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.
Blog fondato da Guglielmo Campione www.guglielmocampione.it
La mente può trovarsi in stati diversi , il sonno ,il sogno, la trance,l'ipnosi,l'attenzione fluttuante,
l'estasi,la preghiera,la meditazione,la creatività artistica e scientifica,
l'esplorazione dello spazio e degli abissi marini,l'agonismo sportivo.
l'estasi,la preghiera,la meditazione,la creatività artistica e scientifica,
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Stati della mente pubblica lavori originali o già pubblicati con il consenso degli autori, interviste e recensioni di libri e promuove eventi culturali e scientifici.
IL DALAI LAMA e le neuroscienze .
2009:
EducatingWorld Citizens for the 21st Century: Educators,
Scientists and Contemplatives Dialogue on Cultivating a Healthy
Mind, Brain and Heart, co-sponsored by Harvard University Graduate
School of Education, Stanford University School of Education,
Pennsylvania State University College of Education, University of
Virginia Curry School of Education, University ofWisconsin-Madison
School of Education, the American Psychological Association and the
Collaborative for Academic, Social and Emotional Learning
2009: Attention, Memory, and the Mind
2008: Investigating the Mind-Body Connection: The Science and
Clinical Applications of Meditation, hosted by Mayo Clinic
2007: Mindfulness, Compassion and the Treatment of Depression,
co-sponsored by Emory University
2007: The Universe in a Single Atom
2005: Investigating the Mind: The Science and Clinical Applications
of Meditation, co-sponsored by Johns Hopkins Medical University
and Georgetown Medical Center
2004: Neuroplasticity: The Neuronal Substrates of Learning and
Transformation
2003: Investigating the Mind: Exchanges between Buddhism and
Biobehavioral Science on How the MindWorks, co-sponsored by the
McGovern Institute at Massachusetts Institute of Technology
2002: The Nature of Matter, The Nature of Life
2001: Transformations of Mind, Brain and Emotion at the University
ofWisconsin
2000: Destructive Emotions
1998: Epistemological Questions in Quantum Physics and Eastern
Contemplative Sciences at Innsbruck University
1997: The New Physics and Cosmology
1995: Altruism, Ethics, and Compassion
1992: Sleeping, Dreaming, and Dying
1990: Emotions and Health
1989: Dialogues between Buddhism and the Neurosciences
1987: Dialogues between Buddhism and the Cognitive Sciences
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Ogni cosa accade da sè di Lama Ghendun Rimpoche
La felicità non può essere trovata
attraverso un grande sforzo e volontà
ma è già presente, nel rilassamento e nel lasciare andare.
Non sforzarti;
non c’è niente da fare.
Qualunque cosa sorga nella mente
non ha nessuna reale importanza,
perché non ha una qualsivoglia realtà.
Non attaccarti a essa;
non identificarti con essa
e non giudicarla.
Lascia che l’intero gioco accada da sé
balzando in alto e ricadendo come onde —
senza cambiare o manipolare alcunché —
e ogni cosa svanisce e riappare, magicamente, senza fine.
Solo la nostra ricerca della felicità
ci impedisce di vederla.
È come un arcobaleno che insegui
senza mai riuscire a raggiungerlo.
Quantunque non esista,
è sempre stato là
e ti accompagna in ogni istante.
Non credere nella realtà
di esperienze buone e cattive;
esse sono come l’arcobaleno nel cielo.
Volendo afferrare l’inafferrabile,
ti stanchi inutilmente.
Non appena apri e rilassi questa presa
ecco uno spazio aperto, invitante e confortevole.
Perciò usa questa spaziosità,
questa libertà e agio naturali.
Non cercare più oltre.
Non andare nella fitta giungla
in cerca del grande elefante
che è già quietamente a casa.
Non c’è niente da fare,
niente da forzare,
niente da volere —
e ogni cosa accade da sé.
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Caravaggio nella Luce chiaroscurale della psicanalisi di Giuseppe Borsoi
Ripensare Caravaggio, un artista affascinante, cui ci si avvicina con un misto di piacere e dolore, e rivederlo alla luce della sua capacità speciale di rivelare attraverso l’arte un proprio percorso di sviluppo interiore ?
Caravaggio è un pittore che ricerca la verità delle emozioni, quel qualcosa di naturale, di uguale per lui e per noi, che compare in ogni scena umana. I suoi quadri sono raffigurazioni di vicende relazionali con un profondo risvolto umano, in cui lui indaga le risonanze emotive dei vari personaggi.
I soggetti dei suoi quadri diventano rappresentativi di stati della mente, che si attivano all’interno di ogni persona, quando accade un evento che ha risonanza intima e tocca il mondo interno.
Caravaggio rappresenta le emozioni e gli stati della mente come appartenenti alla verità-realtà umana nella sua laicità. Non è un pittore esegetico, anche se la committenza religiosa è all’origine di tante sue opere, le sue scene sono rappresentazioni di un evento umano nel quale appare una sacralità intimamente sentita e vissuta.
Questa ‘laicità religiosa’ di raffigurazione delle emozioni e degli stati mentali, correlata al pensiero che queste emozioni possono generare nei vari personaggi, rende l’opera di Caravaggio particolarmente suscettibile di essere indagata con un gioco interpretativo di derivazione psicanalitica.
I temi dell’opera di Caravaggio riguardano la vita e la morte, vale a dire il desiderio potente di vita e le angosce di morte, le ansie di insoddisfazione, di incertezza, di incompletezza, di incomprensione, che si verificano quando accade un fatto che accende una relazione interpersonale o una relazione gruppale. E l’insieme della scena rappresentata riverbera varie forme di partecipazione o di sofferenza psichica sullo spettatore, che non può rimanere indifferente, ma sempre attratto e sconcertato.
Tutta la produzione artistica di Caravaggio nei vari quadri è un percorso di approfondimento, un cammino di avvicinamento al trattamento della propria realtà psichica, quindi un percorso psicoanalitico. Verificare questo percorso psicoanalitico, sia all’interno delle sue opere che all’interno della sua vita consente di ritrovare un’ulteriore bellezza della sua produzione artistica.
1. LE COMPONENTI MASCHILI E FEMMINILI DELLA PERSONALITA’
Ciclo di San Matteo, San Luigi dei Francesi:
ispirazione, chiamata agli ideali e turbolenza emotiva.
A partire dalla relazione madre – bambino nel ‘Riposo durante la fuga in Egitto’.
2. VIOLENZA E TRAUMA, PERSECUZIONE E INTERIORIZZAZIONE
Le Opere Siciliane: ripensamento sul senso della vita e della morte
3. IL PROCESSO ‘MATURATIVO’ INTERIORE .
opere doppie: Le Cene in Emmaus, Le Conversioni
di s.paolo
Rappresentazione degli eventi di cambiamento interno.
4. LE OPERE FINALI: I TRATTI DELL’ANGOSCIA PERSECUTORIA E DEPRESSIVA.
Carnefice e Vittima: Il Davide con la testa di Golia, il Martirio di Sant’Orsola come suo ultimo
testamento, quasi fosse la risposta ad una domanda che Caravaggio fuggiasco si faceva alla fine del suo
percorso di fuga: ”Si accorgeranno almeno dello scempio che hanno fatto della mia bellezza?”
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GLI SCIENZIATI DELLA MENTE OGGI
Gli autori - scienziati e filosofi - che attualmente si interessano al problema della coscienza e degli stati mentali sono moltissimi, ed estremamente variegata è la gamma delle loro posizioni. Ci limitiamo ad indicarne alcune tra le più significative nell'ambito dell'attuale dibattito. DAVID CHALMERS Filosofo australiano, famoso soprattutto per aver messo a fuoco il principale problema dellacoscienza - il problema difficile -, come egli lo definisce, consistente nello stabilire la natura del rapporto tra i processi nervosi e l'esperienza soggettiva. PAUL CHURCHLAND Uno dei principali sostenitori del cosiddetto "materialismo eliminativo", secondo cui i contenuti e gli stati mentali sono completamente riducibili alla sfera dei fenomeni fisici. Churchland rifiuta il modello computazionale della mente, caratterizzato da un funzionamento seriale, proponendo invece un paradigma basato sul connessionismo (vedi reti neurali), che rappresenta più adeguatamente il modo di operare del cervello (esecuzione di più compiti in parallelo). ANTONIO DAMASIO Neuroscienziato portoghese che critica la razionalità attribuita alle nostre scelte. Partendo dall'osservazione di casi clinici, egli propone un modello secondo il quale le emozioni e isentimenti costituiscono una sorta di percorso abbreviato in molti dei processi decisionali dell'uomo. DANIEL DENNETT Accanito sostenitore dell'analogia funzionale tra cervello e computer, tende a sminuire l'importanza dei contenuti soggettivi - i cosiddetti qualia - , ponendo invece l'accento sugli effettivi processi che si svolgono nel cervello. JOHN ECCLES Rappresentante moderno del dualismo mente-corpo, rivisitato alla luce della meccanica quantistica. GERALD EDELMAN Principale rappresentante del cosiddetto darwinismo neurale, concezione secondo la quale il cervello si svilupperebbe in seguito all'interazione dell'organismo con l'ambiente, attraverso un meccanismo che ricorda molto da vicino la selezione darwiniana. JERRY FODOR Si oppone all'analogia tra mente e computer, proponendo un modello modulare della mente, secondo il quale la mente sarebbe formata da moduli che agiscono in modo sostanzialmente autonomo, senza essere influenzati dallo stato generale del sistema. MARVIN MINSKY Considerato uno dei padri dell'intelligenza artificiale, propone un modello di mente costituito da un gran numero di "agenti" specializzati che cooperano tra loro. THOMAS NAGEL Filosofo conosciuto soprattutto per il suo saggio "Che cosa si prova ad essere un pipistrello?" (1), nel quale egli critica le pretese riduzionistiche di ricondurre gli stati mentali ai processi oggettivamente rilevabili all'interno del cervello. ROGER PENROSE Partendo dall'osservazione che alcune operazioni compiute dalla mente umana non sono riconducibili alla computazione, nega ogni possibilità di riprodurre le capacità mentali tramite un elaboratore elettronico. Egli ipotizza la possibilità di spiegare i fenomeni coscienti all'interno di una teoria che unifichi la relatività con la meccanica quantistica. HILARY PUTNAM Da una iniziale adesione al funzionalismo, ne ha preso successivamente le distanze, arrivando a riconoscere una dimensione autonoma agli stati mentali. RICHARD RORTY Filosofo proveniente dall'area analitica (vedi filosofia analitica), critica la nozione diirriducibilità della coscienza, sostenendo che lo stesso concetto di "mente" è destinato a scomparire col progredire della conoscenza dei concreti processi cerebrali. JOHN SEARLE Critica decisamente il modello computazionale della mente umana, mettendo in rilievo la differenza sostanziale esistente tra l'esecuzione meccanica di operazioni sulla base di un programma (computer) e la comprensione autentica di ciò che si sta facendo (mente umana). |
