali fra specie note vive ed estinte .
Nel XIX secolo fu proposta da Ernst Haeckel la teoria della ricapitolazione espressa nelle sue parole« "Tutte e due le serie dell'evoluzione organica, l'ontogenesi dell'individuo e la filo-genesi della stirpe a cui esso appartiene, stanno fra loro nel più intimo rapporto causale. La storia del germe è un riassunto della storia della stirpe, o, con altre parole, l'ontogenesi è una ricapitolazione della filogenesi. ».
Ferenczi riprende questo concetto ma si spinge molto in là per il 1924 . Il testo è divisa nella parte ontogenetica e filogenetica.
Rifacendosi a Haeckel Ferenczi dice  che  la nascita dell’uomo è contrassegnata dal trauma : una catastrofe e che i frammenti di questa storia perduta sono conservati come geroglifici nella psiche e nel corpo. Ferenczi propone di applicare ai grandi misteri della Genesi della specie il metodo di decifrazione psicoanalitico usato per comprendere i piccoli misteri della storia individuale.
Nelle produzioni psichiche individuali e collettive con grande frequenza si assiste all’immagine del pesce che nuota nell’acqua .Secondo Ferenczi questo simbolo sta contemporaneamente sia per significare il coito che la situazione intrauterina.
Ma. aggiunge Ferenczi, non potrebbe darsi che questo simbolismo esprima anche una parte di sapere filogenetico inconscio relativo al fatto che discendiamo da vertebrati acquatici ?.(il famoso amphiouxus lanceolatus antenato di tutti i vertebrati e anche dell’uomo secondo le teorie in voga nel 1924)
Tutta l’esistenza intrauterina dei mammiferi superiori non sarebbe altro che una ripetizione dell’antica forma di esistenza acquatica.
La stessa nascita rappresenterebbe la ricapitolazione individuale della grande catastrofe che con il prosciugarsi degli oceani la costretto numerose specie animali a d adattarsi alla vita terrestre e rinunciare alla respirazione tramite branchie per sviluppare i polmoni
Citando Bolsche allievo di Haeckel secondo cui gli antenati dei genitali maschili sono i Pasci e che per la salamandra il corpo materno diventa l’equivalente dello stagno , Ferenczi arriva ad azzardare che placenta e amnios sono gli equivalenti del modo di vita acquatico del pesce.
“Alcuni aspetti del simbolismo dei sogni suggeriscono l’esistenza di una profonda analogia simbolica tra il corpo materno e l’oceano da una parte, la terra madre nutrice dall’altra. L’uomo prima della nascita sarebbe un endoparassita acquatico e dopo la nascita un ectoparassita aereo della madre, per un certo periodo. Anche la terra e l’oceano erano i precursori della maternità e costituivano essi stessi una organizzazione protettrice , avvolgendo i nostri antenati animali.
Il simbolismo marino della madre è  più arcaico di quello della Terra , più tardivo , dove il pesce gettato dal prosciugamento degli oceani ha dovuto adattarsi per il tempo necessario a trasformarsi in anfibio.
Numerosi miti primitivi cosmogonici rappresentano la terra che emerge dagli oceani.
Il fatto di essere salvato dalle acque e di galleggiarvi può simboleggiare sia la nascita (il parto ,l’approdo sulla terra)che il coito mentre cadere nell’acqua costituisce il simbolo ancora piu arcaico : il ritorno all’utero.
La leggenda del diluvio universale potrebbe essere rovesciata : la prima grande minaccia è il prosciugamento e l’emersione della terra dell’Ararat sarebbe la catastrofe originaria li dove l’arca di Noè rappresenterebbe il corpo materno che contiene la vita .
Ferenczi si pronuncia a favore di Lamark contro Darwin in quanto più centrato sulla psicologia e sul ruolo che le tendenze e le pulsioni interne hanno nella filogenesi ed in quanto Darwin non spiega , se non con il caso, la presenza di ripetizioni di forme e modalità di funzionamento  che si presentano nelle nuove forme di evoluzione. Non c’è evoluzione senza motivazione interna, dice Ferenczi , né cambiamento che non corrisponda all’adattamento a una perturbazione esterna.
Il desiderio di tornare all’oceano abbandonato nei tempi primitivi , la Regressione Talassale , un ambiente umido che contiene sostanze nutritive.
La madre è il simbolo e il parziale sostituto dell’Oceano e non l’oceano della madre .
Tutte le specie sarebbero scomparse con la catastrofe del prosciugamento degli oceani .se la loro sopravvivenza non fosse stata assicurata, nella fase di riadattamento terrestre,da alcuno fortuite e fortunate circostanze e dai tentativi di regressione alla vita endoparassitaria nell’amnios e in quella ectoparassitaria nell’aria respirando con i polmoni .
Un’altra analogia tra il feto nell’utero e l’animale nel mare è l’approvigionamento di ossigeno e nutrimento. Attraverso i villi coriali che galleggiano nel mare sanguigno placentare il feto per osmosi assorbe ossigeno e nutrimento come fossero branchie che assorbono per osmosi ossigeno dall’acqua. La placenta è un organo di aspirazione parassitaria .
Quando come subacquei dobbiamo imparare a regolare l’assetto tramite i polmoni ancor prima che attraverso il gav  dobbiamo guardare i pesci che usano la vescica natatoria o come il capodoglio la diversa densità dello spermacete , o re imparare dai nostri antenati a pinneggiare in un certo modo per stare fermi in hovering oppure dobbiamo ancora guardare loro e reimparare a capire l’intensità delle correnti e la loro direzione dalla posizione dei pesci . La naturalezza dei nostri movimenti, la loro armonia e funzionalità non può che avere nei pesci il suo corrispettivo ancor di più se in apnea .
Il liquido amniotico raffigura l’oceano introiettato nel corpo materno, dove, l’embrione nuota come un pesce nell’acqua.
Ferenczi ricorda anche che le sostanze chimiche , trimetilamina, presenti nelle secrezioni sessuali sono chimicamente molto strettamente imparentate alle secrezioni dei pesci e che il ciclo dei 28 giorni mestruale è quello delle maree .
Inoltre  è evidenziabile nei mammiferi acquatici , ridiventati terrestri e poi di nuovo acquatici come le foche  , ma anche nelle anguille, nei salmoni, la tendenza regressiva geotropica , che le costringe a partorire o deporre le uova risalendo i fiumi per arrivare sulla terra o quasi.
Per rifarsi all’ evoluzione dell’individuo e alla vita dell’essere umano  Ferenczi sostenne che anche  l’accoppiamento sessuale e il sonno sono attività che hanno la funzione di realizzare una regressio ad uterum .
Le diverse fasi dell’amore hanno lo scopo simbolico di far rivivere il piacere dell’esistenza uterina attraverso il progressivo annullamento dei confini dell’io dei due partners (la spoliazione, le carezze, il trapassamento dei confini corporei, il lasciare che il fiume inconscio possa inondare temporaneamente la coscienza priva di controllo e limiti, la petit morte dell’orgasmo).  , l’angoscia della nascita e la gioia di sfuggire felicemente al pericolo da essa rappresentato.
Pene e vagina e anche a livello cellulare  spermatozoo e ovulo riproducono sul piano simbolico il mortale pericolo superato vittoriosamente dopo il prosciugamento degli oceani ( la rottura e perdita delle acque) attraverso una lotta di potere arcaica per procurarsi l’umidità che sostituisse l’oceano. Tant’è vero dice Ferenczi che quando l’uomo si separa dalle sue secrezioni sperimenta un sentimento di perdita (post coitum animal triste). Ferenczi dice che l’accoppiamento potrebbe essere una costrizione subita dai gameti e dai geni che spinge gli individui a unirli in luogo protetto. La catastrofe primordiale potrebbe aver avuto questa funzione di motivazione a questa spinta . Già Freud in “Al di là del principio del piacere” sulla fantasia del simposio di Platone , sostenne che quella catastrofe avrebbe scisso la materia in due parti,il mito dell’androgino, licitando in ciascuna di esse il desiderio di riunificarsi sotto il peso della pulsione di morte. A partire dalla materia inorganica gli esseri si sarebbero scissi e poi sarebbero tornati a cercare di riunirsi dopo una nuova catastrofe, il prosciugamento degli oceani .
L’orgasmo è dunque il sentimento oceanico di fusione e quiete che precedeva la comparsa della vita, la quieta morte della sostanza inorganica e i dolori e i dispiaceri esistenziali , residui delle tensioni prodotte dalle catastrofi.
Ci sarebbero state cosi 5 catastrofi :

