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1° DICEMBRE : giornata mondiale contro l'AIDS 2015 : il virus dell’HIV e i comportamenti sessuali rischiosi oggi. di Maria Rita Milesi



Parlare di HIV e di AIDS non è sempre facile.

Gli ostacoli alla comunicazione su questo argomento derivano dal fatto che parlare di AIDS significa affrontare tematiche relative alla sessualità, ai rapporti sessuali (omo ed eterosessuali), all’uso corretto del preservativo, all’uso di sostanze stupefacenti e quindi tematiche che coinvolgono aspetti molto delicati e fortemente legati al clima educativo e religioso in cui tutti noi siamo immersi.

La prevenzione: difficoltà e ostacoli

I comportamenti per prevenire l’infezione da HIV si basano sulla conoscenza del virus e delle sue modalità di trasmissione. Sappiamo che tra i liquidi biologici in grado di veicolare l’infezione da HIV, oltre al sangue e al latte materno, vi sono lo sperma, il liquido precoitale e i secreti vaginali. Questo dovrebbe portare ciascuno ad attuare comportamenti responsabili nei confronti di sé e degli altri.

Eppure, la prevenzione rispetto al virus dell’HIV incontra numerosi ostacoli.

Per esempio, perché alcune persone rischiano se pur adeguatamente informate?

Un altro problema riguarda le particolari caratteristiche di questa patologia e il modo in cui è avvenuto il processo di divulgazione delle notizie dal momento della sua scoperta.

L’Aids è una malattia a decorso piuttosto lento e coinvolge un numero relativamente limitato di persone. Queste caratteristiche potrebbero aver causato una particolare condizione di “invisibilità” sociale degli ammalati di Aids agli occhi della maggioranza delle persone. Tale condizione di “invisibilità”, a sua volta, potrebbe favorire la sottostima del pericolo, ma anche l’incapacità di collegare le conoscenze possedute con i comportamenti adeguati a prevenire l’infezione.

Il ruolo dei mass-media


Nel corso di questi anni alcuni aspetti hanno contribuito a creare un clima di confusione e disorientamento, quali il tono allarmistico con cui sono stati presentati gli effetti della patologia, l’enfasi drammatica con cui è stata resa nota al grande pubblico la difficoltà a trovare farmaci adeguati a fronteggiarla.

Facendo un passo indietro, agli anni ottanta, si può ricordare come l’argomento Aids sia stato considerato e trattato dai mass media in modo tendenzialmente scandalistico, e questo non ha certamente contribuito a portare chiarezza.

Così, all’inizio, il messaggio trasmesso e divulgato dai media è stato preoccupante e liberatorio allo stesso tempo: esso comunicava al mondo che era comparsa una nuova malattia, che essa era incurabile, ma che colpiva solo alcuni individui, in particolare omosessuali e tossicodipendenti.

In una seconda fase il messaggio è stato parzialmente modificato: ora l’Aids poteva colpire tutti, anche chi non apparteneva ai gruppi a rischio, ma era sufficiente adottare alcune precauzioni basilari per prevenirlo.

Oggi, la maggior parte del mondo scientifico ha cominciato a rivalutare proprio l’influenza di alcuni stili di vita e di alcuni comportamenti a rischio sulla possibilità di contagio del virus HIV.

Perché alcune persone rischiano pur se adeguatamente informate?

Si è osservato che la conoscenza degli effetti negativi di un certo comportamento - riguardo alla salute in generale - e delle modalità per prevenire tali effetti non è di per sé sufficiente a indurre le persone ad adottare misure adeguate alla prevenzione. Ciò accade perché i processi psichici che mediano la relazione tra conoscenze e comportamenti sono assai numerosi e complessi.

Inoltre, per ciò che concerne l’HIV, significa affrontare un tema che coinvolge numerose dimensioni psicologiche, quali quelle dell’affettività, della relazione con gli altri, della sessualità e anche della morte.

La problematica relazionale

Introdurre un argomento razionale in un momento dominato dall’emotività può essere fonte di imbarazzo e di difficoltà di natura relazionale, di conseguenza può risultare molto difficile:

- la comunicazione riguardante l’HIV all’interno della coppia

- a negoziazione dell’utilizzo del preservativo

- l’autotutela, tra cui la capacità di dire di no

I rapporti sessuali si configurano come una situazione emotivamente e fisicamente coinvolgente in cui può essere estremamente difficile negoziare con il partner l’utilizzo di pratiche contraccettive efficaci; inoltre, per alcune persone può essere difficile superare la propria insicurezza nella gestione delle relazioni interpersonali con l’altro sesso.

Per molte persone (e soprattutto per i più giovani) può risultare particolarmente difficile programmare l’uso di metodi contraccettivi: predisporre in anticipo un’adeguata protezione contraccettiva implica accettare e segnalare al partner la propria disponibilità ad avere rapporti sessuali.