BIBLIOGRAFIA ITALIANA Alfredo Paternoster, Introduzione alla filosofia della mente, Laterza, Bari, 2002 P. N. Johnson-Laird, La mente e il computer [1988], Il Mulino, Bologna, Michele Di Francesco, Introduzione alla filosofia della mente, Nuova Italia Scientifica, Bologna, 1996 W. Bechtel, Filosofia della mente, Il Mulino, Bologna, 1992 Mario Groppo - Alessandro Antonietti (a cura di), Nuove teorie della mente. Concezioni recenti su mente, pensiero, intelligenza, Vita e Pensiero, Milano, 1992 Ignazio Licata, La logica aperta della mente, Codice Edizioni, Torino, 2008 Mauro Maldonato (a cura di), L'universo della mente, Meltemi, Roma, 2008 Sandro Nannini, Naturalismo cognitivo. Per una teoria naturalistica della Massimiliano Cappuccio (a cura di), Neurofenomenologia. La scienza della mente, Quodlibet, Macerata, 2007 mente e la sfida dell'esperienza cosciente, Bruno Mondadori, Milano, 2006 Tyler Burge - Alfredo Paternoster, Linguaggio e mente, De Ferrari Editore, Genova, 2005 Marco Salucci (a cura di), La teoria dell'identità. Alle origini della filosofia della mente, Le Monnier, Firenze, 2005 Felice Cimatti, Il senso della mente. Per una critica del cognitivismo, Bollati Boringhieri, Torino, 2004 Mark Solms, Il cervello e il mondo interno, Cortina, Milano, 2004 Armando De Palma - Germana Pareti (a cura di), Mente e corpo. Dai dilemmi della filosofia alle ipotesi della sienza, Boringhieri, Torino, 2004 Tim Crane, Fenomeni mentali. Un'introduzione alla filosofia della mente, Raffaello Cortina, 2003 Regina Pally, Il rapporto mente-cervello, Fioriti, 2003 Giulio Tononi, Galileo e il fotodiodo. Cervello, complessità e coscienza, Sandro Nannini, L'anima e il corpo. Un'introduzione storica alla filosofia Laterza, Bari, 2003 della mente, Roma-Bari, Laterza, 2002 Anna Borghi - Tina Iachini (a cura di), Scienze della mente, Il Mulino, Bologna, 2002 Alberto Oliverio, La mente. Istruzioni per l'uso, Rizzoli, Milano, 2001 Danah Zohar - Ian Marshall, La coscienza intelligente, Sperling Dario Ettari, Teorie della mente. Che cosa succede quando pensiamo, Kupfer, Milano, 2001 Esselibri, 2001 Jaegwon Kim, La mente e il mondo fisico, McGraw-Hill, Milano, 2000 Alberto Oliverio, Esplorare la mente. Il cervello tra filosofia e biologia, Raffaello Cortina, Milano, 1999 Alfredo Paternoster (a cura di), Mente e linguaggio, Guerini, Milano, 1999 Piero Scaruffi, La mente artificiale, Franco Angeli, Milano Oscar Bettelli, Modelli computazionali della mente, Carabba Editore, Lanciano, 2002 Edward De Bono, Il meccanismo della mente. Come il cervello diventa mente, Rizzoli, Milano, 2002 Giacomo Gava, Mente cervello. Una bibliografia essenziale del XX secolo, Il Poligrafo, 2000 Edoardo Boncinelli, Il cervello, la mente e l'anima, Mondadori, Milano, 1999 David Chalmers, La mente cosciente [1995], McGraw-Hill, Milano 1999 William Bechtel, Filosofia della mente, Il Mulino, Bologna, 1999 Andy Clark, Dar corpo alla mente, McGraw-Hill, Milano, 1999 Paul Thagard, La mente. Introduzione alla scienza cognitiva, Guerini e Associati, 1998 N. Humphrey, Una storia della mente, Instar Libri, Torino, 1998 Marco Salucci, Materialismo e funzionalismo nella filosofia della mente, Patricia Smith Churchland - T. J. Seinovskj, Il cervello computazionale, Il ETS, Pisa, 1996 Mulino, Bologna, 1996 Alberto Oliverio, Biologia e filosofia della mente, Laterza, Roma-Bari, 1995 James Crick, La scienza e l'anima. Un'ipotesi sulla coscienza [1994], Rizzoli, Milano, 1994 John Searle, La riscoperta della mente, Boringhieri, Torino, 1994 S. Pinker, La scienza della mente, Mondadori, Milano, 1992 Giulio Giorello - Piergiorgio Strata (a cura di), L'automa spirituale. Menti, cervelli e computer, Laterza, Bari, 1991 Wilder Penfield, Il mistero della mente. Studio critico sulla coscienza e sul cervello umano, Vallecchi, Firenze, 1991 1990 R. Jackendoff, Coscienza e mente computazionale, Il Mulino, Bologna, 1990 Riccardo Viale (a cura di), Mente umana e mente artificiale, Feltrinelli, Milano, 1989 Douglas R. Hofstadter - Daniel C. Dennet, L'Io della mente. Fantasie e riflessioni sul sé e sull'anima, Adelphi, Milano, 1985 Vittorio Somenzi (a cura di), La fisica della mente, Boringhieri, Torino, 1969 |
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Pensare il tempo con Bion di Mario Giampà
tratto da : FUNZIONE GAMMA N.39
http://www.funzionegamma.edu/articolo.asp?id=214&id_numero=39L'inespresso, paradossi temporali, l'arcaico, il tardivo, voci embrionali e voci senili, “pre-natali” e post-natali”, frammenti biografici tratti ora dall'infanzia ora dalla maturità – che si accapigliano, si fraintendono nell' inaudito dialogo: emblemi impersonali del Tempo, sono le persone del “dramma visionario” allestito da Bion (Furio Di Paola, 1995) .
Trovo che sia una definizione condivisibile della Trilogia Memoria del Futuro, ( Il Sogno, Presentare il Passato, L'Alba dell'Oblio ) , la summa del pensiero di Bion, ma anche uno spaccato di quello che può accadere nel corso di una seduta come l'intende Bion.
Nella nostra cultura, che predilige gli aspetti razionali della psiche, gli stati non ordinari di coscienza vengono spesso guardati con una certa diffidenza, sospetto e a volte con vero e proprio terrore, in quanto fanno emergere gli elementi irrazionali e quindi “incontrollabili” della natura umana (Virginia Salles, 2003). Percepire o sentire la realtà o vivere esperienze assolutamente insolite si possono esperire con il suono dei tamburi, vari tipi di danze tribali, il vorticare dei Dervisci, l'assunzione di piante allucinogene, le varie tecniche respiratorie (pranayama), LSD.
E' comprensibile, pertanto, che la proposta di Bion “No memory, no desire, no comprehension”, sia stata considerata e/o temuta negli anni '70 come
Ricerche di neurofisiologia hanno dimostrato che la privazione sensoriale, selettiva o totale, o la ripetitività possono permettere l'uscita dal tempo psicologico e pertanto liberano infinite memorie emotive personali e/o collettive con l'annullamento della percezione dello spazio circostante.
Per Sonia Neves Langlands, Bion può anche essere considerato come un pensatore della complessità, che è caratterizzata da un non-riduzionismo , un non-determinismo , un non-equilibrio e una non-linearità . Da ciò deriva la difficoltà di capire la sua opera a causa di molti fattori: la circolarità dei concetti o il processo a spirale dei concetti stessi, la comprensione di uno passa attraverso la comprensione degli altri . Bion parla di costruzione in psicoanalisi, non in quanto ricostruzione della storia del soggetto , ma costruzione nel senso di un' interazione creativa ; la psicoanalisi di Bion si occupa di un transfert ma non nel senso di qualcosa di già esistente che si ripete, come diceva Freud, ma nel senso di una transienza , di qualcosa che è in transito e per cui non si è mai passati ma che si sta vivendo per la prima volta ( Sonia Neves Langlands) .
Il Tempo , nel suo significato di
Da quanto si è detto finora si comprende che Bion intende per
Il punto di partenza della teoresi di Bion,la parola d'ordine, è che gli psicoanalisti devono avere come scopo centrale la ricerca della verità! Quella verità stimolata/pensata/creata/ legata alla realtà psichica, che ha un tempo interiore diverso dal tempo legato alla realtà esterna (Bion, 1973). Questo tempo interiore è quello che dovrebbe essere sempre presente in seduta. Ciò rende comprensibili quando Bion ci propone delle sue paradossali proposizioni, come quando scrive che gli eventi dell'analisi, sparsi lungo quello che per l'analista è l'arco di molti anni, non sono per il paziente altro che frammenti di un istante dispersi nello spazio. Oppure quando sostiene che la distanza temporale che separa una proposizione da un'altra può essere assunta come misura della distanza di un elemento dall'altro in uno spazio in cui tutti gli elementi coesistono contemporaneamente. Ed ancora quando afferma che l'analisi può essere considerata come un momento nel tempo stirato in modo da diventare una linea o una superficie sottile costituita da un momento.(Bion, 1973).
Per Bion lo psicoanalista dipende da un'esperienza che non è sensuale (Bion, 1973), i fenomeni non-sensuali formano la totalità di ciò che viene comunemente inteso come esperienze mentale o spirituale; si evince che l 'analista deve essere in grado di ignorare l'esperienza di natura sensuale allorché si presenta formalizzata nella memoria (Bion, 1973): il paziente comunica informazioni che hanno importanza in virtù di criteri suoi propri e l'analista si deve limitare ad interpretazioni che sono un'espressione di un rapporto di K (è un segno quasi - matematico che indica conoscenza) con il paziente. Queste interpretazioni non devono essere espressioni di L (amore)o H (odio) ( Bion, 1963).
L'importanza dell' “atto di fede” per arrivare ad essere “O” è sottolineato da Claudio Neri (2004) che considera F (la Fede) come fattore di una funzione psichica dell'analista, che è necessaria per riuscire a sostenere un paziente che si sente disperato e privo di risorse, attendendo che il suo desiderio di vivere si presenti nuovamente. Sempre Neri (2004) ci ricorda che la fede è accompagnata da due particolari “toni del sentimento”, di cui Freud ne parla in Psicologia delle masse e analisi dell'Io (1921 ) e ne L'avvenire di un'illusione (1928). Il primo è l'idealizzazione: nella fede è in questione qualcosa di alto, nobile, straordinario. Il secondo è l'illusione: uno stato mentale che preserva la fede, tenendo distante la verifica della realtà. A mio parere tenere a distanza la verifica della realtà può significare percepire il passare del tempo come più rapido o come più lento, significando che la durata del tempo può essere inferiore o superiore a quanto è in realtà. Sappiamo che la percezione del tempo si trova in stretta correlazione con la funzionalità e la fisiologia del cervello. Sappiamo anche che Bion supponeva che la mente e la personalità abbiano una controparte fisica nel sistema nervoso centrale. (Bion, Memoria del Futuro - Il Sogno, cap. 38) ed inoltre quanto bisognasse studiare la relazione tra corpo e mente (o personalità o psiche) ( Cogitations , edizione italiana, pag. 315). Oggi sappiamo che Edelman, Penrose, Searle danno per scontato che esiste una precisa correlazione univoca tra stati mentali e stati cerebrali di un individuo . Credo che ci sia un collegamento tra “l'atto di Fede”, così come è proposto da Bion e i comportamenti de i brahamani o degli asceti: fissare il pensiero tra due parole (potrebbe essere fissarsi sul fatto prescelto siano nostri concetti di contenitore/contenuto, Temporalità / Atemporalità , simmetrico/asimmetrico?), oppure su un punto fisso (un ideogramma?) dello spazio che li circonda, per arrivare ad essere Brahman . Il Brahman è realtà, è coscienza, in sanscrito è definito sat, cit, ananda cioè l'essente, pensiero o coscienza pura, felicità . Ipotizzo che “O” può corrispondere a quello che è da Sankara, maestro induista, vissuto circa alla metà dell'VIII° secolo della nostra era, definito il “quarto stato” della coscienza, quello che segue il sonno profondo. E' lo stadio della memoria del vuoto della scena mentale constatato in quel momento, potrebbe definirsi un sonno profondo lucido, vale a dire un'assenza di rappresentazioni. L'ingresso in questo stato presuppone infatti che la coscienza finita si sia spogliata di ogni intenzionalità, vale a dire abbia abbandonata l'estroversione originaria che le fa sempre cercare il suo bene – e temere il suo male – al di fuori di se stessa (M.Hulin, 1996) . Ritengo che la “dream – like memory” è quella che Sankara, definisce ” come “esperienza vigile intera” (M. Giampà, 2006). Bion suppone che esiste uno spazio mentale multidimensionale la cui estensione e le cui caratteristiche non sono non – pensate e non – pensabili (c. 314) ed in questo spazio si situa la “dream like memory” e la conseguente esperienza di essere in “O”. Pertanto Bion ci propone un "allenamento della mente", attraverso un sostare nell'attimo presente, che porta ad un annullamento della memoria, del desiderio, persino quello di comprendere e di guarire, per poter vivere ciò che ci propone l'incontro e andare a cercare la parte più "profonda" nostra e dell'altro (at-one-ment) "O" (L. Caldironi e M. Giampà., 2000). Il tutto è connesso con la stimolazione di sentimenti primitivi nell'analista e nell'analizzando. Si acuiscono fatti emotivi come l'amore, l'odio, il terrore fino al limite della sopportabilità da parte della coppia. Per Bion lo spazio e il tempo derivano dalla capacità di tollerare l'assenza del seno materno, nella seduta esiste, come abbiamo già accennato uno spazio-tempo psicoanalitico, caratterizzato da fenomeni mentali che non rimangono circoscritti alla fisicità corporale ma permettono una comunicazione da inconscio ad inconscio che travalica i corpi e il tempo condiviso nella seduta. Si vive nel presente da differenziare da un presente congelato dagli attacchi sadici ed invidiosi che distruggono il passato ed il futuro. Il presente della seduta è caratterizzato da momenti di sintesi e congiunzione costante del fatto selezionato che permettono di integrare elementi fino ad allora dispersi. In questo modo può comparire una memoria spontanea che per Bion è la realtà psichica, non sensoriale. Per Olga Belmonte Lara de Nieves e Elsa del Valle Echegaray (2004) questa memoria spontanea è una congiunzione osservata nell'oscillazione tra la posizione schizoparanoide e depressiva e nel flusso contenuto verso contenitore. Ciò detto Olga Belmonte Lara de Nieves e Elsa del Valle Echegaray (2004) credono che esiste una certa ambiguità nelle concezioni dello spazio e del tempo in Bion, perché sebbene insiste sempre su una sua origine mentale emozionale, in qualche momento sostiene la differenza tra i tempi e gli spazi mentali e gli obbiettivi o reali.