FILOGENESI
ONTO E PERIGENESI
I CATASTROFE
COMPARSA VITA ORGANICA
MATURAZIONE CELLULE SESSUALI
II CATASTROFE
COMPARSA ESSERI UNICELLULARI INDICIDUALI

NASCITA CELLULE GERMINALI MATURE NELLE GONADI
III CATASTROFE



IV  CATASTROFE






V  CATASTROFE

INIZIO RIPRODUZIONE SESSUATA
COMPARSA DELLA VITA NEL MARE

PROSCIUGAMENTO OCEANI, ADATTAMENTO VITA TERRESTRE

COMPARSA SPECIE ANIMALI  CON GENITALI

ERA GLACIALE

PROGRESSIVA OMINIZZAZIONE

NEGLI ANIMALI PLACENTARI SI SVILUPPA IL CORPO CALLOSO CEREBRALE CHE PERMETTE LA CONNESSIONE DEI 2 EMISFERI E L’INTEGRAZIONE DI PULSIONI , AFFETTI E RAGIONE .
FECONDAZIONE
SVILUPPO EMBRIONE NELL’UTERO


NASCITA



SVILUPPO PRIMATO GENITALE



PERIODO DI LATENZA
PRE ADOLESCENZIALE
LE PULSIONI INUTILIZZATE DEVONO POTERSI SUBLIMARE IN REALIZZAZIONI INTELLETTUALI E MORALI

LA REGRESSIONE:CLAUSTROFILIA E CLAUSTROFOBIA, OCNOFILIA E FILOBATISMO .
Balint aveva una concezione quasi paradisiaca dello stato fetale, condizione di totale armonia che l'uomo cerca di ritrovare per tutto il resto della sua vita (regressus ad uterum o regressione talassale di Sándor Ferenczi) attraverso vari canali quali l'orgasmo, l'estasi religiosa e la creazione artistica
Secondo Balint, il concetto di regressione può essere inteso in due sensi: uno, di tipo benigno, conduce allo stato di “nuovo inizio” e di guarigione; l’altro, di tipo maligno, perpetua sia infinite ripetizioni improduttive, sia un’assuefazione tossicomanica dal terapeuta.
Le due nozioni di base sulle quali si fondano la regressione benigna e il nuovo inizio, sono l’amore primario e il difetto fondamentale.
Il primo consiste in una fondamentale esperienza propria di ogni persona legata alla madre: lo stato di libertà da problemi, di amore perfetto, nel quale l’armonia protettiva, amorevole, nutriente della quasi totalità dell’universo circonda il bambino come un grembo e provvede al suo benessere senza che ci sia necessità di alcuno sforzo da parte sua.
Il difetto fondamentale porta questo stato alla sua conclusione: si tratta del processo precoce nel quale si verifica uno iato importante tra i bisogni biopsicologici individuali da un lato, e la cura psicofisica, l’attenzione e la partecipazione emotiva diretta verso di lui o verso di lei, dall’altro lato.
Come risultato del difetto fondamentale (Basic Fault, 1968) l’eros tenta di connettersi con gli oggetti nell’ambiente secondo due modalità: sia abbarbicandosi ansiosamente ad essi, oppure, per contrasto, essendo respinta da essi e trascinata negli spazi intermedi.
Balint chiamò “ocnofilia” la prima modalità, e “filobatismo” la seconda.
  • ocnofilìa,dal greco ochne  , esita, aspetta,teme di star fuori la zona di sicurezza ed è una tendenza ad instaurare legami con l'oggetto improntati alla dipendenza;
·        filobatismo, dal termine acrobata, significa colui che cammina sul filo ed è una tendenza a provare piacere solo nelle situazioni di brivido o paura
Questi caratteri però non si presentano quasi mai allo stato puro, ma sono presenti entrambi in varia misura all'interno dei soggetti. Non sono quindi vere e proprie patologie se non nelle loro forme estreme.
.In cerca di avventura, sostiene Marylene Thomere, i subacquei da soli con le proprie risorse , consapevolmente e deliberatamente si espongono a un pericolo reale esterno con un misto di paura, piacere e sperando di tornare in una zona sicura.
Il cercare questo brivido è filobatismo contrapposto al non sopportare di vedere minacciata la propria sicurezza- ocnofilia. La subacquea può configurarsi talvolta anche come attività controfobica per Fenichel: ciò che si desidera anche se pericoloso è cercare di controllare il pericolo, fornendo una sensazione di intenso piacere della vittoria su di sé , un ‘ansia narcisistica.
Nel fare il filobata in immersione il subacqueo si attacca ocnofilicamente ai suoi strumenti tecnici che secondo Balint rappresentano contemporaneamente la dipendenza dalla madre amorevole da cui dipende la vita e  il fallo potente del padre che sfida la sicurezza materna e vuole conoscere l’oltre .
Ci sarebbe quindi una tendenza, avrebbe detto E Facchinelli, claustrofilica ( amore degli spazi chiusi , si pensi agli speleo sub e ai cenotes messicani o ai blue Hole ) alla regressione uterina  e nelle nostre immersioni che ci permettono ancora una volta di sperimentarla .
Ed una tendenza all’esodo ,all’uscita , alla nascita ,alla riemersione  sulla terra sotto la spinta da claustrofobia, seguita da una temporaneo sollievo ma anche dalla nostalgia del ritorno.
Questa ambivalenza di sentimenti negativi e positivi si trova nella semantica antica : l’idea di profondità  implicita nel pensiero greco arcaico che utilizza la parola Bathos sta a indicare un che di positivo, sinonimo di folto, fitto, ricco, spesso del tutto diverso dal significato negativo che i latini attribuivano alla parola Profundis, inteso invece come mancanza di misura, smodato, fondo, come spazio vuoto smisurato in grado di inghiottire e divorare  uomini e navi.

BENEDETTO CROCE E LA MILLENARIA UNIVERSALITÀ DELLA  LEGGENDA DELL’UOMO PESCE COME ESPRESSIONE DELLA NOSTALGIA DELL’OCEANO.

“Quante il mar, senza prò, ricchezze ingurgita
Cui da natura o industria crea ! che a perderle
Spregiam la vita! Son laggiù miracoli
D’arte rimpianto eterno a l’uman genere.
Da’ tenebrosi, muti abissi e gelidi
Sorgea,livido,esausto, alfin, sul margine
Niccolò pesce, stringendo ori e ninnoli,
Su cui,l’onde richiuse eran da secoli “.
Vittorio Imbriani

