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Reuven Feuerstein, la pedagogìa della mediazione e la modificabilità cognitiva strutturale


Ecco cosa dice Feuerstein a proposito dei test per misurare il QI: "Come si fa a dare un test ad un bambino chiudendolo in un'aula davanti ad un istruttore muto ed impassibile come una statua? Va confortato, aiutato, consolato. Allora forse riuscirà ad aprirsi".

"Non ci si deve accontentaredi rendere una persona autonoma, in modo che non pesi sulla società, ma bisogna portarne alla luce tutte le risorse perchè arrivi ad essere e a sentirsi socialmente utile".

"In molti casi, il cervello è come un'automobile che è rimasta impantanata; più si spinge sull'acceleratore, più si peggiora la situazione, ma basta una spinta per farla uscire dal blocco".

"Una delle cause maggiori dell'insuccesso scolastico sta nel tentativo di molti insegnanti di rimanere neutrali rispetto a ciò che trasmettono agli alunni. Invece di agire come mediatori di valori, si presentano come puri e semplici trasmettitori di informazioni".

"E' importante fissare la concentrazione del bambino su quello che fa, selezionando gli stimoli".

"Cercare un contatto visivo o fisico è una condizione essenziale per far arrivare un messaggio a destinazione. Il cervello, infatti, riceve meglio quando entrano in azione anche gli altri sensi: la vista, l'udito, il tatto".

"Il bambino non conosce il mondo attraverso i concetti, come l'adulto, ma attraverso le emozioni e l'affetto.

Per fargli capire un'idea, per farlo progredire, bisogna saper suscitare in lui queste sensazioni positive. Sarà più facile che capisca la luce e il buio guardando le candeline dell'albero di Natale e sentendo la gioia del momento, piuttosto che ascoltando le nostre spiegazioni.

Non basta insegnare, bisogna far sentire le cose".

"Per aprirsi i bambini hanno bisogno, prima di tutto, di constatare che dedichiamo attenzione e rispetto alle loro parole. Spesso basta ascoltarli con attenzione, in silenzio, senza sottoporli ad interrogatori assillanti, mettendosi nella situazione di chi vuole imparare, piuttosto di chi vuole insegnare; cercando le risposte, invece di essere convinti di possederle".

"A poco poco si impara ad imparare, si ricava cioè da questi stimoli una capacità di evoluzione autonoma ed indipendente e si cambia l'immagine che si ha di se stessi: Da persona che riceve passivamente delle informazioni a individuo in grado di generare attivamente un nuovo sapere".

"Avere l'esperienza del successo e possedere un senso di competenza sono le premesse per raggiungere qualsiasi obiettivo. Chi si crede un incapace non si fissa alcun proposito per paura dei fallimenti".

"I bambini vanno quindi incoraggiati a esprimere quello che desiderano, mettendo in evidenza le fasi necessarie per raggiungerlo. Si creano così delle attitudini come la pazienza, la volontà, la perseveranza, qualità fondamentali per ottenere quello che ci si prefigge".

"Sarebbe bene abituare i bambini fin da piccoli al piacere di provare cose nuove: una pietanza, un gioco, un amico, una passeggiata, uno sport o un'attività insolita. Stà a noi comunicare loro la volontà di esplorare il mondo con fiducia e curiosità".

"La sovrastimolazione è controproducente. Quando una mamma bombarda di stimoli il suo bambino, lui smette di prendere iniziative, appare insicuro e diventa troppo dipendente da lei".

"Persone con grandi handicap fisici ed intellettivi conducono oggi una vita normale, hanno un lavoro, in molti casi si sono fatti una famiglia. Il miracolo è possibile a una condizione: che non ci si rassegni ad accettarli come sono, ma si combatta fino all'ultimo per cambiarli, arricchirli, stimolarli in tutto i modi possibili, come si fa istintivamente quando si ricorre a ogni mezzo per rafforzare la salute dei propri figli. Così come, con opprtuni interventi, si possono migliorare le condizioni fisiche di un bambino, allo stesso modo le sue capacità intellettive possono essere sviluppate oltre le più ottimistiche previsioni".

"Professore, lei pensa allora che quello che per la gente è un ritardato possa raggiungere la normalità, possa in un certo senso diventare intelligente?" gli chiese un giorno un giovane psicologo. "Non lo penso, lo so. Lo sperimento ogni giorno" Rispose Reuven Feuerstein.



Feuerstein sostenne "che l'intelligenza non è un bagaglio genetico che non può essere mutato, un dato irreversibile con cui si nasce, come il colore degli occhi. All'opposto, è una capacità dinamica che si sviluppa, cambia, e, con interventi opportuni, può migliorare e crescere. Insomma si può insegnare."

"Non si nasce intelligenti. Letteralmente lo si diventa. L'intelligenza continua a crescere ben oltre il momento della nascita ed è possibile potenziarla, svilupparla, rafforzarla allo stesso modo in cui si potenziano, sviluppano e rafforzano i muscoli".

"Il test di intelligenza ti dice se stai andando a 40 o 100 Km l'ora, ma non svela niente del tuo motore, cioè del cervello e delle sue reali possibilità".

"Se Einstein fosse stato sottoposto a un test di intelligenza quando era piccolo, sarebbe stato considerato stupido: fino a 4 anni non aveva pronunciato una parola e, alle elementari, i suoi voti non erano certo brillanti".

"Quando nostro figlio è in difficoltà, di fronte ad una nuova situazione, se deve apprendere un nuovo compito, reprimiamo il nostro primo impulso a intervenire a a risolvere il problema per lui. Consideriamola invece una preziosa opportunità per fargli apprendere nuove abilità."

"La nostra esperienza ci dimostra che ogni persona, quali che siano la sua età, il suo handicap e la gravità del problema, è capace di modificarsi."

"Portare i bambini a riflettere sui meccanismi che hanno utilizzato per arrivare ad una decisione. Questo lavoro è di grande importanza se vogliamo trasformare un risultato, che spesso è frutto di uno sforzo occasionale, in uno strumento di analisi della realtà, applicabile in qualsiasi situazione".

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