Paulo Cesar Sandler (2002) ritiene che il “senso di realtà” si sviluppa quando la persona tollera che l'oggetto che è conosciuto e l'oggetto che è sconosciuto sono lo stesso in un solo oggetto. La persona non nega la verità come gli idealisti né la divide come i realisti. Il senso di verità fa divenire possibile quella che mi sembra la posizione psicoanalitica fondamentale: la tolleranza del paradosso senza tentativi affrettati di risolverli.
Così come per Einstein è più corretto parlare di spaziotempo, in quanto i due aspetti (cronologico e spaziale) sono inscindibilmente correlati tra loro, per Bion è corretto parlare di uno spaziotempo della seduta.
Il sostantivo “tempo” (ingl. Time , ted. Zeit ) significa fondamentalmente la successione irreversibile degli istanti, dei minuti, delle ore, dei giorni, ecc.
La vita psichica dell'uomo si dispiega nel tempo. Tutti gli atti mentali ed i comportamenti, da quelli più semplici a quelli più organizzati e complessi, si collocano in un punto lungo il cammino cronologico della vita individuale
Il concetto del tempo che abbiamo in Occidente deriva dalla filosofia greca, dal tempo progettuale dei filosofi greci, da Platone che considerava il tempo
Parmenide sosteneva che la vera essenza della realtà è eterna: in cui coesistono presente, passato e futuro: l' “O”!
Henri Bergson è il più vicino al pensiero di Bion, il tempo deve essere considerato in termini temporali e non spaziali. Per avere un'idea di come il concetto di tempo si sia sviluppato in Bion, per quanto riguarda gli apporti dei filosofi e dei mistici in Occidente, rimando al lavoro di Paulo Cesar Sandler (2002, 2006) e per l'apporto del pensiero filosofico indiano, rimando al lavoro di Mario Giampà (2003).
Voglio sottolineare che quando Bion parla di
Per la metafisica (cioè la conoscenza) orientale, l'essere puro non è il primo e più universale principio, poiché esso è già una determinazione; bisogna dunque andare al di là dell'essere ed è perfino quel che più importa. Per questa ragione, in ogni concezione veramente metafisica (cioè conoscenza), bisogna sempre riservare la parte all'inesprimibile; altresì tutto ciò che si può esprimere non è che letteralmente nulla rispetto a ciò che oltrepassa ogni espressione, nella stessa guisa che il finito, qualunque sia la sua grandezza, risulta nulla a confronto dell'infinito (Renè Guénon).
Sarà la
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Bibliografia
Bion Wilfred R ., Attenzione ed Interpretazione , Editore Armando Armando, Roma, 1973
Bion Wilfred R, Cogitations , Armando Editore, Roma, 1996
Bion Wilfred R, Memoria del futuro – Il sogno , Raffaello Cortina Editore, Milano,1993
Bion Wilfred R, Memoria del futuro – L'alba dell'Oblio , Raffaello Cortina Editore, Milano, 2007
Belmonte Lara de Nieves Olga, del Valle Echegaray Elsa, Paradojas del tiempo Bion Deleuze – Alicia en el pais de las maravillas , Editorial Dunken, Buenos Aires, 2004
Caldironi Luca, Giampà Mario, "La memoria come sogno, "Dream-like memory", http://www.psychomedia.it/neuro-amp/straord/b12-giampa.htm
Di Paola Furio, Il tempo della mente – saggio sul pensiero di Wilfred Bion , Edizioni – Ripatransone (AP), 1995
Galimberti Umberto, Dizionario di Psicologia , Utet, Torino 2006
Giampà Mario, “Bion e il pensiero filosofica indiano”, “Attualità in Psicologia”, trimestrale di studi ed esperienze in psicologia, psichiatria e neuropsichiatria,. Edizioni Universitarie Romane, vol. 19 – n. 3 – 4 , 2004. Roma .
Guénon Renè , La metafisica Orientale , Studi iniziatici, Napoli, senza data
Hulin Michel, Sankara e il Vedanta, Il pensiero Indiano, vol. VII° , Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma, 1996
Langlands Neves Sonia, Materia vivente e sistemi pensanti - pensiero e processo psicoterapeutico a partire dall'opera di Bion. Dattiloscritto
Neri Claudio, Quali funzioni svolgono la fede e la fiducia nella seduta e nel lavoro analitico? Letto al Centro di Psicoanalisi Romano, 19 marzo 2004, dattiloscritto.
Riccio Dino e coll, L'ultimo Bion a confronto con l'ultimo Freud sulle antinomie fondanti l'esistenza umana (nostre “cogitations”) , dattiloscritto, convegno Bion Torino, 97
Safra Gilberto, Fundamentos teologicos das teorias psicanalitica: Winnicott e o cristianismo, Bion e o hinduismo , IDE, n° 35, Sociedade Brasileira de Psicanàlise de São Paulo, Brasil, 2002
Salles Virginia, Le potenzialità terapeutiche degli stati non ordinari di coscienza , parte prima, Giornale Storico di Psicologia Dinamica, n. 54, Di Renzo editore, 2003
Sandler Paulo C., O desassossego de Russell, as irrelevancias de Dirac, IDE, junho 2002, n° 35
Traduzione italiana: http://www.psychomedia.it/pm/inther/psan/sandler.htm
Zimerman David E., Bion da teoria à pratica, uma leitura didatica , Artmed Editora S. A., Porto Alegre, Brasil, 2004.
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Bion il mistico di Leonardo Ancona
Tratto da FUNZIONE GAMMA
Thttp://www.funzionegamma.edu/articolo.asp?id=207&id_numero=37
Se si vuole trattare della mistica nel pensiero di Bion, riconoscendone la presenza, è innanzitutto necessario precisare cosa, nell'Autore, mistico non è: perché i fraintendimenti al proposito sono molteplici e frequenti.
La prima considerazione che si propone riguarda il fatto che la mistica di Bion non coincide con quella propria del campo religioso, dove essa si definisce nei termini seguenti:"Esperienza spirituale in cui, posta l'assoluta realtà del divino, lo spirito individuale conquista la propria perfezione nella massima adeguazione e risoluzione possibile di sé in tale realtà" (G.Devoto, G.C.Oli, 1980).
Il pensiero di Bion rimane infatti incontestabilmente laico, ancorchè non ateo, anche se egli tratta di una verità assoluta che non può mai essere conosciuta direttamente (1970), riconoscendo peraltro che i mistici religiosi si sono probabilmente al massimo grado avvicinati alla espressione di questa esperienza. Grotstein (2000) ha sottolineato al riguardo: "I posit that unconscious is perhaps as close to God experience as mankind can ever hope to achieve" (2000) e Schneider ha precisato questo riferimento dicendo che non si tratta di una : "religious experience per sé, but a spiritual, mystical unconscious perception" (2003).
Il contenuto "mistico" di Bion non si ritrova certamente nemmeno in ciò che A. Ferro, lo psicoanalista italiano che più di tutti ha esplorato in modo magistrale i contributi dell'Autore, ha denotato come "mystical drift" (2005); questo orientamento non consiste soltanto nel leggere Bion come un testo sacro e non scientifico, ma soprattutto, sottolinea Ferro, nel vezzo di riferirsi a Bion con un "language for the initiated only, instead of one making explicit concepts which, after all, are simpleand useful ." essendo "also necessary to avoid using with patients a slang that, rather than potentially leading to transformations, would simply celebrate a ritual of belonging" . Come sicuramente Bion non avrebbe in alcun modo voluto, essendo per lui "impossible to be a Bionian" (Bion Talamo, 1987).
E ancora, non vi è certamente mistica dove Bion ha trattato della relazione fra il mistico ed il gruppo sostenendo che il primo, assimilato al genio, ha bisogno della istituzione, più specificamente del gruppo di riferimento, come quest'ultimo ha bisogno di lui; per il mistico è infatti necessario che il gruppo riceva ed applichi le sue rivelazioni, e per la istituzione che il mistico le esporti nel suo seno. Una relazione che può essere "simbiotica" e cioè che, anche se intrisa di sospetto e di ostilità, sia potenzialmente benevola e come tale reciprocamente vitale; oppure può essere "parassitaria" se il gruppo è primariamente polarizzato a distruggere il mistico o le sue idee, o quanto meno ad imporre le proprie verità. In questo caso le idee precipitano in un coagulo non più suscettibile di pensiero.
Nella recensione fatta al volume di J. e N. Symington (1996), R. Caper ha commentato al proposito che "the Bion's ideas of the mystic and the group are an abstraction from psychoanalytic experience.. specifically, the experience of a new idea or state of mind being resisted. A "mystic" in this reading is a new idea or something that conveys a new idea (this may be an interpretation, for exemple, or a projection of some state of the mind, for another.... Bion is providing a model of mysticism abstracted from his psychoanalytic experience of the interplay of interpretation, projection, containment and resistance. But this is a psychoanalytic model of mysticism and not a mystic model of psychoanalysis" (1998, p.420).
A questo punto occorre comunque sottolineare che questo modo di trattare del gruppo è evidentemente diverso, e inconfrontabile, con quello che Bion aveva elaborato negli anni '60 e per il quale era peraltro assurto alla celebrità; ricordo al proposito una sua comunicazione personale nella quale mi disse di non ritenere più valide le considerazioni che aveva fatto sulla dinamica di gruppo negli anni '50 - '60 e che solo dopo aver conosciuto il pensiero degli schizofrenici avrebbe potuto, e voluto, scrivere ancora sul gruppo. Un desiderio che non riuscì a realizzare.
Ad ogni modo il lavoro sul mistico ed il gruppo, pur non potendo identificare una mistica, si può assumere come il testimone di un intervenuto spartiacque fra due prospettive diverse del modo di pensare di Bion, di una radicale diversione, a partire dalla metà degli anni '70, dal modo abituale di pensiero che egli aveva avuto in precedenza.
Si deve dire al proposito che nel corso del suo procedere clinico analitico Bion era giunto a notevoli livelli di profondità, mettendo in luce contenuti mentali, e loro modo di codificazione, ritenuti da tutti assolutamente straordinari: la sua dinamica della identificazione proiettiva realistica, i pensieri in cerca di un pensatore, gli oggetti bizzarri, gli elementi alfa o beta, la griglia.; questi e altri concetti rivoluzionari, soprattutto quello di aver posto la conoscenza (K) in una nuova posizione, dandole la stessa cardinalità attribuita alle pulsioni di amore (L) e di odio (H), indicano bene come Bion fosse entrato nel mondo della complessità (Langlands) e che ciò gli aveva dimostrato la insufficienza del modo ordinario di pensare e dell'uso della logica comune, proponendo un nuovo tipo di logica: da quella aristotelica-kantiana seguita in precedenza ad una nuova logica che si potrebbe dire platonica-matteblanchiana.
Più di un Autore della psicoanalisi contemporanea aveva offerto a Bion uno spunto per questo superamento, fra di essi D. Winnicott, J. Bowlby, P. Fonagy; ma soprattutto I. Mattte Blanco col suo discorso sull'infinito, basato su processi di omogeinizzazione-simmetrizzazione (1975). Questo Autore, come peraltro anche gli altri che sono stati ricordati, riconoscevano la derivazione fondamentale del proprio pensiero da S. Freud, e la loro fedeltà allo stesso, ma di questo pensiero avevano elaborato in modo esponenziale e inatteso quanto vi era rimasto implicito.