Nel suo scritto “Sull’origine e la fondazione della mitologia”, Kerèny individua il momento della creazione dei miti nel risalire ai tempi primordiali :”Non solo colui che vive una data mitologia e agisce di conseguenza, non solo lui si immerge come in una campana di Palombaro: così fa anche ogni vero narratore di miti che si volge verso i tempi primordiali per raccontare cosa originalmente era. Originarietà per lui equivale a verità.”.
In tal modo viene tracciata l’analogia tra immersione nel mare e immersione nell’ analisi delle nostri origini  ma anche l’analogia tra immersione nel mare e immersione del fare poetico.
C’è un’antica leggenda millenaria che testimonia la nostalgia dell’oceano, le cui prime citazioni risalirebbero a Walter Mapes, canonico di Salisbury  nel 1190: la  leggenda dell’uomo pesce o Cola Pesce o Niccolò Pesce.
 Benedetto Croce, era molto legato a questa leggenda e  dirà in tarda età  che le leggende sono belle perché riportano alla fanciullezza a quella capacità di provare stupore e meraviglia , stupore, terrore, e perché additano la verità mostrandoci luoghi,immagini, scritti, e ricorda quando con la madre ,.amante di libri e di arte andavano insieme per le chiese di Napoli a visitare tombe e pitture .
“Mi persi molte volte fanciullo con l’immaginazione nei fondi del mare che l’ardito esploratore frugava e per un pezzo mi rimase in un cantuccio dell’anima il fascino di quella figura e di quelle imprese, finchè parecchi anni dopo essendomi dato a maneggiare libri appresi che la leggenda di colapesce era originaria del faro di Messina dove viveva in molteplici versioni e donde era agevolmente passata a Napoli localizzandosi presso il porto in quella vecchia pietra scolpita con la quale ben si legava”. (B.Croce,1885,la leggenda di Niccolò Pesce, Giambattista Basile, vol.III)
Croce ci riporta la versioni della sua ricerca etnografica sulla leggenda di Niccolo Pesce come divisa in 3 parti :
“La prima ci dà l’origine  e la storia del Pesce Niccolò; la seconda ci narra l’incontro recente fattone in alto mare da alcune navi e la terza raccoglie voci che intorno a lui correvano tra la gente di mare.
Nella prima parte, la leggenda appare localizzata in Ispana. Niccolò –vi si dice-era nato nella borgata di Rota, sul mare . a due leghe da Cadice. Ivi ancora vivevano i discendenti della sua famiglia. Bambino, aveva membra simili a quelle di tutti gli uomini; ma la sua passione lo portava al mare e nel mare guazzava estate e inverno, e desiderava essere pesce per esplorarne i segreti. Invano i suoi genitori lo rimproveravano. E diventa pesce - gli dice finalmente il padre spazientito. e, tutto d’un tratto,la metà inferiore del corpo si trasforma in pesce (si veda il quadro di Renè Magritte) e salta nelle acque e sparisce. Dopo un anno e un giorno,torna si erge dalla sponda restando in acqua e chiede di parlare coi suoi genitori. La gente accorre, da lontano e da vicino,per vederlo e lui racconta i segreti e le meraviglie del mare. Queste visite si ripetevano di tanto in tanto. Una volta , si maritava sua sorella e per averlo alla festa di nozze  lo dovettero portare a casa in una botte pieno d’acqua di mare ! dopo la festa, da buon suddito del re cattolico chiese con molta umiltà la benedizione dei genitori e fu riportato al mare. E. tuffatosi nelle acque,entrò nella grande grotta di Rota e da cent’anni non era piu comparso.
Nella seconda parte , si racconta che il giorno della circoncisione ricomparve sul mare ed essendosi accostato ad alcune navi parlò a lungo coi marinai. E raccontò che entrato nella grotta aveva nuotato per quaranta giorni ed era giunto a un mare tranquillissimo le cui sponde finiscono nel giordano. Qui i pesci non invecchiano e non muoiono mai, non si moltiplicano e non si mangiano gli uni con gli altri. E quelli che vi giungono non tornano indietro tanto la vita è lieta e dilettevole. Egli anche vi dimorava contento e soddisfatto e tutti i pesci gli erano soggetti. Ma il suo desiderio di giovare agli uomini lo aveva spinto a tornare nei nostri mari. E si mette a dettare ai marinai una serie di segreti che il romanzatore di ce di non poter ripetere perché han bisogno di ben altro poeta.
Nella terza parte si descrive il congedo che prende Niccolò dai marinai dopo averli guidati in salvo e accompagnatili per un pezzo;egli manda per loro mezzo a salutare i suoi parenti promettendo di recarsi presto a visitarli a Rota. La nave giunse a Lisbona ed anche due navi irlandesi dissero d’aver incontrato il pesce,altri dicevano di averlo visto all’isola Bermuda ,altri d’averne sentito la voce ed essersi tappate le orecchie non sapendo chi fosse. Altri ancora lo avevano scambiato per una sirena incantatrice, per un fantasma, per un demonio”.
Croce raccolse  a Napoli fonti d’una versione italiana della leggenda che tramanda quest’altra versione del racconto e la morte di Cola Pesce:
“Volle un giorno il re di Napoli sperimentare fino a che punto potesse giungere nelle profondità del mare, lancio una palla di cannone e gli disse di riportargliela: maestà disse Colapesce io mi perderò,io non tornerò più ma se cosi volete faro la prova. Niccolò si lancio allora nelle onde, corse senza posa dietro la palla e a un tratto gli riuscì di raggiungerla ma nel sollevare il capo si vide di sopra le acque che lo coprivano come un marmo sepolcrale e s’accorse di trovarsi in uno spazio vuoto tranquillo silenzioso senz’acqua. Invano tento di riafferrare le onde e di riattaccare il nuoto, resto chiuso li e li mori”.
L’INTERPRETAZIONE DELLA LEGGENDA .
Nella mia interpretazione, Niccolò, come Pinocchio appare come un bambino irrequieto, affamato di conoscenza , d’istinto epistemofilico avrebbe detto la Klein, di “oltre”. Non si accontenta di conoscere il mare ,vuole essere della stessa sostanza del mare, i pesci. Da questo punto di vista pare dibattersi tra una tendenza maschile al rischio e alla prova ordalica delle proprie capacità,alla conoscenza dell’oltre esogamico e una tendenza materno femminile all’endogamico , tendenza regressiva, totalizzante che lo porta a desiderare d’essere della stessa sostanza dell’oggetto del suo desiderio: come la madre dice “tu sei il latte che ti do”,Niccolò tragicamente vuole essere della stessa sostanza del suo desiderio.
Il padre spazientito ,nel dirgli “e diventa pesce “cede al suo desiderio o lo punisce per la sua disubbidienza
con la profezia vendicativa di diventare pesce che prontamente e magicamente si realizza ?
Niccolo s ‘immerge ma torna a raccontare ai suoi genitori le meraviglie del mare
dopo un anno e un giorno , in un simbolico nuovo inizio, in cui il numero uno pare alludere alla
fusione nell’uno indistinto amniotico di ogni inizio della vita.
Al matrimonio di sua sorella. altra separazione, viene portato in una botte piena d’acqua : Niccolò pare non potersi ormai separarsi dal mare e va ad un matrimonio, altra unione simbolica, non accettando di mostrare possibile la separazione .
Dopo di che scompare per cento anni e ricompare il giorno della circoncisione , rito iniziatico che segnala l’abbandono della vita infantile e il passaggio alla vita individuale attraverso un taglio che separa. E’ iniziatico anche il riferimento alla quarantena di giorni necessari a raggiungere il fiume sacro del Giordano luogo di altra immersione iniziatica , quella del Cristo da parte di Giovanni
Anche lì pare confrontarsi con la separazione ma racconta di una grotta, d’un utero edenico dove regna l’eternità, dove  non si invecchia e non si muore, dove non c’è fecondazione e generazione ma neanche aggressività. Un luogo da cui non è possibile il ritorno tanto la vita è lì lieta e piena di piacere e i pesci sono sotto la sua volontà onnipotente. Un luogo , che anticipa il luogo tranquillo , vuoto,silenzioso ,senz’acqua che gli appare durante l’ultima immersione quella in cui muore per volere d’un’altra figura maschile di potere , il Re che per un capriccio gli chiede di recuperare una pesante palla di cannone. Niccolo sa che non potrà risalire e che morrà ma accetta la condanna. Paiono ricongiungersi il padre che con un anatema più materno arcaico divorante  lo consegna alla metamorfosi in pesce e il Re che esprime altrettanta letale volontà per un puro capriccio narcisistico e sadico di potere .
Cosa fa tornare Niccolò a contatto con gli umani ?
Il desiderio narcisistico di raccontare, di narrare, di essere ascoltato ,il desiderio dell’altro : ma subentra l’ineffabilità dell’esperienza amniotica custodita nella memoria implicita del corpo e non si trovano le parole per descrivere quello che ha vissuto.
Da una parte v’è il racconto di vivere un esperienza unica che nessuno può provare e il piacere di essere invidiato. Dall’altra l’indispensabilità di un uditorio per non morire come Narciso.
Come Colapesce ,per conoscere i propri sentimenti, occorre immergersi ,tuffarsi, rischiare la propria via : ma è necessario al contempo infrangere lo specchio narcisista e consolatorio, romperne la superficie e sfondarlo per guardare dentro e fuori di esso , per riemergere e tornare alla relazione .
Così può divenire possibile ritrovare se stessi , incontrare l’Altro e i nostri antenati sommersi.

Bibliografia
Balint M., Balint E., La regressione, Cortina , Milano, 1983
Croce B.,1885,La leggenda di Niccolò Pesce, Giambattista Basile, vol.III
Campione G.,Revisione della letteratura sul sentimento oceanico,Stati della Mente, http://statidellamente.blogspot.com
Facchinelli E, Claustrofilia, Adelfi
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Rebora Clemente “Frammenti lirici”, 1913
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FUNZIONE PATERNA , PSICOANALISI E PEDAGOGIA di Guglielmo Campione




 “Se mai puo esistere una comunita puo essere soltanto una comunita  in cui:  tutto è   interdipendente , nessuno da solo è padrone  del proprio destino,il controllo puo essere ottenuto solo collettivamente, è intessuta di comune e reciproco interesse , è responsabile , e garantisce il pari diritto di agire ed essere considerati come essere umani.”  

Zygmut Baumann

Questo contributo intende analizzare la funzione paterna alla luce dei contributi della psicoanalisi e della pedagogia clinica in quel particolare contesto pedagogico terapeutico che è la comunita terapeutica.