La segnalazione di disponibilità al rapporto può contribuire a favorire un’immagine di sé connotata negativamente: il soggetto preparato sul piano contraccettivo può essere percepito e giudicato come “sessualmente esperto”, e se si tratta di una ragazza, le connotazioni negative sono ancora più accentuate.

Esistono delle barriere psicologiche che ostacolano questo tipo di conversazione con il/la partner, inclusa la mancanza di modelli di ruolo appropriati per poter esprimere all’altro/a la richiesta e connotarla come segno di rispetto e di cura reciproca.

Le capacità di non subire passivamente le situazioni a rischio ma di agire attivamente in modo da sviluppare contromisure adeguate, sembrano più difficilmente gestibili da parte delle femmine, soprattutto le adolescenti: il principale fattore inibitorio è rappresentato dalla volontà di non rompere l’aura romantica che circonda il rapporto sessuale.

Perché non si utilizza il preservativo?

In molte persone è diffusa la convinzione che usare il preservativo renda meno piacevole il rapporto: tale opinione si riscontra in percentuale più elevata nei maschi che nelle femmine.

Un secondo elemento (relativo soprattutto ai più giovani, ma non solo) concerne l’imbarazzo nel comprare i preservativi: la maggioranza degli adolescenti, sia maschi che femmine, dichiara di essere a disagio nell’entrare in farmacia o al supermercato e di provare vergogna al momento dell’acquisto.

Un terzo aspetto si riferisce, invece, ad una percezione (anche questa riguardante soprattutto gli adolescenti): una percentuale piuttosto elevata di ragazzi ritiene che è molto o abbastanza diffusa tra essi l’abitudine di non usare il profilattico la prima volta che si fa l’amore con un/una partner nuovo/a.

Vi è poi la convinzione che il rapporto sessuale debba essere naturale, spontaneo, cosicché il contraccettivo viene percepito come un’interferenza al piacere personale e alla spontaneità. Soprattutto tra gli adolescenti sembra prevalere l’ideale dell’amore romantico, intenso, anche se di breve durata, che mal si armonizza con la preoccupazione di correre dei rischi.

In generale, possiamo dire che i nostri comportamenti contraccettivi sono guidati dalle seguenti concezioni:

- presentismo (agisco oggi e non penso troppo al domani)

- pragmatismo (non so cosa farò, deciderò sul momento)

- concezione fatalista della salute (se mi deve capitare, mi capiterà)

- reversibilità delle scelte (non è detto che debba sempre rischiare, quando deciderò di smettere, smetterò).

Le concezioni soggettive della salute

La salute è indubbiamente un valore per ognuno di noi. Se ne trovano molteplici testimonianze, sia nel senso comune, sia a livello scientifico. Basti pensare agli sforzi della medicina per debellare le malattie, gli investimenti economici nella ricerca, gli investimenti personali (diete, ginnastica, ecc.), il bombardamento dei mass-media sul tenerci sani ed in forma. Tuttavia, vi sono concezioni soggettive della salute e della malattia: per alcune persone altri valori sono considerati più importanti della salute, come ad esempio vivere una vita emozionante, che può portare anche all’adozione di comportamenti “a rischio”, senza preoccupazione per gli eventuali effetti nocivi, oppure la convinzione spesso irrealistica di poter controllare comunque gli eventi.

Molte malattie, infatti, sono dovute a comportamenti “non sani”, quali assunzione di droga, abuso di alcool, fumo, alimentazione sbagliata, mancanza di esercizio fisico, stile di vita stressante, non uso delle cinture di sicurezza.

Secondo il Modello delle credenze sulla salute (Health Belief Model, Becker 1974), le decisioni di un soggetto di compiere azioni che influenzano la propria condizione di salute in termini sia positivi (prevenzione) che negativi (comportamenti a rischio), sono governate da specifiche credenze sulla salute.
Esse riguardano:

1.Le credenze circa la suscettibilità o vulnerabilità che l’individuo sostiene di avere per una certa malattia. Molte persone considerano se stesse come invulnerabili a quasi tutte le malattie, una situazione nota comeottimismo irrealistico. La percezione del rischio personale è di gran lunga inferiore alla percezione del rischio altrui; in altre parole, gli eventi negativi sono visti molto più probabili accadere a qualcun altro piuttosto che a se stessi. Nel caso dell’AIDS, inoltre, il rischio è percepito più verso gruppi specifici (es. omosessuali) piuttosto che comportamenti specifici. Si instaurano reazioni di allontanamento e di negazione del problema. Ciò avviene perché il soggetto non tollera una continua percezione del rischio; inoltre, la vulnerabilità è un ammissione di fragilità.