Bion si trovò confrontato, e perplesso, di fronte a queste aperture e si può pensare che questo fatto sia stato probabilmente rinforzato alla esperienza esistenziale, un vero "evento catastrofico", vissuta da Bion in U.S.A., nel rapporto con Freud e con la psicoanalisi Nord-Americana. Sembra che in quel frangente, Bion abbia addirittura temuto per la propria incolumità personale.
L'esperienza Nord-Americana con grande probabilità si innestò col suo momento di crisi, scuotendo radicalmente la mentalità sulla quale egli si era sin a quel momento impostato; che era una mentalità "militare",una dimensione che egli aveva evidentemente trasfuso nella sua concezione di gruppo e che, per quanto nascosta era stata in lui determinante: per essere egli stato, a 21 anni, comandante di tank nella prima guerra mondiale, per aver condotto nel 1942 la selezione di ufficiali nel W.O.S.B. (War Office Selection Board), valutati in "compiti di gruppo" di natura pratica secondo i principi lewiniani (1936); per avere presieduto, al Northfield Hospital, alla riabilitazione di reduci in dissesto dal fronte di guerra.
Come conseguenza di tutto ciò Bion aveva introdotto nella psicoterapia fatta al Northfield una mentalità di "regime militare", continuata anche dopo la sua partenza dall'Ospedale e che si era trovata in forte opposizione alla mentalità medica e terapeutica del luogo; al punto che Main (1977) non aveva mancato di mettere in evidenza questa unilaterale e idiosincrasica replica della esperienza di guerra in un ospedale e di sottolineare la contestazione che essa ne aveva ricevuto.
Questo presupposto è provato comunque dal fatto che l'approccio di Bion al gruppo fu caratterizzato in radice dalla esperienza personale della "appartenenza, raggiunta tramite l'attività". Un approccio che aveva trovato rinforzo, quanto meno non era stato infirmato, dalla esperienza psicoanalitica fatta con M. Klein; fu quest'ultima che indusse infatti Bion a considerare quegli Assunti di Base che aveva rilevato nel gruppo a modo di strategie difensive contrapposte al conflitto e alle seriate minacce provenienti da un gruppo analitico. Non è senza significato il fatto che gli stessi Assunti di Base riportano a processi tipici di un gruppo militare in combattimento, esprimendo la Dipendenza la sudditanza dal comandante del reparto, l'Attacco/fuga il proprio della strategia militare, e l'Accoppiamento il riferimento ad un messianico ideale di salvezza, come era l' "Avanti Savoia!" delle truppe dell' Italia monarchica.
Prima di procedere in questa rivisitazione del pensiero di Bion è allora necessario elaborare liberamente, come si farebbe in una seduta psicoanalitica, sulle premesse e sulle conseguenze dinamiche del fatto che si è assunto essere capitato a Bion e la cui ricaduta si pensa che si sia fatta sentire sul suo modo di vivere la psicoanalisi.
Sembra dunque di poter dire che la sua impostazione mentale di tipo "militare", e dove in alcun modo è possibile ritrovare una connotazione di "mistico", già messa in crisi dalla evoluzione della psicoanalisi contemporanea, venne repentinamente a cadere in seguito all'esperienza nord-Americana; facendo sì che il Bion degli ultimi tempi, a partire dalle Conferenze brasiliane fino alla Memoria del futuro e alle Conferenze romane , risulti decisamente diverso da quello originario; anzi, ha detto al proposito I. Matte Blanco, nei suoi ultimi scritti Bion "At times even seems impatient with the restrictions that such notions put on the understanding-of, and fusing-with, his present self-whole: the drama of the difference and at the same time the identity between part and whole" (1981).
In realtà a E. O'Shaughnessy (2005) il pensiero più recente di Bion "becomes less boundaried, the defects of these very qualities make the texts too open, too pro- and e-vocative, and weakened by riddling meanings" è apparso - "meno disciplinato, troppo aperto, troppo pro- ed e- evocativo, indebolito da significati enigmatici", in quanto il linguaggio incomincia a soffrire dei difetti della sua qualità. La stessa Autrice ha precisato che "By less disciplined I mean mixing and blurring categories of discourse, embracing contradictions, and sliding between ideas rather than linking them.These features are apparent, indeed intentional, in A memoir of the future (1975,1977, 1979); they are part of the spirit in which Bion offers his autobiographical trilogy. They are present, too,in his later psychoanalytic papers and in the seminar records".
Di fatto Grinberg, Sor, Tabac de Bianchedi (1993), hanno da parte loro sottolineato la natura particolare dei concetti e termini usati dall'ultimo Bion; ad esempio quello di "cesura" (1977), indicante la separazione tra due stati mentali (conscio/inconscio, follia/salute mentale, presente/futuro, sogno ad occhi apert/sogno p.d. etc.), di "trascesa della cesura" come condizione ultima della crescita mentale, di "necessità" della sua indagine e di sua possibile patologia, il concetto di "linguaggio della affettività o della sostituzione", quello di "unisono" e più in generale la "estensione spaziale del concetto di mente" comprendente anche l'infra e l'ultra-sensoriale" nonchè il modello della "continuità" temporale fra il presente e la vita intra-uterina; tutti concetti meno scientifici e più insaturi di quelli del discorso più preciso e formale dei primi lavori e scritti bioniani ma anche più veri e interessanti, ciò che ha indotto A. Ferro a sentirli "the most fascinating precisely because of the insaturity of his texts and the opening of meaning which it continuously allows"..(2000 cit.).
Vi è stato anche chi ha messo in collimazione quest'ultima dimensione del pensiero di Bion all'emergere dalla profondità del suo spirito di antichi imprinting e costrutti mentali che sino a quel tempo erano stati assenti dallo scenario della sua vita: le radici culturali primordiali del millenario pensiero indiano alle quali Bion era stato esposto nella sua prima infanzia: era nato in India e aveva avuto per qualche anno una "tata" indiana.
In questo pensiero "la credenza fondamentale è l'irrealtà trascendente del mondo fenomenico. Mentre i sensi, per noi occidentali, ci appaiono testimoni e garanti irrefutabili, in India sono origine di errore e illusione cosmica. Per gli Indiani la sola realtà immediata, incontestabile, è quella che dà la coscienza, l'intuizione, che rivela al di sopra degli aspetti ingannevoli dell'Io, l'Assoluto, sia in forma positiva, l'Essere in sé, sia la forma negativa, il nulla" (M. Giampà, 2000).
Mario Giampà, psicoanalista S.P.I., ha di fatto elaborato questa derivazione culturale di Bion, discussa nel suo contributo alla presente raccolta di file e che parte dalla assunzione di Partenope Bion, secondo la quale nel padre "vi era certamente un livello, una stratificazione che era diventata del tutto inconscia di una conoscenza di una lingua indoeuropea che è stata completamente dimenticata" (Bion Talamo, 1997).
In realtà l'India ha inventato lo zero; Bion vi è del pari arrivato, partendo dal concetto di "capacità negativa" preso da Keats (1817), transitando per quella "sospensione di memoria, desiderio, comprensione" che egli considerava come la situazione ottimale per l'analisi, e tramite la stessa giungendo alla possibilità di "stato mentale insaturo, poli-senso, dream-like", cioè a quell' "0" che può essere sperimentato solo per attimi.si viene così a formulare un concetto di "infinito" e "senza forma" che ricorda la teorizzazione di inconscio proposta da Matte Blanco, nel suo L'inconscio come insiemi infiniti, (Giampà, Caldironi, 2004).
A questo proposito nella trilogia " Memoria del Futuro ", ( Il sogno ), Bion ha scritto: "Ciò che sto dicendo, e le nostre componenti fisiche e sensoriali, sono manipolabili mediante la teoria degli insiemi. I pensieri associati ad un pensatore sono essi pure riconducibili alla teoria degli insiemi. La mente, la personalità, la relazione, il "credere" non lo sono; non possono neppure essere ragionevolmente definiti. La "definizione ragionevole" comporta la "restrizione" ad una "congiunzione costante".
E nella nota 14 relativa a questo brano si legge: "Questo approccio sembra illuminare molti degli eventi ed episodi che mi sono familiari quando faccio uso della psicoanalisi per esplorare la personalità.Tutto ciò è particolarmente illuminante rispetto a pensieri e a idee che non sono mai stati consci, vale a dire alle vestigia residue di qualcosa che sembra essere un pensare primordiale risalente ad ancor prima della nascita": un modello che indica uno stato collegato alla scoperta e alla creatività.
E qui la "mistica" che ricerchiamo in Bion sta proprio di casa; si tratta di quella che Elizabeth Tabac (2005) ha denotato " philosophic mysticism, as a doctrine which, recognizing the impotence fo human reason to solve the fundamental metaphysical problems, approaches them with a special intuitive knowledge". La stessa Autrice aggiunge che: "I believe we psychoanalysts also (but not only) deal with fundamental metaphysical problems :life and its sense, death, being, plus the search for truth about psychic reality - thruth/reality which ultimately many of us consider infinite and unknowable but whose search implies learning and mental growth. And many of us believe that intuition is one of our tools in this search; that intuition will, sometimes, produce a revelation/discovery. Believing this implies an "act of scientific faith" (Bion, 1970) and, philosophically, a move from Kant to Plato".
E' evidente quanto si è qui lontani dal pensare razionale che aveva caratterizzato Bion all'inizio della sua esplorazione del campo psichico; questo cambiamento è provato dal fatto che mentre nel 1962, in Learning from Experience " 0" denotava il processo e l'esperienza del giungere a conoscere, l' 0 sensoriale che deriva dall'impatto con una realtà fisica o psichica (uno scenario), nei lavori più recenti si mescola con l'ultima realtà, la verità, assoluta, la divinità, l'infinito, la cosa-in-se stessa; perché dietro l' 0 sensoriale, di per sé già a potenzialità infinita, vi è un altro 0, non sensoriale, misterioso e di natura intuizionista, in una parola lo zero come l'origine di tutte le cose; ciò è provato anche dalla trasformazione subita, come si dirà nel seguito, dal concetto di "elemento beta" ed è evidente che ora per Bion la autentica posizione psicoanalitica, la psicoanalisi scientifica, sta nella conquista della " dream-like memory "; proprio questa nella sua evoluzione conduce a quel vertice assoluto della vita mentale che per Bion coincide col divenire, coll' essere nell' 0 non sensoriale, o meglio ad una spirale crescente di trasformazioni in K e trasformazioni in 0: il termine al quale lo psicoanalista deve ad ogni modo concentrare tutta la propria tensione, mirando agli attimi di attunement col paziente. Per capire, al massimo,il fatto che non si capisce più niente. Ed è qui che si raggiunge la soglia della mistica!.
Per comprendere adeguatamente questa trasformazione occorre tuttavia una propedeutica del pensiero, che parte dalla necessità di oltrepassare la "conoscenza a impianto" che è quella tradizionale, illuministica, categoriale, basata sul principio post hoc erga propter hoc ad una conoscenza ad essa antinomica: quella "a reticolo", dimensionale, anzi pluri-dimensionale, dove post hoc, erga ante hoc . Una conoscenza dove scompare la distinzione fra oggetto osservato e osservatore, dove il percipiente modifica il percepito e viceversa e dove la relatività, non l'assiomaticità, la verosimiglianza e non la verità costituiscono il codice del conoscere (Ancona 1999).
La psicoanalisi classica ha di fatto introdotto questa nuova possibilità di conoscenza, sostituendo in grande parte del suo procedere il gioco della induzione/deduzione con quello della abduzione, e indicando le tracce da seguire per giungere alla meta da conoscere: non certo i fatti di rilievo, nitidi, processabili secondo il procedimento razionale del controllo, ma quelli di margine, evanescenti e residui, mitici, processati in chiave emotivo/affettiva e conoscibili solo per partecipazione inconscia.
Tuttavia la psicoanalisi classica è rimasta ancora intrappolata nelle maglie della intellezione, della conoscenza a impianto, ancorata cioè a quel procedere "ocnofilico" (Balint, 1937) che le ha impedito di allargare il mondo interno dei suoi pazienti alla loro natura relazionale multi-personale, "filobatica"; un rifiuto che le è costato sia la defezione di Jung sia la integrazione del proprio codice scientifico con quello analitico di gruppo.