Trattando la nostra esperienza di comunita terapeutica maschile per tossicomani proporrò una lettura del bisogno della funzione paterna come figura iniziatrice ai principi della regola, del limite, del confine ma anche della capacità di relativizzare, discernere, e saper realizzare il desiderio oltre che della sua importanza ai fini dell’introduzione nella relazione del terzo, del gruppo e quindi , del sociale.

L’EVOLUZIONE DELLE COMUNITA TERAPEUTICHE PER TOSSICOMANI DAL MODELLO PEDAGOGICO COMPORTAMENTISTA AL MODELLO PEDAGOGICO PSICOANALITICO .

La comunita terapeutica è un dispositivo terapeutico e pedagogico , fondamentale nell’evoluzione della terapia e riabilitazione dei disturbi mentali nella seconda meta del XX secolo .

La prima moderna formulazione del concetto di Comunita Terapeutica è stata formulata da Ton Main nel 1946 : “Comunità è un gruppo di persone che si trovavano a vivere insieme con la complessità di dinamiche che ciò implicava a diversi livelli. Terapeutica significa essere un luogo transitorio di cura e cambiamento .(…) “Essa è un tentativo di utilizzare l'istituzione non come un'organizzazione condotta da medici che vogliono realizzarsi al meglio da un punto di vista tecnico, ma come una comunità il cui scopo immediato è la piena partecipazione di tutti i suoi membri alla vita quotidiana, mentre l'obiettivo finale è la reintegrazione dell'individuo nella vita sociale”.

Etimologicamente il termine deriva dal latino Communitas : più persone che vivono in comune sotto certe leggi, doveri, compiti.

Secondo E.Pedriali, uno degli studiosi italiani più attenti al nostro tema purtroppo recentemente scomparso, i meriti storici del concetto di Comunita terapeutica sono stati tre : aver messo in primo piano il valore della gruppalità e svelarne il potenziale terapeutico, aver definito una concezione di equipe come strumento di comprensione dell’universo frammentato del paziente , aver sottolineato come la condivisione della quotidianita permette di trovare risposte ai bisogni dei pazienti mediando tra realtà interna ed esterna.
La comunita terapeutica è stato e resta un  “luogo” di incontri importanti tra persone ma anche fra modelli ermeneutici e operativi , come quello fra psicoanalisi e pedagogia, psicoanalisi e medicina , psicoanalisi e psichiatria, psicoanalisi e psicologia , psicoanalisi e Arte nella sua declinazione riabilitativo-espressiva.

Come ho sottolineato in altri lavori (G.Campione, 2007) la storia del rapporto della psicoanalisi con le tossicomanie ricalca per certi
versi la storia non facile dei rapporti fra psicoanalisi e pedagogia  e quella dei rapporti fra psicoanalisi e religione cattolica . In Italia le comunità per dipendenti hanno attraversato un lungo periodo di sperimentazione condotto prevalentemente seguendo un modello comportamentale : da una parte secondo il modello Americano (l’esperienza fondative di Carl Ederick delle comunita per tossicomani di Synanon Ocean Park in California del 1958 e di quella di Daniel Casriel di Daytop lodge) originatosi dalle prassi gruppali degli Alcolisti anonimi , programma dei 12 passi ecc. e dall’altra secondo prassi pedagogiche comportamentali di stampo cattolico più recentemente confluite nel modello epistemologico di tipo sistemico familiare.
Le comunità terapeutiche per dipendenti,  hanno viaggiato sin dal momento della loro nascita, su un binario parallelo non condividendo con le comunita psichiatriche storia e modelli epistemologici. (G.Campione, 2007)
Lo sviluppo italiano di una cultura della valutazione pichiatrico-psicodiagnostica delle dipendenze da una parte e l’incidenza crescente di casi di gravi tossicomanie di marca psicotica dall’altra ha però da circa 15 anni messo il modello pedagogico comportamentale delle Comunita in scacco , inaugurando un nuovo e più fecondo periodo di  riflessione su prassi e modelli sin lì in uso.
Si è così assistito ad una prima storica differenziazione , frutto di una maggiore consapevolezza di sè : comunita pedagogico riabilitative,comunita terapeutiche e Comunità per doppia diagnosi .
La comunità per doppia diagnosi che ospita pazienti dell’area narcisistico-psicotica è stata ,a mio parere , l’occasione storica per l’incontro con le radici psicoanalitiche del modello comunitario.
La comunità condivide, quindi, con la psicoanalisi ed in particolare con la psicoanalisi di gruppo e sociale un’ inestricabile relazione fondativa ,storica, teorica e clinica :apre alla gruppalità, apre al “terzo”, introduce la categoria del sostegno alla crescita e alla differenziazione .
L’idea di comunità terapeutica nasce infatti,storicamente, in Inghilterra alla fine della seconda Guerra Mondiale  da un particolare ripensamento sull’organizzazione di un reparto tradizionale di Psichiatrìa Militare del Northfield Hospital ad opera di W.R.Bion .
Secondo questi autori  in Inghilterra si sono distinte importanti esperienze come quella  dell’Henderson Hospital di  Maxwel Jones, delle comunità  per adolescenti di Winnicott, della Tavistock clinic, in Francia l’esperienza francese di Racamier alla Comunita La Villette ,quella di Sassolas a Ville Urbane e quella di Olivenstein del Centre Marmottain di Parigi .In Italia sono state storicamente importanti le esperienze Italiane dell'Ospedale di Giorno di Palazzo Boldù a Venezia , quelle di Basaglia a Trieste, di Fabrizio Napolitani , prima in   Svizzera a“Villa Landegg” e poi alla “Comunità Terapeutica “di Roma”, l’esperienza storica di Villa Serena e la Comunità Omega a Milano. A queste aggiungerei l’esperienza di Eugenio Gaburri all’ospedale di Varese, le esperienze di Zapparoli e Charmet, l’esperienza di Marco Sarno e Francesco Comelli   al reparto ospedaliero di Psichiatrìa di Cinisello ,Milano.
La comunità è stato il luogo dove è nata e si è sviluppata la cultura dell’indagine sull’Istituzione e le sue dinamiche emotive e sociali , i suoi rischi , le sue opportunità  lungo l’asse di Ricerca individuo- gruppo-famiglia-società.fino alla nascita del concetto chiave di Istituzione totale. e alle sua analisi da parte di autori centrali come Foucault, Gofmann e F.Basaglia : un’istituzione la cui caratteristica principale è quella di impossessarsi del tempo dei suoi partecipanti prefiggendosi come unico scopo quello della sua esclusiva sopravvivenza, allontanandosi dallo scopo che, ab initio, si era prefissa e per il quale era nata
In una definizione più moderna Correale (1999) ha descritto l’istituzione come un grande campo emotivo in cui, da una parte, si intrecciano fantasie, desideri, paure, sistemi difensivi contro l’angoscia e la frammentazione, sospetti, attacchi, e, dall’altra, si cerca di perpetuare e confermare se stessa attraverso l’autoreferenza e l’autoconferma .
La comunita è stato anche il “Luogo” dove si è sviluppata la cultura psicoanalitica clinica sulla famiglia, storicamente ancor prima che Gregory Bateson e Margaret Mead elaborassero i principi ecologico- relazionali sulla base dei quali nascerà la scuola sistemica.
La comunita è infine un luogo elettivo di riflessione sull’abitare e condividere lo Spazio in condizioni di sofferenza secondo coordinate  psicoanaliticamente fondate (realtà esterna e realtà interna, mondo interno e mondo esterno, spazio interno e spazio esterno) .
E’ quindi un’ occasione d’incontro tra le Culture della cura (la  psicoanalisi fra queste) e le culture dello Spazio (l’ architettura tra queste).

IL MODELLO PEDAGOGICO TRADIZIONALE DELLE COMUNITÀ  E I CONTRIBUTI INNOVATIVI DEL MODELLO PSICOANALITICO .