2.La percezione di gravità di una certa malattia, che riguarda la considerazione di quanto seri potrebbero essere gli effetti di una malattia nella propria vita sul piano clinico e sociale.Di solito le persone si sentono relativamente poco minacciate dagli esiti negativi a lungo termine, che possono anche non verificarsi e sono difficili da immaginare. Questo è proprio il caso dell’HIV, dove le eventuali conseguenze negative dei comportamenti sessuali, poiché sono lontane nel tempo rispetto alla scelta comportamentale rischiosa, hanno scarse capacità inibitorie: non c’è una immediatezza tra cause ed effetti. Inoltre, tanto più un evento è percepito come grave (e l’AIDS è una sindrome che porta alla morte), meno è percepito come rischioso: ci si sente ancor più invulnerabili gravità e invulnerabilità sono due variabili che interagiscono tra di loro.

3.La percezione di efficacia, cioè dei costi e dei benefici che avrebbe una data azione volta a preservare la propria salute. Si è osservato che le persone che adottano comportamenti di prevenzione sono quelle per cui i costi sono minimi Per quanto riguarda l’HIV, l’azione di chiedere al partner di usare il preservativo potrebbe risultare costosa, ad esempio per la vergogna, oppure per il timore di allontanare o perdere l’altro.

La percezione di controllo sulla propria salute

Un altro fattore importante riguarda la percezione che la propria salute sia, almeno parzialmente, sotto il proprio controllo e la propria responsabilità (controllo interno) o dipenda, invece, totalmente da eventi esterni su cui è impossibile esercitare un controllo (controllo esterno).

Chi ritiene di poter incidere con il proprio comportamento sulla propria salute evita maggiormente i rapporti sessuali a rischio; al contrario, coloro che sono convinti che il destino della loro salute non sia nelle loro mani e non si percepiscono come responsabili di comportamenti sessuali che possono causare un danno alla salute conducono una vita sessuale promiscua. Inoltre, chi pensa che la propria salute sia sotto il proprio controllo fa un uso sistematico di metodi contraccettivi.

La percezione di efficacia

Una componente essenziale delle capacità/abilità necessarie per ridurre i comportamenti a rischio sembra essere rappresentata dalla Self-efficacy degli individui (Bandura, 1977), cioè dalle credenze/convinzioni delle persone relativamente alle proprie capacità di adottare con successo determinati comportamenti.

Il successo nell’adottare un comportamento non dipende solo dalla reale presenza delle capacità necessarie, ma anche dalla convinzione di essere capaci di utilizzare queste abilità nelle situazioni che lo richiedono. Infatti, quando una persona non è convinta delle sue capacità personali non riesce a gestire realmente la situazione, pur sapendo cosa fare e avendo la capacità per farlo. Un sentimento di inadeguatezza personale può produrre una discrepanza fra conoscenze sull’AIDS e adozione effettiva di comportamenti preventivi.

Gli interventi basati su questa metodologia hanno cercato di sviluppare, attraverso il training, soprattutto alcune capacità nei rapporti sessuali, quali l’assertività e la capacità di comunicare/negoziare con il partner.

Autotutela e assertività

La comunicazione assertiva è uno stile di comunicazione in cui chi comunica tende a porre sullo stesso piano se stesso e l’interlocutore. Questo significa che i bisogni propri e dell’altro, le idee proprie e dell’altro, gli obiettivi propri e dell’altro sono posti sullo stesso piano.

Nell’ambito di un’attività sessuale non a rischio, assertività significa saper difendere con convinzione il proprio desiderio di voler praticare un sesso sicuro, senza temere di essere rifiutati o di ferire i sentimenti del partner. Per poter fare questo, però, è necessario che i due membri della coppia siano capaci di comunicare fra di loro, in modo da poter negoziare con successo le intenzioni di adottare misure preventive nel rapporto sessuale.


Bibliografia


Becker MH (1974). The health belief model and personal health behaviour. Health Education Monographs; 2 (4): 324-473.

Bandura A. (1977). Self-efficacy: Toward a unifying theory of behavioral change, Psychological Review; 84: 191-215.





Dott.ssa Maria Rita Milesi

www.mariaritamilesi.it



'Ordine degli Psicologi della Regione Lombardia n. 03/8117 dal 24/03/2004


Laurea in Psicologia Clinica e di Comunità, e successivamente la specializzazione in Psicologia Clinica, presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.


Formazione in Psicoterapia Psicoanalitica.

Master di II Livello in Sessuologia Clinica presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Pisa.

Psico-oncologo di II livello della Società Italiana di Psico-Oncologia (SIPO)


Dal 2007 al 2013 ha insegnato presso l'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, in qualità di Professore a contratto. Ha tenuto per diversi anni i corsi di "Psiconcologia" e "Applicazioni di Tecniche del counselling" e ha seguito come relatore o correlatore numerose tesi di laurea degli studenti dell’Ateneo e svolto il ruolo di tutor per i tirocini post-laurea .

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