Anche Bion nella fase kleiniana della sua elaborazione era evidentemente rimasto impigliato in queste remore della intellettualizzazione ma al punto della sua trasformazione qui in esame se ne era liberato, costringendo pertanto il suo lettore a operare una analoga trasformazione del suo pensiero, transitando dalla logica aristotelico-kantiana seguita in precedenza ad una nuova logica, che si potrebbbe dire platonica-matteblanchiana.
Secondo questa logica l'essenza del lavoro psicoanalitico consiste nel cogliere intuitivamente la verità del soggetto in analisi, e nel trasformarsi con lui ed in lui.
Lungo questa dimensione Bion è giunto a configurare "a pre-natal level of the mind and...related to this primitive level, the conjecture of the existence of a sub-thalamic terror as a possible explanation of certain human violent actions without previous thought.
Lo ha messo in evidenza Elizabeth Tabac (cit.), che ha parlato della instaurazione di un modo qualitativo di "feel and tolerate the emotional storm of being mentally in touchwith someone else, to make the best of feelings and thoughts without putting barriers in the mind, to tolerate the dangerous emotional experience of the meeting of pre-natal and post-natal parts of the personality, to practice psychoanalysis not excluding the intuition of the most primitive aspects of the mind, and to tolerat not understanding, hopefully searching for news ideas and trying to make them public in a creative way".
Si comprende allora bene perché l'analizzando deve abituarsi "a sostare con la sua emozione - paura vicino a questo ignoto, indeterminabile come essere o come non essere, il senza forma, l'infinito, l'ineffabile, il non esistente." (M. Giampà, cit.).
Per questa drammatica vicenda l'analista è tentato di immobilizzarsi nella posizione paranoide-schizoide in cerca di pensieri imprevedibili, -- like the officer wth his soldiers on the battlefield (Bion 1978, 1980) - e il senso che allora lo pervade è la consapevolezza - "that in the session one is concerned with two dangerous an ferocious animals" (Bion, 1978, 1980); perché anche il proprio apparato di pensiero è, come quello del suo analizzato, primitivo e appena abbozzato - he himself is a "bad news" in so far as he cannot be completely analysed and that, at the end of his anlysis "I have to make the best I can of who I am" (ivi).
Allo scopo di realizzare questo fine l'analista come già accennato deve porsi necessariamente in uno "stato quanto più possibile vicino al sogno, cioè deve proporsi di udire quanto il paziente fa sapere come se si stesse sognando, in uno stato di rêverie. Questo stato ha in comune con il sogno il fatto di un maggiore slegamento dagli stimoli esterni, rendendo possibile in questo modo un maggiore contatto con gli stimoli interni: il che equivale a lasciarsi toccare emozionalmente dal paziente. Allo stesso tempo questo stato è diverso dal sogno, nella misura in cui l'analista deve mantenersi in certo modo legato alla realtà esterna, cioè legato al paziente e legato anche a certe circostanze come il tempo (attenzione all' orario) e lo spazio (accorgersi ad esempio di un eventuale incendio). Ciò fa sì che questo stato di rêverie assomigli a, e si differenzi da, uno stato di allucinazione vicino a quello della psicosi." (S.Langslands, cit.).
E' lo stato "privo di memoria, di desiderio, di comprensione", che porta direttamente all' 0. La sua immaginazione porterà allora lo psicoanalista non tanto e non solo a combinare elementi già dati per produrne un altro, ma alla capacità di produrre una nuova forma e di vedere ciò che non era lì. E di avvertire al contempo di essere in ciò del tutto solo.
In questa impresa Bion non si rivela mai come an orthodox thinker; if anything, he is a mystical one who knows thruth to be unreachable, but also that we cannot give up going towards it, even if the journey is painful and sometimes impossible (Ferro, cit.). Il suo è un guardare senza cercare di vedere, una attesa che qualcosa si organizzi, un significato si imponga, all'interno di un campo nel quale non si cerca niente.
Questa stessa situazione confusiva è d'altra parte quella che prova il lettore di Bion nell'affrontare testi che, come si ha nella Memoria del Futuro e nei suoi ultimi, tramite narrazioni meravigliose e visionarie adottano uno stile altamente figurativo, nella forma di film o di tragedie. Testi che - dice con pertinenza Tabac de Bianchedi - (cit.) "- which are impossible to synthesize, banalize, or bury as something already known, since one has to read them (preferably aloud, in a group context) without memory, desire or understanding, appreciating the poetry, the science-fiction, the verbal fun, as well as the many short psycoanalytic essays included....taking up Bion's use of Keats's definition (cit.) of "language of achievement" and "negative capability" e resistendo decisamente all'idea di essere di fronte a testi psicotici. Come si verifica in questo frammento del 1975:
"CAPT. BION : I stared at the speck of mud trembling on the straw.Wot 'happened then? 'E fell on is arse. And 'is Arse wuz angry and said, Get of my arse! You've done nothing but throw shit at me all yore life and now you expects Englands to be my booty! Boo-ootiful soup; in a shell-hole in Flanders Felds. Legs and guts.must 'ave bin twenty men in there-Germ'um and frogslegs and all strarts!" .
L'analista, Bion, il lettore, si perdono in questo mare, sono acciecati e contemporaneamente illuminati, hanno paura e attingono per ciò stesso all' acme della pienezza.
Sono assolutamente congruenti, allora, le conclusioni che sul piano clinico Sonia Langslands ha tratto da tutto ciò: "nell' analisi le associazioni di idee si comporterebbero come una successione di metonimie che indicano un cammino, mentre i vari significanti si comporterebbero come una associazione di metafore che indicano le trasformazioni che, ad ogni momento, capitano in questo percorso. Affinchè io possa aiutare il mio paziente a seguitare facendo la sua propria poesia, bisogna però che io sia da un lato partecipe nella relazione con il mio paziente e da un altro che io possa avere sufficiente umiltà per mostrare al mio paziente che egli può fare a meno di me per lasciare spazio alle idee che gli piacerebbe sperimentare per conto proprio. Solo così, partendo da questa esperienza di vincolo e di separazione potrò aiutare il mio paziente a poter essere in grado tanto di fidarsi della sua stessa capacità di creare vincoli per il mondo, da adesso in avanti, quanto di sopportare le separazioni, che è infatti la stessa cosa che poter accettare la propria condizione di dipendenza e di isolamento" (cit.).
E' in questa particolare e intensa dinamica, teorica e clinica, che come si è già sottolineato si realizza compiutamente la "mistica" in cui Bion sta ed alla quale conduce: una mistica laica ma del tutto corrispondente a quella dell' estasi religiosa, alla quale può comunque fare da intelaiatura e da codice interpretativo. In ambedue i casi si richiede infatti un "atto di Fede": scientifica nel lavoro psicoanalitico (1970), religiosa nel campo del sacro.
Valga per tutti la seguente considerazione: in uno studio sulla dinamica della mistica religiosa chi scrive aveva svolto nel 1966 l'analisi di una Santa, la carmelitana S.ta Maria Maddalena de' Pazzi ed aveva proposto il riconoscimento, in essa come in tutti i casi analoghi di franche nevrosi nei santi, della inserzione nella struttura psichica umana di una forza soprannaturale capace di trasformare il merito delle azioni umane, unificandole. Egli aveva poi definito questo processo col termine di "surlimazione", in analogia con quanto si denota sul piano clinico come "sublimazione", un processo contrapposto al precedente perché invece di essere promosso dall' alto viene dal basso, svolgendosi solo nella sfera delle pulsioni istintuali e quindi tale da lasciare l'uomo al suo livello.
Il proposito era stato pertanto quello di prospettare la surlimazione come una corrente ascensionale che attraversa ogni vivente, da ciascuno potendo peraltro essere o negato, o trascurato, o fatto proprio secondo le più varie disponibilità, raggiungendo il colmo della fruizione nel mistico.
Ora, se si guarda con attenzione alle cose, è possibile cogliere una sconcertante analogia, quasi una sovrapposizione, fra questa raffigurazione dinamica e un aspetto fondante della teoria di Bion: il metabolismo degli elementi beta nella loro trasformazione in elementi alfa.
Nella prima parte della sua evoluzione teorica Bion aveva pensato che gli elementi beta fossero costituiti da impressioni sensoriali non trasformate: fatti grezzi della esperienza emotiva, indigeriti, inadatti alle operazioni del pensiero ed estremamente mobili, tendenti come tali alla esternazione, alla proiezione, all'agglomerazione caotica del pensiero psicotico; uno stato selvaggio sul quale sarebbe intervenuta la "funzione addomesticante" (Ferro, 1999) degli elementi alfa.
Questa concezione non soddisfa tuttavia dal punto di vista della clinica, e Matte Blanco ha avuto buon gioco nel dimostrare le contraddizioni interne di questo punto di vista. Egli ha affermato al proposito: "My puzzlement increases or at least is not solved when I consider.the beta-elements; . I do not succeed in being at peace with the beta-elements... I cannot digest them....from my own vantage point, the beta-elements appears to me something rather an open wound" (1981, cit.).
Di fatto nella sua elaborazione successiva, quella che qui interessa, Bion giunse a concepire gli elementi beta come la matrice arcaica della funzione alfa, rudimentali precursori del contenuto mentale, alla ricerca di un contenitore trasformativo: una esperienza simbolica uditiva e ritmica incominciata già durante la vita intra-uterina (Meltzer, Harris, 1989) e come tale possibile origine sia della psicosi che della mistica.
In questa prospettiva gli elementi beta hanno radicalmente perduto la connotazione di cosa degradata che prima li connotava, appartengono all' 0 intuizionista ed esprimono in qualche modo la dinamica dello "stato nascente"; essi si rivelano come i "pensieri bizzarri' del sogno e dell'inconscio individuale e collettivo, essendo pertanto possibili sorgenti di creatività. Di fatto essi subiscono una sorta di evoluzione trascendente verso il sublime o verso l'abbietto: essi possono infatti transitare dalle parti profonde del sistema cerebrale a quelle superiori della corteccia oppure, in mancanza di questa trascesa, continuare ad attivare quelle emotive della primordialità: rappresentando così nel primo caso il divenire mistico, nel secondo quello psicotico; e la prima eventualità pare essere proprio quella della "surlimazione".
Conosciamo tutti molto bene come questa dinamica si svolge nel quadro proposto da Bion (1962): il neonato non può esimersi dal riversare nel seno psichico della sua nutrice raffiche di elementi mortiferi, costituenti un sensoriale asimbolico del quale intende sbarazzarsi. Ed è proprio della madre adeguata atteggiarsi a quella rêverie che permette l'accoglimento di queste bordate di elementi beta e la loro metabolizzazione nei simboli vitali degli elementi alfa. Che poi essa porge al neonato, promuovendone l'ulteriore sviluppo in quanto questi re-introietta, insieme agli elementi alfa, anche la stessa funzione elaboratrice della madre.
In mancanza di che, le istanze mortifere ricadono raddoppiate sul piccolo, inondandolo di morte e sprofondandolo in un "terrore senza nome", premessa della sua possibile futura psicotizzazione e comunque addossandogli l' elaborazione di quel compito di trasformazione che la mancanza della rêverie materna non ha compiuto.
Orbene, proprio questa è la dinamica che si dispiega nel quadro che Benedetto XVI (2006) ha descritto relativamente al processo teologico dell'Amore: questo parte dal basso come eros , amore sensualizzato e ascendente e si trasforma in agape , amore spiritualizzato e discendente, mirando al proprio oggetto; ritornando quindi in circolo come carità compiuta e possibile origine di stato mistico. La circolarizzazione, analoga alla re-introiezione della dimensione alfa!
Ma se questo è lo scenario che si dispiega alla mente, allora l'incombere originario su di essa di innumerevoli elementi beta richiama direttamente il principio bioniano che il primo l'inizio della vita umana e della conoscenza si svolge a partire dalle pre-concezioni (Bion, cit.), rappresentanti di elementi beta e costituenti una sorta di disposizione innata in attesa di realizzazione; viene da ciò un sentimento di attesa, una multidimensionalità illimitata, a-simbolica ed espressa come emozione pura, destinata ad incontrarsi con l'esperienza sensoriale: cioè con quella tri-dimensionalità della logica che prelude alla conoscenza. Ne deriva che la prima dimensione non può ovviamente essere contenuta nella seconda se non riducendosi, e cioè che è possibile conoscere soltanto le risultanti spazio-temporali delle esperienze emozionali. La loro traduzione in realtà percepita ne risulta pertanto drammaticamente limitata, mentre la loro verità rimane quella di un campo emotivo inconoscibile, senza dimensioni, l' 0, una totalità indefinibile che affascina e terrorizza.