La pedagogia, nonostante sia passato un secolo dalle prime, rivoluzionarie scoperte di Freud sul funzionamento della psiche, continua in gran parte a prescindere dalle acquisizioni introdotte dalla psicoanalisi e a servirsi di modelli cognitivi in cui il rapporto fra emozione e pensiero è completamente ignorato e manca a tutt’oggi un'ipotesi complessiva che tenga conto significativamente della presenza dell'Inconscio in tutte le sue molteplici forme d’espressione. Concetti cruciali relativi alla distinzione necessaria fra sensazioni, emozioni e pensieri, oppure alla conflittualità insita nella relazione mente-corpo o ancora al modo con cui la mente si libera delle frustrazioni, evacuandole o negandole, dovrebbero far parte del bagaglio culturale di ogni educatore così come un atteggiamento di ascolto verso “tutti” i contenuti emotivi, interamente scevro da giudizi moralistici dovrebbe aiutare il paziente ad avere attenzione e rispetto per i propri e gli altrui pensieri. L'obiettivo, naturalmente, non è quello di sovvertire le regole delle diverse funzioni di terapeuta e di educatore. Piuttosto è forte la convinzione che una migliore conoscenza della realtà psichica possa consentire a quest’ultimo di svolgere al meglio la sua attività, senza per altro sconfinare in campi differenti ed inadeguati alla propria competenza ed al contesto in cui opera, proprio come un insegnante di educazione fisica può trarre vantaggio da una conoscenza approfondita del corpo umano, senza per questo sentirsi né in diritto né in dovere di fare il medico. (Ginzburg, 1996)
La cultura psicoanalitica, come si sa, è piuttosto diffusa nei centri che si occupano di salute mentale per quanto non sempre con la sufficiente chiarezza dei compiti, dei limiti, dei metodi, delle condizioni del setting. Questo vale in particolar modo, a mio parere, nel caso dei centri pedagogico-riabilitativi, specie se di impostazione religiosa, dove spesso la cultura psicoanalitica fatica ad affermarsi. D’altro canto è noto che la dottrina cattolica esclude l’esistenza di una dimensione inconscia e mitica privilegiando il primato dell’intelletto, della volontà e della morale. (E.Drewerman, Psicoanalisi e teologìa morale , Psicologia del profonda ed Esegesi ).
In un recente saggio Ancona (2006), psichiatra e psicoanalista cattolico in  una delle sue ultime opere  intitolata “Il debito della chiesa alla psicoanalisi” (2006) ha raccontato la complessa storia dei rapporti tra Chiesa cattolica e Psicoanalisi: «All’inizio fu guerra guerreggiata e ciò senza risparmio di colpi; da ambedue le parti si parlava di morte, un evento che ciascuno auspicava per l’altra. Poi gradualmente, per il venir meno dei rispettivi fondamentalismi, le opposte posizioni cominciarono a smussarsi. L’antropologia cristiana e quella religiosa rimasero certo in contraddizione, ma subentrò fra loro un certo distacco, un ignoramento reciproco e venne col tempo l’apprezzamento di singoli aspetti del campo avverso; si avviò così uno scambio fra psicoanalisti e credenti, portando ad un incontro che oggi è andato molto avanti. Il pensiero di Matte Blanco, in particolare, ha, di fatto, provato la conciliabilità dell’apparentemente inconciliabile così come la gruppoanalisi di Foulkes ha permesso di vedere la sovrapponibilità dell’antropologìa analitica con quella propria della Chiesa. Al punto di rendere oggi possibile il riconoscimento che la Chiesa istituzionale indipendentemente dal merito della sua realtà mistica, deve molto alla Psicoanalisi: le è debitrice!».
La diffusione della cultura psicoanalitica ad opera delle università e delle scuole di specializzazione in psicoterapia ha consentito più recentemente il suo diffondersi, al di là delle più o meno rigide impostazioni ideologiche degli enti riabilitativi, attraverso la figura professionale dello psicologo e dello psichiatra un tempo assai rara.
Lo snodo storico fondamentale di questo processo è stato – come si è detto- quello della cosiddetta doppia diagnosi (gravi tossicomanie psichiatriche ): progressivamente si è diffusa la consapevolezza della natura psicopatologica dei comportamenti da dipendenza e questo ha convinto anche gli enti di cura a carattere pedagogico più recalcitranti a dotarsi di psicologi e psichiatri. È successo quindi che gli interventi psicoanalitici hanno potuto ugualmente fecondare e arricchire la cultura di queste istituzioni, anche se non apertamente e programmaticamente , ma -come spesso succede- “al chiuso” delle riunioni d’équipe.
Questo processo ha favorevolmente posto le basi per una ripresa del confronto con i fondamenti storico-scientifici delle comunità terapeutiche, nate durante la seconda guerra mondiale nell’ambito della psichiatria psicoanalitica in Inghilterra ad opera di Bion ,  Foulkes ,Main e Jones .
L’affrontare il rapporto con il paziente tossicomane con psicopatologia associata ha comportato necessariamente il passaggio da un’impostazione tradizionale di tipo pedagogico-comportamentale, che forse aveva anche funzionato con tossicomani-eroinomani di tipo nevrotico, ad un’impostazione di tipo clinico-medico-psico-pedagogico più adatta ai nuovi tossicomani, sempre più spesso borderline, narcisisti patologici, antisociali, paranoidei, con sempre più frequenti disturbi del sé. Questo passaggio non poteva, a mio parere che avvenire nell’integrazione delle conoscenze diagnostiche e dei trattamenti in un’ottica complementare individuale-familiare, e con un atteggiamento di apertura al confronto delle conoscenze scientifiche.

LA  CRITICA PSICOANALITICA ALL’IMPOSTAZIONE  SUPER-EGOICA DELLE COMUNITÀ PEDAGOGICHE.

Una delle critiche della psicoanalisi all’impostazione tradizionale superegoica delle comunità terapeutiche era -ed è ancora - infatti questa: se il disturbo consiste, a livelli profondi dell’essere, in un ritiro narcisistico dalle relazioni, puntare sul super-io non ha senso. L’impostazione supergoica può condurre ad una pseudo-individuazione, ad un esito sul piano del conformismo, sul piano dell’iperadattamento più che ad una vera cura personale, o, come si dice, ad un reale trattamento individualizzato. Dal punto di vista della psicoanalisi il nucleo del disturbo, come s’è visto, è un narcisismo mortifero, con conseguente assenza del valore morale della sollecitudine verso l’altro da sé. L’incapacità di molti di questi pazienti di concepire l’Altro, di avere una relazione affettiva con l’altro, e la chiusura in un godimento autarchico in cui l’altro non è più controllabile in modo onnipotente, certo non possono essere affrontate solo censurando e rimproverando. Questo mi sembra un importante punto d’incontro tra pedagogìa e psicoanalisi .
Come diceva Mitchell (1995) “ Si ritiene che oggi molti pazienti soffrano non di passioni infantili conflittuali trasformabili con la ragione e la comprensione, ma di uno sviluppo personale stentato. La psicopatologia moderna può essere oggi definita non in termini conflittuali, ma dalla povertà dell’esperienza del paziente. Spesso il problema del paziente è quello di riuscire a reinvestire di affetto e di significato l’altro da sé, uscendo dallo stato timoroso di rifugio in cui permane. Il paziente ha bisogno di una rivitalizzazione ed espansione della capacità di generare un’esperienza reale, significativa e valida (...). Ciò che gli occorre è essere visto, coinvolto personalmente e fondamentalmente apprezzato e accudito nella possibilità di scoprire ed esplorare giocosamente la propria soggettività e immaginazione”.

LO STATO ATTUALE: DAL RIMEDIO PER TUTTI I MALI ALL’INTERVENTO SU SOGGETTI SELEZIONATI IN ALCUNE FASI DEL TRATTAMENTO.

Per anni la comunita terapeutica è stata vita e proposta come una “strategia assoluta “ una panacea contro tutti i mali , buona per tutte le stagioni.
Oggi si inizia a riflettere sulla necessità di transitare da un organizzazione ideologica ad un’ organizzazione clinica che preveda il trattamento come un processo articolato in fasi diverse  da affrontare con tecniche diverse e propedeutiche (G.Campione, 2009).
Secondo Enrico Pedriali la Comunità Terapeutica, ha attualmente due possibilità: o la sua cultura riuscirà ad esprimere una flessibilità che le consenta di affrontare esigenze diversificate (e allora occorrerà abbandonare la pretesa fedeltà ad una malintesa ortodossia) o diversamente dovrà rinunciare a proporsi come metodo idoneo ad una larga parte di patologia (segnatamente la patologia psicotica grave): in ogni caso si dovrà abbandonare l'illusione di un setting comunitario proponibile per tutte le tipologie d'utenza
Dopo decenni di sperimentazioni e improvvisazioni ,nella situazione attuale si è giunti ad una sufficiente conoscenza teorico clinica del dispositivo comunitario per poter definire i fattori predittivi della sua efficacia o inefficacia terapeutica : secondo Correale essi sono legati alla possibilità di elaborare  il lutto del distacco dalla famiglia prima di entrare e al grado soggettivo di stabilità o frammentarietà del sè  mentre i fattori terapeutici sono da individuare nel condivisione della quotidianità, nella rete di relazioni, nel sentimento di appartenenza e nella  possibilità   di attivazioni di emozioni e scene psichicamente significative.

