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Il Sacrificio animale : recensione del libro Fotografico “Matadero” di Giovanni Savino,New York - a cura di Guglielmo Campione

CLICCANDO SUL TITOLO SI VISUALIZZA IL LIBRO FOTOGRAFICO"MATADERO"

With “Matadero” by Giovanni Savino, walks on stage an ancient drama where life and death tightly and compassionately hold each other and the “Vucciria” by Guttuso is by now a faraway stylistic exercise. 

Life being given and received, executioner and victim, confused screams from the man and the animal, bodies painted in blood, homogenizing the killer and the slaughtered as much as to appear an hyper- realistic illusion, just as if this excess of reality -putting you through an emotional overload- could open the door of ordinary consciousness, leading us beyond, in a state of de-realization, de-personification, of trance, where space and time hang universally: it is today in the Dominican Republic but could well be one thousand years ago in the European middle ages "(...)


                                                                                            


“Jahvè trova “soave” l’odore del sangue”

(Genesi 8.2)



Con “Matadero” di Giovanni Savino va in scena un antichissimo Dramma in cui vita e morte si tengono strettamente e pietosamente intrecciati e la “Vuccirìa” di Guttuso pare ormai un lontano esercizio di stile.

Vita data e ricevuta, carnefice e vittima, grida dell’animale e dell’uomo confuse,corpi ugualmente verniciati del sangue che omogeneizza pittoricamente la vittima e il carnefice tanto e troppo da sembrare esiti di trucchi iperrealistici ,come se questo eccesso di realtà ,attraverso un overload emozionale ,sfondasse la soglia della coscienza ordinaria e conducesse al di là ,in uno stato di derealizzazione, depersonalizzazione, di trance in cui il tempo e lo spazio sono sospesi e universali : è oggi a santo domingo ma potrebbe essere 1000 anni fa nel medioevo europeo.

L'ambiguità è sempre più reale e interessante dell'univocità ,perchè permette i movimenti immaginifici , proiettivi e attributivi di significato dei singoli. Questo contatto così carnale con la morte può ritenersi così drammaticamente e inconsciamente seducente al di là della necessità di guadagnare ?

E’questa un'esperienza del “perturbante”, per dirla con Freud?

L'effetto perturbante, sollecita ora percezioni, ora riflessioni, ora piacere, ora disagio, per qualcosa che in qualche modo mentre risulta familiare, continua ad essere sfuggente, o per meglio dire difficilmente classificabile secondo i canoni della ragione.

Freud era giustamente insoddisfatto dall'identificazione tout court del termine con insolito, orrido, angoscioso o inconsueto.

"Non c'è dubbio- si chiede Freud- che esso appartiene alla sfera dello spaventoso, di ciò che ingenera angoscia e orrore, tanto che quasi sempre coincide con ciò che è genericamente angoscioso. E' lecito tuttavia aspettarsi che esista un nucleo particolare che giustifichi l'impiego di una particolare terminologia concettuale. Ciò che vorremmo sapere è: che cos'è questo nucleo comune che consente appunto di distinguere, nell'ambito dell'angoscioso, un che di perturbante"?Che cosa sia questo nucleo particolare egli lo anticipa subito, per passare poi ad illustrare il percorso di ricerca fatto per giungervi: "il perturbante è quella sorta di spaventoso che risale a quanto c'è noto da lungo tempo, a ciò che c'è familiare".

C’è infatti questo familiare andare/ entrare a mani nude, a naso nudo, a occhi nudi, a bocca nuda e a orecchie nude dentro il corpo , abitare la morte, abitare il corpo morto mentre si distacca dallo spirito vitale nello squartamento violento cogliendone tutte le sue sinestesie, i suoi spasmi tattili,i suoi miasmi dolciastri,i suoi gorgoglii sinistri e malinconici.
Mi fa pensare alla necessità umana di affrontare la paura della paura . “E’ questa la cosa di cui ho più paura che della paura. Essa è ancora più insopportabile e fastidiosa della morte. Non mi sento abbastanza forte per sopportare gli impeti di questa passione”.(Montaigne, Saggi, I, XIX )

Il Dramma che va in scena in questo nuovo film fotografico di Giovanni Savino ci spinge a interrogarci :
 Il bene è una speranza e forse un’illusione, mentre il male lo osserviamo, lo pratichiamo, ci accompagna in ogni nostra azione?
Siamo tutti uguali, perché siamo tutti capaci di dare la morte ?
Hobbes ammonisce continuamente sul fatto che "quanto alla forza corporea, il più debole ne ha sufficienza per uccidere il più forte..."
La vera lotta è quella che si combatte per l’affermazione di sé: il “padrone” è dunque colui che ha il coraggio di guardare in faccia la morte a differenza del “servo” che non vuole perdere la vita e preferisce l’umiliazione e la resa ?
La terra appare un immenso altare in cui il sangue deve scorrere per pagare il prezzo del peccato ?

Nella spaventosa fantasticheria in cui getta l'anima con la sua presenza, il macello appare terribile e partecipe di quello che fa, è complice del carnefice: divora, mangia della carne, beve del sangue,è una specie di mostro,uno spettro che sembra vivere d'una vita spaventosa, fatta di tutta la morte che ha procurato. (V. Hugo. I miserabili 1862) .

In una drammatica rappresentazione di sapore arcaico e mitologico/tragico le fotografie di Savino ci riportano all’ambivalenza, alla confusione e alla reversibilità dei ruoli del carnefice e della vittima,e del servo padrone : il padrone,il sadico , il carnefice è solo apparentemente in una situazione di potere assoluto perché, come ricordava Hegel ,ha bisogno del servo per essere padrone e per questo motivo il servo diventa padrone del padrone,il carnefice vittima della vittima e il sadico servo del dolore.