Da parte sua anche Matte Blanco ha insistito sulla distinzione fra il sentire corporeo originario, indifferenziato, omogeneo, privo di spazio e di tempo, e come tale infinito e infinitizzante e quello del conoscere , dividente ed eterogeneizzante; denotando il primo come "simmetrico" il secondo come "a-simmetrico", due modi inconciliabili ed antitetici.
E poiché la conoscenza logica appartiene al modo a-simmetrico, ci ritroviamo di nuovo nell'impossibile contenimento della simmetria nella a-simmetria: uno scarto incolmabile tra il sentire e il pensare, per cui il pensato è sempre uno scarto, una "pallida rappresentazione, una parziale estrazione di relazioni tri-dimensionalizzabili rispetto alla totalità multidimensionale emozionalmente sperimentata" (F.Oneroso, 2004).
Questo stesso fatto rende indispensabile che solo un gruppo sia particolarmente adibito a riceverne l'impatto in quanto nel suo seno vi è qualcuno, quello più sintonico alla situazione contingente, che sente risuonare in sé uno dei pensieri vagolanti nel campo gruppale, lo capta e lo esprime verbalmente: una funzione della mistica laica, che trova riscontro in ciò che si verifica nella mistica del sacro.
Questa ulteriore elaborazione della psicodinamica conferma pertanto la sua possibile collimazione con quella della mistica p.d.; innanzitutto nel fatto che in essa si verifica la consapevolezza, quasi sempre vaga e inavvertita ma possibilmente piena e definitiva, che Dio eccede incommensurabilmente la creatura umana e che essa si ritrova ad essere quell' "aleph", quel soffio istantaneo di nulla, quel "nada" che è stato magistralmente indicato da Qoheleth (1987).
La stessa collimazione si ritrova anche nel fatto che la mistica sacra si fonda in realtà sulla orazione continuata e approfondita, la quale si appropria dell' incessante flusso soprannaturale che secondo Paolo attraversa la creatura umana: un flusso dal quale è comunque possibile alienarsi, ignorandolo, contestandolo, inaridendolo oppure è possibile accettare, coinvolgendovisi sempre di più.
Proprio come si verifica nella riuscita "alfabetizzazione" degli elementi beta, disposta a costituire la mistica laica della quale è stato qui discorso, oppure nel suo fallimento, condizione del funzionamento psicotico.
Per queste considerazioni sembra essere del tutto congruente la seguente affermazione di Grotstein:
"I believe Bion left behind the saturated pre-conceptions of the psychoanalytic establishment and ventured inward in a soul-searching, mystic journey with what I have come to believe was a mission to transcend the positivistic certainity of its determinism and "messianically" return it to its provenance in numinous parallax and doubt, where the ultimate mystic and relativistic "science of man" truly resides. What emerged perhaps become the state of the art in psychoanalytic metatheory and metapsychology" (1996).
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Se si vuole trattare della mistica nel pensiero di Bion, riconoscendone la presenza, è innanzitutto necessario precisare cosa, nell'Autore, mistico non è: perché i fraintendimenti al proposito sono molteplici e frequenti.
La prima considerazione che si propone riguarda il fatto che la mistica di Bion non coincide con quella propria del campo religioso, dove essa si definisce nei termini seguenti:"Esperienza spirituale in cui, posta l'assoluta realtà del divino, lo spirito individuale conquista la propria perfezione nella massima adeguazione e risoluzione possibile di sé in tale realtà" (G.Devoto, G.C.Oli, 1980).
Il pensiero di Bion rimane infatti incontestabilmente laico, ancorchè non ateo, anche se egli tratta di una verità assoluta che non può mai essere conosciuta direttamente (1970), riconoscendo peraltro che i mistici religiosi si sono probabilmente al massimo grado avvicinati alla espressione di questa esperienza. Grotstein (2000) ha sottolineato al riguardo: "I posit that unconscious is perhaps as close to God experience as mankind can ever hope to achieve" (2000) e Schneider ha precisato questo riferimento dicendo che non si tratta di una : "religious experience per sé, but a spiritual, mystical unconscious perception" (2003).
Il contenuto "mistico" di Bion non si ritrova certamente nemmeno in ciò che A. Ferro, lo psicoanalista italiano che più di tutti ha esplorato in modo magistrale i contributi dell'Autore, ha denotato come "mystical drift" (2005); questo orientamento non consiste soltanto nel leggere Bion come un testo sacro e non scientifico, ma soprattutto, sottolinea Ferro, nel vezzo di riferirsi a Bion con un "language for the initiated only, instead of one making explicit concepts which, after all, are simpleand useful ." essendo "also necessary to avoid using with patients a slang that, rather than potentially leading to transformations, would simply celebrate a ritual of belonging" . Come sicuramente Bion non avrebbe in alcun modo voluto, essendo per lui "impossible to be a Bionian" (Bion Talamo, 1987).
E ancora, non vi è certamente mistica dove Bion ha trattato della relazione fra il mistico ed il gruppo sostenendo che il primo, assimilato al genio, ha bisogno della istituzione, più specificamente del gruppo di riferimento, come quest'ultimo ha bisogno di lui; per il mistico è infatti necessario che il gruppo riceva ed applichi le sue rivelazioni, e per la istituzione che il mistico le esporti nel suo seno. Una relazione che può essere "simbiotica" e cioè che, anche se intrisa di sospetto e di ostilità, sia potenzialmente benevola e come tale reciprocamente vitale; oppure può essere "parassitaria" se il gruppo è primariamente polarizzato a distruggere il mistico o le sue idee, o quanto meno ad imporre le proprie verità. In questo caso le idee precipitano in un coagulo non più suscettibile di pensiero.
Nella recensione fatta al volume di J. e N. Symington (1996), R. Caper ha commentato al proposito che "the Bion's ideas of the mystic and the group are an abstraction from psychoanalytic experience.. specifically, the experience of a new idea or state of mind being resisted. A "mystic" in this reading is a new idea or something that conveys a new idea (this may be an interpretation, for exemple, or a projection of some state of the mind, for another.... Bion is providing a model of mysticism abstracted from his psychoanalytic experience of the interplay of interpretation, projection, containment and resistance. But this is a psychoanalytic model of mysticism and not a mystic model of psychoanalysis" (1998, p.420).
A questo punto occorre comunque sottolineare che questo modo di trattare del gruppo è evidentemente diverso, e inconfrontabile, con quello che Bion aveva elaborato negli anni '60 e per il quale era peraltro assurto alla celebrità; ricordo al proposito una sua comunicazione personale nella quale mi disse di non ritenere più valide le considerazioni che aveva fatto sulla dinamica di gruppo negli anni '50 - '60 e che solo dopo aver conosciuto il pensiero degli schizofrenici avrebbe potuto, e voluto, scrivere ancora sul gruppo. Un desiderio che non riuscì a realizzare.
Ad ogni modo il lavoro sul mistico ed il gruppo, pur non potendo identificare una mistica, si può assumere come il testimone di un intervenuto spartiacque fra due prospettive diverse del modo di pensare di Bion, di una radicale diversione, a partire dalla metà degli anni '70, dal modo abituale di pensiero che egli aveva avuto in precedenza.
Si deve dire al proposito che nel corso del suo procedere clinico analitico Bion era giunto a notevoli livelli di profondità, mettendo in luce contenuti mentali, e loro modo di codificazione, ritenuti da tutti assolutamente straordinari: la sua dinamica della identificazione proiettiva realistica, i pensieri in cerca di un pensatore, gli oggetti bizzarri, gli elementi alfa o beta, la griglia.; questi e altri concetti rivoluzionari, soprattutto quello di aver posto la conoscenza (K) in una nuova posizione, dandole la stessa cardinalità attribuita alle pulsioni di amore (L) e di odio (H), indicano bene come Bion fosse entrato nel mondo della complessità (Langlands) e che ciò gli aveva dimostrato la insufficienza del modo ordinario di pensare e dell'uso della logica comune, proponendo un nuovo tipo di logica: da quella aristotelica-kantiana seguita in precedenza ad una nuova logica che si potrebbe dire platonica-matteblanchiana.
Più di un Autore della psicoanalisi contemporanea aveva offerto a Bion uno spunto per questo superamento, fra di essi D. Winnicott, J. Bowlby, P. Fonagy; ma soprattutto I. Mattte Blanco col suo discorso sull'infinito, basato su processi di omogeinizzazione-simmetrizzazione (1975). Questo Autore, come peraltro anche gli altri che sono stati ricordati, riconoscevano la derivazione fondamentale del proprio pensiero da S. Freud, e la loro fedeltà allo stesso, ma di questo pensiero avevano elaborato in modo esponenziale e inatteso quanto vi era rimasto implicito.
Bion si trovò confrontato, e perplesso, di fronte a queste aperture e si può pensare che questo fatto sia stato probabilmente rinforzato alla esperienza esistenziale, un vero "evento catastrofico", vissuta da Bion in U.S.A., nel rapporto con Freud e con la psicoanalisi Nord-Americana. Sembra che in quel frangente, Bion abbia addirittura temuto per la propria incolumità personale.
L'esperienza Nord-Americana con grande probabilità si innestò col suo momento di crisi, scuotendo radicalmente la mentalità sulla quale egli si era sin a quel momento impostato; che era una mentalità "militare",una dimensione che egli aveva evidentemente trasfuso nella sua concezione di gruppo e che, per quanto nascosta era stata in lui determinante: per essere egli stato, a 21 anni, comandante di tank nella prima guerra mondiale, per aver condotto nel 1942 la selezione di ufficiali nel W.O.S.B. (War Office Selection Board), valutati in "compiti di gruppo" di natura pratica secondo i principi lewiniani (1936); per avere presieduto, al Northfield Hospital, alla riabilitazione di reduci in dissesto dal fronte di guerra.
Come conseguenza di tutto ciò Bion aveva introdotto nella psicoterapia fatta al Northfield una mentalità di "regime militare", continuata anche dopo la sua partenza dall'Ospedale e che si era trovata in forte opposizione alla mentalità medica e terapeutica del luogo; al punto che Main (1977) non aveva mancato di mettere in evidenza questa unilaterale e idiosincrasica replica della esperienza di guerra in un ospedale e di sottolineare la contestazione che essa ne aveva ricevuto.
Questo presupposto è provato comunque dal fatto che l'approccio di Bion al gruppo fu caratterizzato in radice dalla esperienza personale della "appartenenza, raggiunta tramite l'attività". Un approccio che aveva trovato rinforzo, quanto meno non era stato infirmato, dalla esperienza psicoanalitica fatta con M. Klein; fu quest'ultima che indusse infatti Bion a considerare quegli Assunti di Base che aveva rilevato nel gruppo a modo di strategie difensive contrapposte al conflitto e alle seriate minacce provenienti da un gruppo analitico. Non è senza significato il fatto che gli stessi Assunti di Base riportano a processi tipici di un gruppo militare in combattimento, esprimendo la Dipendenza la sudditanza dal comandante del reparto, l'Attacco/fuga il proprio della strategia militare, e l'Accoppiamento il riferimento ad un messianico ideale di salvezza, come era l' "Avanti Savoia!" delle truppe dell' Italia monarchica.
Prima di procedere in questa rivisitazione del pensiero di Bion è allora necessario elaborare liberamente, come si farebbe in una seduta psicoanalitica, sulle premesse e sulle conseguenze dinamiche del fatto che si è assunto essere capitato a Bion e la cui ricaduta si pensa che si sia fatta sentire sul suo modo di vivere la psicoanalisi.