LA FUNZIONE PATERNA IN COMUNITA TERAPEUTICA AGLI ESORDI : BION TRA PSICHIATRIA E PEDAGOGIA MILITARE.

All’Hollymour hospital di Northfield Bion è un leader che svolge una funzione paterna in modo nuovo per essere sia un medico psichiatra che un ufficiale : spariglia le aspettative di ordine , disciplina,regola, comando,ubbidienza. Ne individua anzi le dinamiche intrinseche che conducono ad una passivizzazione dell’individuo . Per questo propone invece una condivisione e un coinvolgimento gruppale assolutamente nuovo per l’epoca e per il contesto militare: introduce la socialità , l’assunzione di responsabilità nel farsi venire idee sul come risolvere i problemi invece che attender.e che qualcun altro li risolva , bion non impone , piu maieuticamente lascia che il gruppo si auto organizzi e si coalizzi contro il nemico comune del caos, della passività regressiva e depressiva dei soldati.

Le alte sfere militari lo accuseranno di tenere più a lente analisi che al reinserimento nelle truppe attive al fronte mentre i colleghi che lo seguiranno ,fra questi Foulkes,lo criticheranno per aver usato troppe metafore militari nel suo lavoro.

In un originalissimo e stimolante recente contributo G.foresti e Rossi Monti hanno connesso dal punto di vita della posizione paterna la nascita del concetto di purgatorio e la comunita terapeutica .
Jacques Le Goff nel 1981scrive che la nascita del Purgatorio avviene dopo il 1170 come  luogo per la purificazione – purgazione dell’anima -locus purgatorius- come dimensione INTERMEDIA tra la salvazione e l’ eterna perdizione.
Il padre del purgatorio è Agostino di Ippona: uomo nord africano ricco e gaudente in gioventù che si converte al cristianesimo e ragiona sulle conseguenze delle azioni in vita augurandosi che il giudizio divino sia misericordioso e rimetta a noi i nostri debiti.In un secondo periodo sotto la spinta delle invasioni barbariche e delle sette eraticali e dei misericordes (i lassisti dell’al di là  ) Agostino organizza la sua primitiva idea : esistono quattro tipi di uomini crimina, facinora,flagitia,scelera ,Giusti,martiri e santi,Non valde boni Non valde mali.
Per costoro soprattutto per i primi esiste una prova (tolerabilior damnatio )grazie all’azione di un “ignem purgatorium” che apporta sofferenze superiori ai dolori terreni ma temporanee (dalla morte al giudizio universale)
Da qui parti il concetto d’indulgenza e la pratica decadente del mercato delle indulgenze.(accusa di simonìa) contro cui si scagliano lutero e calvino.

La colpa, la grazia,la penitenze e il perdono, il paterno e il materno occupano un ruolo importante nel fondare (Weber) lo spirito protestante del capitalismo e la divaricazione antropologica tra nuovo e vecchio continente, sud e nord del mondo.

    Bion e Agostino abbracciano una posizione pedagogica paterna severa –responsabilizzante.
Bion diceva ai soldati : non potete comportarvi come bambini (Posizione perdoniste e Regressione) che rivendicano assistenza illimitata e indulgenza dall’istituzione curante.
Agostino diceva ai cristiani: non potete pensare di fare quel che volete tanto poi tutto vi verra perdonato.
Bion concepiva il lavoro all’Hollymour come una prosecuzione della guerra militare su quella del fronte dell’io nel conflitto salute malattia ai fini della guerra contro il nazismo.Dare un luogo alla crisi che non ha potuto avere luogo (catarsi) perche il soggetto si ri-definisca interiormente e socialmente ri-mettendosi in gioco.
Per Agostino dare un luogo allo spirito(spazializzazione del pensiero-purgatoro- struttura intermedia) è faccenda delicata perche si tratta di trovare un luogo fisico a faccende interiori imprevedibili , instabili,inquiete, tragicamente umane
Come diceva Pascal: posso approvare solo coloro che cercano gemendo, né chi loda né chi biasima.

LA CRESCITA,IL BISOGNO DI INIZIAZIONE: IL RUOLO DEL PATERNO .


Come Racamier e Zoia, autori di diversa estrazione psicoanalitica hanno sottolineato, nascere non basta, bisogna far vivere.
L’adolescenza maschile e l’uso degli stati alterati di coscienza da droghe  potrebbe risentire  dell'assenza di figure e di riti di iniziazione che accompagnino verso l'età adulta ed essere, quindi, intesa come una modalità inefficace di dare soddisfazione a tale bisogno .Essa testimonia l’ assenza di funzione paterna positiva che operi l'iniziazione e lo svincolo e la presenza  di componenti materne arcaiche distruttive.
Come sottolinea Scaglia il compito affidato all’adolescenza è la scoperta dell’altro, inteso sia come soggetto esterno che come parte di sé .
All'ingresso nella adolescenza,infatti, l'individuo si scopre altro da come si era pensato.
Il suo compito è andare verso questa trasformazione in  un altro.
L'uso di sostanze psicoattive è  motivato da un’inconsapevole intenzione verso la profondità di sé.
Esso sembra parlare di ricerca di limiti e interiorità.
 L'attrazione per aspetti ‘infernali abissali ’ del mondo è una manifestazione del bisogno di fare i conti con parti di sé temibili ed inesplorate.
Ma al contempo ha aspetti potenzialmente positivi: perchè può  condurre ad una riorganizzazione dei rapporti con aspetti interni e ad un tentativo di convivenza pacifica con essi .
In questa attrazione per ciò che è altro e marginale, è probabile che l'individuo adolescente metta gli occhi su
certe marginalità quali le compagnie in cui si usano sostanze, quelle disadattate caratterizzate da devianze, quelle dei
quartieri periferici degradati, o quelle dei tossicodipendenti.
Il bisogno di iniziazione muove dalla percezione di una propria incompiutezza e le sostanze sono spesso percepite da chi le usa in
maniera dipendente, come il modo di fare fronte a tale incompiutezza.

LA FUNZIONE  RELATIVIZZANTE, METAFORICA, ANTILETTERALE DEL PADRE .

Il contatto con il marginale e l'inferno interiore ha bisogno per essere un occasione di crescita e non di autodistruzione di una modalità maschile paterna e non di una modalità abbracciante sacrificale e simbiotica .
Se bisogna scendere nell'inferno negli abissi, poi bisogna potere risalirvi.
Questa è una operazione che contempla la sapienza dei confini e delle soglie e quindi la capacità di procedere per differenze.
Infatti  procedere attraverso i concetti materni improntati alla identità, origina la tragedia:  essere della stessa sostanza del luogo (infernale) che nutre la propria esperienza è l'origine della indistinguibilità dal luogo e della impossibilità di uscirne.
La percezione basata sulla identità è  materna perché modellata sull’esperienza primaria della nutrizione: tu sei il latte che ti do, tu cresci perché io mi do a te e tu esisti in quanto me.
Su questo modello importantissimo, che permette l’esperienza di fusionalità che da origine al sentimento oceanico e all’esperienza dell’amore e dell’orgasmo, si basa la sopravvivenza nei primi mesi di vita.
Questo modello è distruttivo  però,se utilizzato fuori da questo ambito in là con gli anni.
L’oblatività incondizionata, abbracciante, non mette in discussione le caratteristiche del luogo dove si trova perché le considera in modo assoluto.
Il modo maschile adulto è  relativizzante invece che totalizzante:  le caratteristiche del luogo sono quelle possibili per quel luogo lì ma anche e proprio per questo sono trasformabili.: c’è una maggiore progettualità.

Se io sono nel problema ma sono distinto da esso potrò uscirne , resistere, attraversare ma non fermarmi.

Il modo materno è materia che nutre .
Il modo maschile guarda ad altro si riferisce ad altro , ad una terzietà che apre al gruppo e al sociale.

PADRI VIOLENTI E FRAGILI CHE  DOMINANO O ABBANDONANO MA NON ‘INIZIANO’.

Se l'uso di sostanze,  è legato ad un bisogno trasformativo attraverso un iniziazione, è anche  l'adesione ad una modalità inefficace soddisfare il bisogno di iniziazione. per il mancato raggiungimento di una identità valida .
Si  cerca di segnalare  che è mutato o sta mutando lo status interiore ma si vorrebbe che qualcuno ascoltasse e vedesse questo in modo da farlo diventare un cambiamento sociale.