Scrisse , come ben sappiamo profeticamente, G.Orwell :”Winston, come fa un uomo a esercitare il potere su un altro uomo?” Winston riflettè. “Facendolo soffrire” rispose. “Bravo, facendolo soffrire. Non è sufficiente che ci obbedisca. Se non soffre, come facciamo a essere certi che non obbedisca alla nostra volontà ma alla sua? Potere vuol dire infliggere dolore umiliazione. Un mondo fatto di paura e tradimento, un mondo nel quale si calpesta e si viene calpestati, un mondo che nel perfezionarsi diventerà sempre più spietato...”

Le immagini di Savino sono metafore d’una condizione antropologica in cui s’incrociano temi mitici come la Violenza , il sacro, il potere,il dolore ,l’espiazione , il sacrificio,la colpa.

Il pathos che tiene il mio sguardo inchiodato su “Matadero” mi richiama la Tragedia Greca ,il dolore e il fiume di sangue della ridda di vendette incrociate o il sonnambulismo di Lady Macbeth che compulsivamente come una fobico-ossessiva continua a lavarsi le mani lorde del sangue del recente assassinio.

In questo teatro del sangue e del dolore che è il Macello si respira un aria di arcaica“sacra violenza”.

La violenza, diceva Renè Girard, si accende per "desiderio mimetico",per il quale tutti desiderano ciò che hanno o che desiderano gli altri. All'origine della società umana v’è infatti un assassinio sacrificale e alla vittima sacrificale vengono riconosciuti attributi divini e sacrali, proprio perchè la sua uccisione funge da mezzo per sopire la violenza. Scaricando su un capro espiatorio la violenza che oppone ciascuno a tutti gli altri, placa i conflitti interpersonali e fonda il vincolo sociale. Il sacro assume quindi grande valore di coesione e la religione è quindi "il sentimento che la collettività ispira ai suoi membri, ma proiettato fuori dalle coscienze che lo provano, e oggettivato".

Il sacrificio, assume, "una vera e propria operazione di transfert collettivo che si effettua a spese della vittima e che investe le tensioni inconsce degli uomini. Il sacrificio rituale pare fondato su una sostituzione" per allontanare la violenza "da certi esseri che si cerca di proteggere''. Alcuni sistemi rituali sostituiscono gli esseri umani minacciati dalla violenza con animali, altri sistemi li sostituiscono invece con altri esseri umani giacché "in fondo non c'è nessuna differenza essenziale tra sacrificio umano e sacrificio animale''diceva Girard. Tutte le vittime "devono somigliare a coloro che esse sostituiscono'' .
Il sacrificio è dunque "una violenza senza rischio di vendetta'', in quanto si usano sempre persone o animali 'non vendicabili'.
Il sacrificio esige perciò che vi sia un'apparenza di continuità tra la vittima realmente immolata e gli altri esseri umani a cui tale vittima viene sostituita.Così quando la violenza non può scaricarsi sul nemico che l'ha eccitata, si sfoga, come ognuno di noi ben sa, su un bersaglio sostitutivo. L'eliminazione della vittima fa sfogare la frenesia violenta da cui ciascuno era posseduto fino a poco prima e ciò ha sul gruppo un impatto emotivo incalcolabile. Essa diviene sacra ai loro occhi, proprio ha cioè potere di vita e di morte sul gruppo: è il dio. Questa è la genesi del religioso e in particolare del sacrificio rituale come ripetizione dell'evento vittimario originario, intesa a riprodurne meccanicamente e inspiegabilmente i miracolosi effetti e del mito come racconto di quell'evento dal punto di vista della folla.

Come non pensare all’assenza di differenze fra macellaio e maiale , fra macellaio e bue, ma anche fra abusatore e abusato che paiono alludersi reciprocamente in queste fotografie , come Savino stesso ci dice nel suo commento introduttivo ?

Nelle fotografie di Savino vanno in scena “Natura e Cultura”,avrebbe detto Levi Strauss, mito e rito da una parte ,sfida progettuale dall’altro, progresso ideale e tempo fermo reale della storia : Savino è lì in mezzo che coglie contraddizioni vere o solo presunte, ambiguità e ambivalenze dietro apparenti differenze come un testimone critico, appassionato, compassionevole, intenerito,talvolta arrabbiato, scandalizzato, ma mai cinico e distaccato .

Savino è cultore, modernissimo ed al contempo antichissimo, della " Pìetas " e lucido testimone compassionevole dello Zeitgeist  contemporano e della caducità.

                                                                                      

2 commenti:

  1. Caro Guglielmo, queste immagini mi riportano a quando, bambino, accompagnavo mio zio al macello di Recanati. Quella pistola ad aria compressa posata sulla fronte della vacca da macellare la faceva istantaneamente crollare al suolo. L'ho rivista solo recentemente come l'arma letale del boia di "Non è un paese per vecchi" dei fratelli Coen. La violenza, il sacro, il sacrificio, il capro espiatorio, il mito, il rito,la vita e la morte, sono fondanti l'individuo e la sua organizzazione sociale.Queste immagini ce lo ricordano, per continuare a voler guardare il cielo, ma con i piedi ben piantati per terra. Girard ci fa riflettere, ma il desiderio può essere solo mimetico?
    Alla prossima...
    Fulvio

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  2. Certo Fulvio,lungi da quel che pensava Girard,e' piuttosto limitativo pensare che il desiderio sia un desiderio invidioso e non il frutto del nostro libero e irriducibile immaginare...forse Girard pensava ad un bisogno + che a un desiderio...grazie per questo bel quadretto del passato familiare..le immagini di Giovanni Savino hanno un grande potere evocativo ...Guglielmo

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