Sembra dunque di poter dire che la sua impostazione mentale di tipo "militare", e dove in alcun modo è possibile ritrovare una connotazione di "mistico", già messa in crisi dalla evoluzione della psicoanalisi contemporanea, venne repentinamente a cadere in seguito all'esperienza nord-Americana; facendo sì che il Bion degli ultimi tempi, a partire dalle Conferenze brasiliane fino alla Memoria del futuro e alle Conferenze romane , risulti decisamente diverso da quello originario; anzi, ha detto al proposito I. Matte Blanco, nei suoi ultimi scritti Bion "At times even seems impatient with the restrictions that such notions put on the understanding-of, and fusing-with, his present self-whole: the drama of the difference and at the same time the identity between part and whole" (1981).
In realtà a E. O'Shaughnessy (2005) il pensiero più recente di Bion "becomes less boundaried, the defects of these very qualities make the texts too open, too pro- and e-vocative, and weakened by riddling meanings" è apparso - "meno disciplinato, troppo aperto, troppo pro- ed e- evocativo, indebolito da significati enigmatici", in quanto il linguaggio incomincia a soffrire dei difetti della sua qualità. La stessa Autrice ha precisato che "By less disciplined I mean mixing and blurring categories of discourse, embracing contradictions, and sliding between ideas rather than linking them.These features are apparent, indeed intentional, in A memoir of the future (1975,1977, 1979); they are part of the spirit in which Bion offers his autobiographical trilogy. They are present, too,in his later psychoanalytic papers and in the seminar records".
Di fatto Grinberg, Sor, Tabac de Bianchedi (1993), hanno da parte loro sottolineato la natura particolare dei concetti e termini usati dall'ultimo Bion; ad esempio quello di "cesura" (1977), indicante la separazione tra due stati mentali (conscio/inconscio, follia/salute mentale, presente/futuro, sogno ad occhi apert/sogno p.d. etc.), di "trascesa della cesura" come condizione ultima della crescita mentale, di "necessità" della sua indagine e di sua possibile patologia, il concetto di "linguaggio della affettività o della sostituzione", quello di "unisono" e più in generale la "estensione spaziale del concetto di mente" comprendente anche l'infra e l'ultra-sensoriale" nonchè il modello della "continuità" temporale fra il presente e la vita intra-uterina; tutti concetti meno scientifici e più insaturi di quelli del discorso più preciso e formale dei primi lavori e scritti bioniani ma anche più veri e interessanti, ciò che ha indotto A. Ferro a sentirli "the most fascinating precisely because of the insaturity of his texts and the opening of meaning which it continuously allows"..(2000 cit.).
Vi è stato anche chi ha messo in collimazione quest'ultima dimensione del pensiero di Bion all'emergere dalla profondità del suo spirito di antichi imprinting e costrutti mentali che sino a quel tempo erano stati assenti dallo scenario della sua vita: le radici culturali primordiali del millenario pensiero indiano alle quali Bion era stato esposto nella sua prima infanzia: era nato in India e aveva avuto per qualche anno una "tata" indiana.
In questo pensiero "la credenza fondamentale è l'irrealtà trascendente del mondo fenomenico. Mentre i sensi, per noi occidentali, ci appaiono testimoni e garanti irrefutabili, in India sono origine di errore e illusione cosmica. Per gli Indiani la sola realtà immediata, incontestabile, è quella che dà la coscienza, l'intuizione, che rivela al di sopra degli aspetti ingannevoli dell'Io, l'Assoluto, sia in forma positiva, l'Essere in sé, sia la forma negativa, il nulla" (M. Giampà, 2000).
Mario Giampà, psicoanalista S.P.I., ha di fatto elaborato questa derivazione culturale di Bion, discussa nel suo contributo alla presente raccolta di file e che parte dalla assunzione di Partenope Bion, secondo la quale nel padre "vi era certamente un livello, una stratificazione che era diventata del tutto inconscia di una conoscenza di una lingua indoeuropea che è stata completamente dimenticata" (Bion Talamo, 1997).
In realtà l'India ha inventato lo zero; Bion vi è del pari arrivato, partendo dal concetto di "capacità negativa" preso da Keats (1817), transitando per quella "sospensione di memoria, desiderio, comprensione" che egli considerava come la situazione ottimale per l'analisi, e tramite la stessa giungendo alla possibilità di "stato mentale insaturo, poli-senso, dream-like", cioè a quell' "0" che può essere sperimentato solo per attimi.si viene così a formulare un concetto di "infinito" e "senza forma" che ricorda la teorizzazione di inconscio proposta da Matte Blanco, nel suo L'inconscio come insiemi infiniti, (Giampà, Caldironi, 2004).
A questo proposito nella trilogia " Memoria del Futuro ", ( Il sogno ), Bion ha scritto: "Ciò che sto dicendo, e le nostre componenti fisiche e sensoriali, sono manipolabili mediante la teoria degli insiemi. I pensieri associati ad un pensatore sono essi pure riconducibili alla teoria degli insiemi. La mente, la personalità, la relazione, il "credere" non lo sono; non possono neppure essere ragionevolmente definiti. La "definizione ragionevole" comporta la "restrizione" ad una "congiunzione costante".
E nella nota 14 relativa a questo brano si legge: "Questo approccio sembra illuminare molti degli eventi ed episodi che mi sono familiari quando faccio uso della psicoanalisi per esplorare la personalità.Tutto ciò è particolarmente illuminante rispetto a pensieri e a idee che non sono mai stati consci, vale a dire alle vestigia residue di qualcosa che sembra essere un pensare primordiale risalente ad ancor prima della nascita": un modello che indica uno stato collegato alla scoperta e alla creatività.
E qui la "mistica" che ricerchiamo in Bion sta proprio di casa; si tratta di quella che Elizabeth Tabac (2005) ha denotato " philosophic mysticism, as a doctrine which, recognizing the impotence fo human reason to solve the fundamental metaphysical problems, approaches them with a special intuitive knowledge". La stessa Autrice aggiunge che: "I believe we psychoanalysts also (but not only) deal with fundamental metaphysical problems :life and its sense, death, being, plus the search for truth about psychic reality - thruth/reality which ultimately many of us consider infinite and unknowable but whose search implies learning and mental growth. And many of us believe that intuition is one of our tools in this search; that intuition will, sometimes, produce a revelation/discovery. Believing this implies an "act of scientific faith" (Bion, 1970) and, philosophically, a move from Kant to Plato".
E' evidente quanto si è qui lontani dal pensare razionale che aveva caratterizzato Bion all'inizio della sua esplorazione del campo psichico; questo cambiamento è provato dal fatto che mentre nel 1962, in Learning from Experience " 0" denotava il processo e l'esperienza del giungere a conoscere, l' 0 sensoriale che deriva dall'impatto con una realtà fisica o psichica (uno scenario), nei lavori più recenti si mescola con l'ultima realtà, la verità, assoluta, la divinità, l'infinito, la cosa-in-se stessa; perché dietro l' 0 sensoriale, di per sé già a potenzialità infinita, vi è un altro 0, non sensoriale, misterioso e di natura intuizionista, in una parola lo zero come l'origine di tutte le cose; ciò è provato anche dalla trasformazione subita, come si dirà nel seguito, dal concetto di "elemento beta" ed è evidente che ora per Bion la autentica posizione psicoanalitica, la psicoanalisi scientifica, sta nella conquista della " dream-like memory "; proprio questa nella sua evoluzione conduce a quel vertice assoluto della vita mentale che per Bion coincide col divenire, coll' essere nell' 0 non sensoriale, o meglio ad una spirale crescente di trasformazioni in K e trasformazioni in 0: il termine al quale lo psicoanalista deve ad ogni modo concentrare tutta la propria tensione, mirando agli attimi di attunement col paziente. Per capire, al massimo,il fatto che non si capisce più niente. Ed è qui che si raggiunge la soglia della mistica!.
Per comprendere adeguatamente questa trasformazione occorre tuttavia una propedeutica del pensiero, che parte dalla necessità di oltrepassare la "conoscenza a impianto" che è quella tradizionale, illuministica, categoriale, basata sul principio post hoc erga propter hoc ad una conoscenza ad essa antinomica: quella "a reticolo", dimensionale, anzi pluri-dimensionale, dove post hoc, erga ante hoc . Una conoscenza dove scompare la distinzione fra oggetto osservato e osservatore, dove il percipiente modifica il percepito e viceversa e dove la relatività, non l'assiomaticità, la verosimiglianza e non la verità costituiscono il codice del conoscere (Ancona 1999).
La psicoanalisi classica ha di fatto introdotto questa nuova possibilità di conoscenza, sostituendo in grande parte del suo procedere il gioco della induzione/deduzione con quello della abduzione, e indicando le tracce da seguire per giungere alla meta da conoscere: non certo i fatti di rilievo, nitidi, processabili secondo il procedimento razionale del controllo, ma quelli di margine, evanescenti e residui, mitici, processati in chiave emotivo/affettiva e conoscibili solo per partecipazione inconscia.
Tuttavia la psicoanalisi classica è rimasta ancora intrappolata nelle maglie della intellezione, della conoscenza a impianto, ancorata cioè a quel procedere "ocnofilico" (Balint, 1937) che le ha impedito di allargare il mondo interno dei suoi pazienti alla loro natura relazionale multi-personale, "filobatica"; un rifiuto che le è costato sia la defezione di Jung sia la integrazione del proprio codice scientifico con quello analitico di gruppo.
Anche Bion nella fase kleiniana della sua elaborazione era evidentemente rimasto impigliato in queste remore della intellettualizzazione ma al punto della sua trasformazione qui in esame se ne era liberato, costringendo pertanto il suo lettore a operare una analoga trasformazione del suo pensiero, transitando dalla logica aristotelico-kantiana seguita in precedenza ad una nuova logica, che si potrebbbe dire platonica-matteblanchiana.
Secondo questa logica l'essenza del lavoro psicoanalitico consiste nel cogliere intuitivamente la verità del soggetto in analisi, e nel trasformarsi con lui ed in lui.
Lungo questa dimensione Bion è giunto a configurare "a pre-natal level of the mind and...related to this primitive level, the conjecture of the existence of a sub-thalamic terror as a possible explanation of certain human violent actions without previous thought.
Lo ha messo in evidenza Elizabeth Tabac (cit.), che ha parlato della instaurazione di un modo qualitativo di "feel and tolerate the emotional storm of being mentally in touchwith someone else, to make the best of feelings and thoughts without putting barriers in the mind, to tolerate the dangerous emotional experience of the meeting of pre-natal and post-natal parts of the personality, to practice psychoanalysis not excluding the intuition of the most primitive aspects of the mind, and to tolerat not understanding, hopefully searching for news ideas and trying to make them public in a creative way".
Si comprende allora bene perché l'analizzando deve abituarsi "a sostare con la sua emozione - paura vicino a questo ignoto, indeterminabile come essere o come non essere, il senza forma, l'infinito, l'ineffabile, il non esistente." (M. Giampà, cit.).
Per questa drammatica vicenda l'analista è tentato di immobilizzarsi nella posizione paranoide-schizoide in cerca di pensieri imprevedibili, -- like the officer wth his soldiers on the battlefield (Bion 1978, 1980) - e il senso che allora lo pervade è la consapevolezza - "that in the session one is concerned with two dangerous an ferocious animals" (Bion, 1978, 1980); perché anche il proprio apparato di pensiero è, come quello del suo analizzato, primitivo e appena abbozzato - he himself is a "bad news" in so far as he cannot be completely analysed and that, at the end of his anlysis "I have to make the best I can of who I am" (ivi).
Allo scopo di realizzare questo fine l'analista come già accennato deve porsi necessariamente in uno "stato quanto più possibile vicino al sogno, cioè deve proporsi di udire quanto il paziente fa sapere come se si stesse sognando, in uno stato di rêverie. Questo stato ha in comune con il sogno il fatto di un maggiore slegamento dagli stimoli esterni, rendendo possibile in questo modo un maggiore contatto con gli stimoli interni: il che equivale a lasciarsi toccare emozionalmente dal paziente. Allo stesso tempo questo stato è diverso dal sogno, nella misura in cui l'analista deve mantenersi in certo modo legato alla realtà esterna, cioè legato al paziente e legato anche a certe circostanze come il tempo (attenzione all' orario) e lo spazio (accorgersi ad esempio di un eventuale incendio). Ciò fa sì che questo stato di rêverie assomigli a, e si differenzi da, uno stato di allucinazione vicino a quello della psicosi." (S.Langslands, cit.).