In realtà  manca una autorità esterna agli iniziandi, da loro accettata come una guida  che, con l'autorevolezza dell'avere già attraversato quella fase, certifichi l’iniziazione. . Manca una figura paterna, autorevole, stimolante, ma che protegge , segnala i limiti, contiene, e cerca di mettere insieme aspetti diversi .
Anzi tale figura viene combattuta e distrutta.
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LA QUESTIONE DEL RISCHIO E DEI CONFINI

Il valicare i confini, il trovarsi 'dall'altra parte' è un aspetto dell'esplorazione dei confini simbolicamente maschile.

In questa esplorazione, prendono consistenza i compiti del maschile di conoscenza dell'esterno, di ricerca creativa di forme nuove, di dimestichezza con il pericolo, di preparazione alla funzione di responsabilità verso un nucleo di individui e di protezione di un confine.

La trasgressione è la capacità di verificare la norma sconfinando .

Essere creativi è opposta, se non avversaria, alla materna conservazione del contenuto.

Si comprende l’attrazione maschile per i territori non ordinati e la disponibilità adolescenziale al conflitto con l’autorità: la funzione maschile-paterna è quella di disporre le regole.
Esse devono essere smontate per acquisire la capacità di costruirle.

In realtà l’attrazione per i luoghi senza regole nasconde la  vocazione a imporre regole .

Nell’evoluzione c’è sempre caos nella fase di passaggio.
Nella tossicodipendenza, ci si  è bloccato nella fase di caos :  il  disperante abbandono di ogni regola.
I tossicodipendenti non sanno a chi riferirsi per configurare quelle nuove: continuano a impiegare energie senza potere trovare nuove regole una più evoluta identità.

Il 'finire nei guai' è forse un metodo maschile per apprendere il mondo.

Il padre  comunica però orgoglio per ciò che è contenuto all'interno dei propri confini, e permette di vedere le possibili conseguenze negative delle situazioni di pericolo sul  valore del soggetto (essere divorato e distrutto).

Perseguirà il rischio in maniera non fine a se stessa ma connessa alla costituzione di una identità che sa affrontare le difficoltà.

Il fatto che un individuo assuma il punto di vista femminile relativamente allo sperimentarsi in situazioni rischiose, può dipendere dal suo ambiente familiare: può essere che abbia trovato disponibili solo costrutti femminili perché quelli paterni erano fortemente criticati o non proposti.

La tossicodipendenza ma anche le condotte a rischio evidenzia l’assenza di paternità: il contatto con il rischio è slegato da un progetto.

Inizialmente, il rischio e sofferenza vengono vissuti come 'piacere' perché essi sono percepiti come promessa di una identità
Nel procedere dell’abitudine, diviene evidente che nessuna identità prenderà forma.

Inoltre, le restrizioni imposte da un protratto stile di vita rischioso mutano la sofferenza da eroica a depressiva.

 A questo punto la persona inizia a sentire che le cose non stanno andando bene.
Il malessere che prova diviene una barriera che oscura il futuro.
Qui entra in gioco una difficoltà decisiva.
L'individuo non riesce a fare il passo in grado di attribuire alla condizione di sofferenza il significato di ponte, di tramite per un' altra condizione.
Mentre all’inizio del percorso di dipendenza, il disagio è messo tra parentesi dalla condizione euforica, successivamente esso diventa il responsabile della caduta progettuale.
La tossicodipendenza non è in grado di immaginare la soglia, il varco e il passaggio. ci si sente in un vicolo cieco, non in una strada che termina contro un gradino che si potrebbe salire o contro una soglia da valicare.

La verticalità che permette di guardare al di sopra delle cose e di contestualizzarle è una modalità dello stare al mondo che il figlio conosce tramite l'esempio del padre.
L’orizzontalità invece impedisce di allargare la visuale oltre la condizione in cui si è immersi.
Nella tossicodipendenza è impossibile pensare: “Sono in questo pasticcio perché, per raggiungere la mia meta, devo passare per la situazione in cui sono e superarla”.

Il concepire un oltre nessun mediatore -il padre l'ha mai presentato e, quindi manca l'esperienza del limite e quindi anche quella dello spingersi oltre.
L’assenza e la nostalgia del padre prende forma attraverso ciò che è originato dalla mancata esperienza dei limiti: guai con la legge, ricerca di condizioni ‘forti’, legami con contesti di malavita, ecc.

IL SUPER IO  ARCAICO  E IL GENITORE UNICO .

Un super io arcaico rappresenta l'autorità che la tossicodipendenza rispetta nella sua versione negativa: modi fagocitanti annullanti dietro la promessa dell’accudimento totale.
Nel mondo tossicodipendente, l'autorità non ha caratteristiche paterne.
Essa, infatti, non è stimolante, integrante e accudente. Essa non ha compassione delle debolezze e non sostiene il tentativo che ogni persona fa per liberarsene e rendersene autonoma. L'autorità che qui troviamo è sonnifera, suscitatrice di invidia e di paura di essere abbandonato. Il super io arcaico è totalizzante nel suo sadico giudizio : sei tutto sbagliato non hai sbagliato quella cosa lì. La differenza tra relativizzare e totalizzare .
Oppure la debolezza è solamente consolata senza rilancio prospettico legando per sempre il consolato alla consolatrice.
Come viene percepita la debolezza e come si tenta il suo superamento è questione decisiva:
Un padre insegna la ferita, la sconfitta la separazione ma anche la relativizzazione e il discernimento : ferito non vuol dire morto, ci si puo rialzare, tante cicatrici tanto onore ,l’introduzione di uno spessore di una tridimensionalità .

 L’ambiente tossicodipendente è caratterizzato da una avidità ed un consumismo esasperati e dà sostanza all’immagine di una umanità di uguali tutti attaccati a poppare quanto più è possibile e con l’occhio torvo a controllare che il vicino non succhi di più. Nella tossicodipendenza si constata comunemente l'illusorietà delle immagini di abbondanza: nell'assenza di un accompagnatore/iniziatore maschile, la sofferenza e il disorientamento alle prese con esperienze limite.
Il femminile autenticamente nutriente è scomparso. Il maschile che aiuta è assente.
Occorre una decisione equilibratrice che dia dinamismo alla situazione bloccata (e che introduca un certo relativismo): occorre che una componente maschile ristabilisca l'ordine.
La capacità maschile di concepire le condizioni negative (infere) come necessarie ad un progetto  di crescita e autonomizzazione


IL MASCHILE IN COMUNITA TRAPEUTICA


Come sottolinea Scaglia il nostro paesaggio attuale non possiede più molti spazi selvatici, poiché quasi tutto il territorio è coltivato e antropizzato. Nella nostra epoca, le zone di confine tra metropoli e campagna, cioè, le periferie urbane degradate, rappresentano bene l’extraterritorialità. Esse non hanno l'estetica pregiata del centro città e sono estranee alla razionalità della campagna produttiva modellata sul funzionamento dei mezzi agricoli. Tali ambienti si candidano a rappresentare gli scenari della iniziazione, così come un tempo il bosco selvatico costituiva un luogo adeguato per la marginalità rituale perché era inteso come luogo non ordinato e abbandonato dalle regole umane.

La comunità , non a caso, è situata quasi sempre in campagna: condivide l’essere uno spazio fuori che ricorda la marginalità concreta dei luoghi (fuori dalla città) nei quali avvenivano le iniziazioni ma non è più il bosco selvatico . Si è isolati, si fanno esperienze forti che ricordano le esperienze forti che si hanno in una iniziazione; il fiorire di ideologie, l'aumentata capacità di teorizzare e l'attitudine ad elaborare concezioni del mondo ricordano l'apprendimento delle teorie del mondo e la comunicazione dei segreti propri della tribù di appartenenza che avvenivano durante l'iniziazione.
Le città (H.Bech) sono infatti ormai luoghi in cui ci muoviamo come forsennati in una mutevole folla di estranei che si incrociano senza sosta e che mostrano di volata la loro facciata ,unica cosa che si puo notare in uno spazio cosi affollato.  Ci sono ben poche possibilità di capire cosa c’è dietro la superficie  e siamo costretti a troncare ogni conoscenza prima che vada oltre la superficie ?
Questi erano i compiti  rituali dell’ iniziazione di cui permangono nella nostra cultura la il battesimo  e la cresima cristiana  , il servizio militare e l’addio al celibato o nubilato: a parte questi i riti non esistono più nella nostra cultura, ma non è venuta meno la loro necessità.
Nell'adolescenza, l'individuo, in modo automatico e 'istintivo', cerchi un rito di iniziazione e un iniziatore. Perché  il processo di diventare altro, ha bisogno di accompagnamento e protezione.
Inoltre, è necessario che tale processo si completi assumendo la forma di rito, perché solo all'interno di questa cornice è possibile dare conto della sacralità del suo punto di arrivo: il senso della propria identità.
L'iniziazione guida l'individuo a raggiungere  il suo nuovo status e lo fa socialmente in gruppo : questo certifica e testimonia di fronte a tutti  che l’iniziato è un uomo  nuovo che condivide regole sociali e per questo puo appartenere alla comunita del mondo  .

Qualunque trattamento della tossicodipendenza maschile richiede attenzione ai temi della paternità-maschilità. Esso è, infatti, influenzato dalla assenza dei costrutti paterni come anche dalla intenzione di mantenere lontana una funzione paterna.

Dal punto di vista della presenza o assenza di un familiare simbolico iniziatore e del conflitto tra la colpa, la grazia,la penitenze e il perdono, il paterno e il materno possiamo distinguere nel patrimonio contemporaneo comunita progetto e comunita deposito o comunita di vita .
Le prime caratterizzate da posizioni paterne evolute attivanti – responsabilizzanti  ma al contempo materno ricettive non giudicanti  in cui si lavora sulla riattivazione del gruppo primario ,  in cui si considerano i transfert relazionali e si realizzano esperienze relazionali  positive,correttiva (Alexander,1946) tramite esposizione a situazioni emotive che non è riuscito in passato ad affrontare.
Il gruppo e’, dunque,  il dispositivo metodologico fondamentale nell’ambito comunitario (Di Maria, Lo Verso,1995)

Le seconde ,in cui non si considerano i transfert relazionali., e che dunque funzionano soprattutto come strutture difensive che contengono senza riconnettere , spesso quindi funzionanti come deposito di parti scisse . Questa seconda caratteristica crea il vissuto di comunità contenitiva totalizzante che nutre e
non fa desiderare di esserne fuori in una specie di prevalenza del registro femminile arcaico . Ma queste modalità di trattamento della tossicodipendenze e di organizzazione delle strutture deputate alla loro cura che non introducano la priorità della differenziazione e della limitazione sono destinate al fallimento come il dare l'aiuto incondizionatamente senza chiedere nulla in cambio , oppure, il proporre trattamenti senza tempo o senza considerazione per la motivazione del soggetto,delle sue effettive potenzialità e dei suoi limiti . Tale modalità porta alla progressiva collusione dell'organizzazione e dei suoi membri con le tematiche tossicomaniche.

L’operatore di comunità   – come dice Charmet- posto com’è sulla scivolosa sponda tra il familiare simbolico e il familiare reale ,è sempre sull’orlo di una crisi di nervi ,parodiando il titolo di un famoso film di Almodovar,ma  a mio parere la comunita è uno dei laboratori sociali all'interno dei quali è possibile capire più che in qualsiasi altro luogo .
Da questo punto di vista concordo con  Charmet  quando afferma che la Comunità Terapeutica non guarisce, ma mette nelle condizioni ineguagliabili di riuscire a capire bene il funzionamento del soggetto .
Penso che la possibilità di capire e di farsi capire meglio che altrove dipenda proprio dal dormire, mangiare, decidere assieme,le migliori condizioni per poter ricostruire al proprio interno le scissioni e le proiezioni del paziente . Diversamente infatti da quel che si verifica nella cura –per cosi dire esterna- dove il paziente mette diversi parti di se nelle  figure professionali con cui,   in comunita  questi movimenti affettivo difensivi avvengono non solo su un'equipe unitaria, ma anche in uno spazio antropologico e logistico che è il setting comunitario e questo consente, di ricomporre come in un puzzle -nel sé mentale dell'equipe- il vero sé del paziente.
Essa rappresenta, quindi, la rara possibilità per lo psicoanalista di lavorare nella vita reale del paziente , osservandone e valutandone gli aspetti quotidiani (le azioni parlanti ,Racamier) , gli aspetti emotivo-affettivi del suo co-abitare in relazione con altri (una “residenza emotiva” ,una casa per le loro emozioni dove -secondo Zapparoli -  gli aspetti di attaccamento e accudimento  possono essere visti e presi in carico attraverso l’approccio indiretto , mediato, transizionale delle “situazioni come se “ G.Campione, 2009).
Non solo, ma in questa condizione la possibilità di capire meglio coincide anche con la possibilità di farsi capire meglio: cioè di mettere a disposizione del paziente  e del suo gruppo di appartenenza, il vero sé dell'equipe comunitaria, che vive fino in fondo l'esperienza di Comunità. Da questo punto di vista questa è un'equipe che ha una naturale propensione a collassarsi sulle funzioni della famiglia naturale del proprio utente e non riesce quasi mai a rimanere la famiglia simbolica, la famiglia culturale . Da cui l’indispensabilità di una supervisione Psicoanalitica. Perché la Comunità Terapeutica, nel momento in cui si appresta a divenire la famiglia e a condividere la quotidianità col paziente , evita di diventarlo nella misura in cui apre la dimensione del rapporto a una dimensione eccezionale: cioè la gruppalità. Apre al terzo nella misura in cui tutte le pratiche dell'istituzione comunitaria diventano di tipo gruppale. E' il riferimento al terzo l'antidoto nei confronti dell'eventualità di collassarsi sulla identificazione con la famiglia .
Quindi la Comunità Terapeutica è una istituzione che pensa in termini di progetti di nascita sociale; anche se è vero che la pratica reale che effettua è quella di una reinfetazione materna, (Charmet)  del tener dentro, però la sua grande speranza è quella di poter far rinascere. Non tiene dentro per brama, non tiene dentro in nome della rassegnazione, ma della possibilità di riorganizzare la speranza di una rinascita; si tratta di vedere in nome di chi, in nome di quali valori. E a me sembra che si possa dire che gli aspetti più evolutivi della Comunità Terapeutica, quelli che meritano la maggior manutenzione da parte del supervisore, sono quelli legati al fatto che la Comunità Terapeutica è la casa dove si effettua oggettivamente un'operazione di reinfetazione (Charmet)  che però-differenza fondamentale- avviene in vista di una nascita e la si affida al gruppo dei fratelli; ma i fratelli lavorano sotto l'egida della funzione simbolica paterna, per cui da questo punto di vista mi sembra che la rinascita possa avvenire all' ombra dei valori del padre e quindi in funzione della nascita sociale. E da questo punto di vista la Comunità Terapeutica può davvero diventare la famiglia non incestuosa, quella del padre e quella della norma. ”(Charmet) 
In comunita terapeutica- infatti- molti pazienti che provengono da un esperienza con il cosiddetto “genitore unico” ( in realtà un genitore prevaricante sull’altro che è generalmente assente , abbandonico, dipendente) possono esperire invece relazioni sia con gli aspetti protettivi , accuditivi (simbiotico-fusionali,femminili,materni) che  con gli aspetti maschili,paterni della Legge simbolica e reale (le regole,il limite,il confine , la differenziazione, la separazione, l’individuazione) ) (G.Campione, 2009).
Questo può avvenire lì dove il lavoro sia consapevole di questi aspetti e quindi anche dal punto di vista pedagogico condivida un modello epistemologico ermeneutico che accetta di confrontarsi con quello psicoanalitico .


Bibliografia

Brunori L. Comunita terapeutiche, Mulino bologna

Campione G .., Nettuno A“Il gruppo e le dipendenze”, F.Angeli Editore, Milano 2007

Campione G ..,  “Il gruppo di operatori e il gruppo dei pazienti: riflessioni sulla supervisione nei centri pedagogico-residenziali per la doppia diagnosi “. CEAS 2010
Charmet Pietropolli G., Evoluzione del concetto di Comunità Terapeutica,                  http://www.psychomedia.it/pm/thercomm/tcmh/charmet1.htm
Foresti G, Rossi Monti “Esercizi di visionino”, Borla

Ferruta, Foresti, Pedriali, Vigorelli “La Comunita terapeutica”, Ed .Cortina. 1998

Racamier “Lo psicoanalista senza divano “ Ed.Cortina

Sassolas Marcel,Corino Ugo, Cura psichica e comunità terapeutica.Esperienze di supervisione. Ed.Borla. 2010

Scaglia. M, Tossicodipendenza maschile come conseguenza dell'assenza del maschio iniziatore.

Zoja Luigi, Nascere non basta, Milano, Raffaello Cortina Editore, 1993

Zoja Luigi, Il gesto di Ettore, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2000