E' lo stato "privo di memoria, di desiderio, di comprensione", che porta direttamente all' 0. La sua immaginazione porterà allora lo psicoanalista non tanto e non solo a combinare elementi già dati per produrne un altro, ma alla capacità di produrre una nuova forma e di vedere ciò che non era lì. E di avvertire al contempo di essere in ciò del tutto solo.
In questa impresa Bion non si rivela mai come an orthodox thinker; if anything, he is a mystical one who knows thruth to be unreachable, but also that we cannot give up going towards it, even if the journey is painful and sometimes impossible (Ferro, cit.). Il suo è un guardare senza cercare di vedere, una attesa che qualcosa si organizzi, un significato si imponga, all'interno di un campo nel quale non si cerca niente.
Questa stessa situazione confusiva è d'altra parte quella che prova il lettore di Bion nell'affrontare testi che, come si ha nella Memoria del Futuro e nei suoi ultimi, tramite narrazioni meravigliose e visionarie adottano uno stile altamente figurativo, nella forma di film o di tragedie. Testi che - dice con pertinenza Tabac de Bianchedi - (cit.) "- which are impossible to synthesize, banalize, or bury as something already known, since one has to read them (preferably aloud, in a group context) without memory, desire or understanding, appreciating the poetry, the science-fiction, the verbal fun, as well as the many short psycoanalytic essays included....taking up Bion's use of Keats's definition (cit.) of "language of achievement" and "negative capability" e resistendo decisamente all'idea di essere di fronte a testi psicotici. Come si verifica in questo frammento del 1975:
"CAPT. BION : I stared at the speck of mud trembling on the straw.Wot 'happened then? 'E fell on is arse. And 'is Arse wuz angry and said, Get of my arse! You've done nothing but throw shit at me all yore life and now you expects Englands to be my booty! Boo-ootiful soup; in a shell-hole in Flanders Felds. Legs and guts.must 'ave bin twenty men in there-Germ'um and frogslegs and all strarts!" .
L'analista, Bion, il lettore, si perdono in questo mare, sono acciecati e contemporaneamente illuminati, hanno paura e attingono per ciò stesso all' acme della pienezza.
Sono assolutamente congruenti, allora, le conclusioni che sul piano clinico Sonia Langslands ha tratto da tutto ciò: "nell' analisi le associazioni di idee si comporterebbero come una successione di metonimie che indicano un cammino, mentre i vari significanti si comporterebbero come una associazione di metafore che indicano le trasformazioni che, ad ogni momento, capitano in questo percorso. Affinchè io possa aiutare il mio paziente a seguitare facendo la sua propria poesia, bisogna però che io sia da un lato partecipe nella relazione con il mio paziente e da un altro che io possa avere sufficiente umiltà per mostrare al mio paziente che egli può fare a meno di me per lasciare spazio alle idee che gli piacerebbe sperimentare per conto proprio. Solo così, partendo da questa esperienza di vincolo e di separazione potrò aiutare il mio paziente a poter essere in grado tanto di fidarsi della sua stessa capacità di creare vincoli per il mondo, da adesso in avanti, quanto di sopportare le separazioni, che è infatti la stessa cosa che poter accettare la propria condizione di dipendenza e di isolamento" (cit.).
E' in questa particolare e intensa dinamica, teorica e clinica, che come si è già sottolineato si realizza compiutamente la "mistica" in cui Bion sta ed alla quale conduce: una mistica laica ma del tutto corrispondente a quella dell' estasi religiosa, alla quale può comunque fare da intelaiatura e da codice interpretativo. In ambedue i casi si richiede infatti un "atto di Fede": scientifica nel lavoro psicoanalitico (1970), religiosa nel campo del sacro.
Valga per tutti la seguente considerazione: in uno studio sulla dinamica della mistica religiosa chi scrive aveva svolto nel 1966 l'analisi di una Santa, la carmelitana S.ta Maria Maddalena de' Pazzi ed aveva proposto il riconoscimento, in essa come in tutti i casi analoghi di franche nevrosi nei santi, della inserzione nella struttura psichica umana di una forza soprannaturale capace di trasformare il merito delle azioni umane, unificandole. Egli aveva poi definito questo processo col termine di "surlimazione", in analogia con quanto si denota sul piano clinico come "sublimazione", un processo contrapposto al precedente perché invece di essere promosso dall' alto viene dal basso, svolgendosi solo nella sfera delle pulsioni istintuali e quindi tale da lasciare l'uomo al suo livello.
Il proposito era stato pertanto quello di prospettare la surlimazione come una corrente ascensionale che attraversa ogni vivente, da ciascuno potendo peraltro essere o negato, o trascurato, o fatto proprio secondo le più varie disponibilità, raggiungendo il colmo della fruizione nel mistico.
Ora, se si guarda con attenzione alle cose, è possibile cogliere una sconcertante analogia, quasi una sovrapposizione, fra questa raffigurazione dinamica e un aspetto fondante della teoria di Bion: il metabolismo degli elementi beta nella loro trasformazione in elementi alfa.
Nella prima parte della sua evoluzione teorica Bion aveva pensato che gli elementi beta fossero costituiti da impressioni sensoriali non trasformate: fatti grezzi della esperienza emotiva, indigeriti, inadatti alle operazioni del pensiero ed estremamente mobili, tendenti come tali alla esternazione, alla proiezione, all'agglomerazione caotica del pensiero psicotico; uno stato selvaggio sul quale sarebbe intervenuta la "funzione addomesticante" (Ferro, 1999) degli elementi alfa.
Questa concezione non soddisfa tuttavia dal punto di vista della clinica, e Matte Blanco ha avuto buon gioco nel dimostrare le contraddizioni interne di questo punto di vista. Egli ha affermato al proposito: "My puzzlement increases or at least is not solved when I consider.the beta-elements; . I do not succeed in being at peace with the beta-elements... I cannot digest them....from my own vantage point, the beta-elements appears to me something rather an open wound" (1981, cit.).
Di fatto nella sua elaborazione successiva, quella che qui interessa, Bion giunse a concepire gli elementi beta come la matrice arcaica della funzione alfa, rudimentali precursori del contenuto mentale, alla ricerca di un contenitore trasformativo: una esperienza simbolica uditiva e ritmica incominciata già durante la vita intra-uterina (Meltzer, Harris, 1989) e come tale possibile origine sia della psicosi che della mistica.
In questa prospettiva gli elementi beta hanno radicalmente perduto la connotazione di cosa degradata che prima li connotava, appartengono all' 0 intuizionista ed esprimono in qualche modo la dinamica dello "stato nascente"; essi si rivelano come i "pensieri bizzarri' del sogno e dell'inconscio individuale e collettivo, essendo pertanto possibili sorgenti di creatività. Di fatto essi subiscono una sorta di evoluzione trascendente verso il sublime o verso l'abbietto: essi possono infatti transitare dalle parti profonde del sistema cerebrale a quelle superiori della corteccia oppure, in mancanza di questa trascesa, continuare ad attivare quelle emotive della primordialità: rappresentando così nel primo caso il divenire mistico, nel secondo quello psicotico; e la prima eventualità pare essere proprio quella della "surlimazione".
Conosciamo tutti molto bene come questa dinamica si svolge nel quadro proposto da Bion (1962): il neonato non può esimersi dal riversare nel seno psichico della sua nutrice raffiche di elementi mortiferi, costituenti un sensoriale asimbolico del quale intende sbarazzarsi. Ed è proprio della madre adeguata atteggiarsi a quella rêverie che permette l'accoglimento di queste bordate di elementi beta e la loro metabolizzazione nei simboli vitali degli elementi alfa. Che poi essa porge al neonato, promuovendone l'ulteriore sviluppo in quanto questi re-introietta, insieme agli elementi alfa, anche la stessa funzione elaboratrice della madre.
In mancanza di che, le istanze mortifere ricadono raddoppiate sul piccolo, inondandolo di morte e sprofondandolo in un "terrore senza nome", premessa della sua possibile futura psicotizzazione e comunque addossandogli l' elaborazione di quel compito di trasformazione che la mancanza della rêverie materna non ha compiuto.
Orbene, proprio questa è la dinamica che si dispiega nel quadro che Benedetto XVI (2006) ha descritto relativamente al processo teologico dell'Amore: questo parte dal basso come eros , amore sensualizzato e ascendente e si trasforma in agape , amore spiritualizzato e discendente, mirando al proprio oggetto; ritornando quindi in circolo come carità compiuta e possibile origine di stato mistico. La circolarizzazione, analoga alla re-introiezione della dimensione alfa!
Ma se questo è lo scenario che si dispiega alla mente, allora l'incombere originario su di essa di innumerevoli elementi beta richiama direttamente il principio bioniano che il primo l'inizio della vita umana e della conoscenza si svolge a partire dalle pre-concezioni (Bion, cit.), rappresentanti di elementi beta e costituenti una sorta di disposizione innata in attesa di realizzazione; viene da ciò un sentimento di attesa, una multidimensionalità illimitata, a-simbolica ed espressa come emozione pura, destinata ad incontrarsi con l'esperienza sensoriale: cioè con quella tri-dimensionalità della logica che prelude alla conoscenza. Ne deriva che la prima dimensione non può ovviamente essere contenuta nella seconda se non riducendosi, e cioè che è possibile conoscere soltanto le risultanti spazio-temporali delle esperienze emozionali. La loro traduzione in realtà percepita ne risulta pertanto drammaticamente limitata, mentre la loro verità rimane quella di un campo emotivo inconoscibile, senza dimensioni, l' 0, una totalità indefinibile che affascina e terrorizza.
Da parte sua anche Matte Blanco ha insistito sulla distinzione fra il sentire corporeo originario, indifferenziato, omogeneo, privo di spazio e di tempo, e come tale infinito e infinitizzante e quello del conoscere , dividente ed eterogeneizzante; denotando il primo come "simmetrico" il secondo come "a-simmetrico", due modi inconciliabili ed antitetici.
E poiché la conoscenza logica appartiene al modo a-simmetrico, ci ritroviamo di nuovo nell'impossibile contenimento della simmetria nella a-simmetria: uno scarto incolmabile tra il sentire e il pensare, per cui il pensato è sempre uno scarto, una "pallida rappresentazione, una parziale estrazione di relazioni tri-dimensionalizzabili rispetto alla totalità multidimensionale emozionalmente sperimentata" (F.Oneroso, 2004).
Questo stesso fatto rende indispensabile che solo un gruppo sia particolarmente adibito a riceverne l'impatto in quanto nel suo seno vi è qualcuno, quello più sintonico alla situazione contingente, che sente risuonare in sé uno dei pensieri vagolanti nel campo gruppale, lo capta e lo esprime verbalmente: una funzione della mistica laica, che trova riscontro in ciò che si verifica nella mistica del sacro.
Questa ulteriore elaborazione della psicodinamica conferma pertanto la sua possibile collimazione con quella della mistica p.d.; innanzitutto nel fatto che in essa si verifica la consapevolezza, quasi sempre vaga e inavvertita ma possibilmente piena e definitiva, che Dio eccede incommensurabilmente la creatura umana e che essa si ritrova ad essere quell' "aleph", quel soffio istantaneo di nulla, quel "nada" che è stato magistralmente indicato da Qoheleth (1987).
La stessa collimazione si ritrova anche nel fatto che la mistica sacra si fonda in realtà sulla orazione continuata e approfondita, la quale si appropria dell' incessante flusso soprannaturale che secondo Paolo attraversa la creatura umana: un flusso dal quale è comunque possibile alienarsi, ignorandolo, contestandolo, inaridendolo oppure è possibile accettare, coinvolgendovisi sempre di più.
Proprio come si verifica nella riuscita "alfabetizzazione" degli elementi beta, disposta a costituire la mistica laica della quale è stato qui discorso, oppure nel suo fallimento, condizione del funzionamento psicotico.
Per queste considerazioni sembra essere del tutto congruente la seguente affermazione di Grotstein:
"I believe Bion left behind the saturated pre-conceptions of the psychoanalytic establishment and ventured inward in a soul-searching, mystic journey with what I have come to believe was a mission to transcend the positivistic certainity of its determinism and "messianically" return it to its provenance in numinous parallax and doubt, where the ultimate mystic and relativistic "science of man" truly resides. What emerged perhaps become the state of the art in psychoanalytic metatheory and metapsychology" (1996).
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GUGLIELMO CAMPIONE
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