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Blog fondato da Guglielmo Campione www.guglielmocampione.it

La mente può trovarsi in stati diversi , il sonno ,il sogno, la trance,l'ipnosi,l'attenzione fluttuante,
l'estasi,la preghiera,la meditazione,la creatività artistica e scientifica,
l'esplorazione dello spazio e degli abissi marini,l'agonismo sportivo.

Stati della mente pubblica lavori originali o già pubblicati con il consenso degli autori, interviste e recensioni di libri e promuove eventi culturali e scientifici.

MEMORIE - LE SCULTURE IN TUFO DI PIERO RAGONE.





Memorie" è una raccolta della produzione in tufo di Piero Ragone iniziata nel 2005.

Le opere, a tutto tondo, di piccolo e medio formato, dialogano con una serie di bassorilievi montati su supporti in legno. Il contrasto tra il chiaro paglierino della calcarenite murgiana e il nero dei pannelli rende ancora più evidente il lavoro scultoreo, attento alle forme, ai volumi, ma anche alle superfici.


L’azione abrasiva o di levigatura esalta trame e vene proprie della materia, indagata per una ri-significazione di valenza non solo estetica.
 Il tufo, inerte povero comunemente utilizzato in edilizia, oltre che materia costitutiva dei più conosciuti Sassi di Matera, è eletto a tramite di una comunicazione di impronta arcaica, ma di concezione contemporanea, rivelatrice di possibilità espressive del tutto inedite.

“Memorie” è anche un percorso di collegamento dei sedimenti geologici con le ansie del nostro tempo, della ritrovata manualità con l’attività di pensiero, della lettura con la sperimentazione di un linguaggio che tende alla semplificazione, ma si fa carico della complessità relazionale, dei conflitti generati dalle diversità, dei problemi di affermazione identitaria.

Riferimento per queste sculture sono state, non di rado, letture, versi, pubblicazioni ricordate o accennate da semplici o sintetiche “citazioni”.

E’ il caso di “Da noi il pane …..aveva il sapore del grano” di Mario Trufelli, di “Sto come sfera su superficie liscia” di Nicol Ragone (dalla raccolta di poesie “Ventanni sono pochi”), di “Fascinazione” o “Sorgente dell’oblìo” ispirate dal racconto di Mimmo Sammartino “Vito ballava con le streghe”.

Un esempio ulteriore sono i motivi tratti dal romanzo di Anna Teresa Laurita “Nato con le ali” che hanno portato a “Geremia”, a “In-coscienza” e alla stessa “Nata con le ali”(il 30 ottobre presentate, insieme al libro, alla Biblioteca Nazionale di Potenza).

Una menzione merita anche “Memoria implicita” scaturita da un passaggio concettuale focalizzato in una discussione col mio amico psichiatra Guglielmo Campione sulle teorie e le tesi dello scienziato Wilfred Ruprecht Bion sulle forme di consapevolezza della fase fetale, che precedono la nascita.

Sempre sulla scrittura-lettura o meglio sulle domande esistenziali che vengono affrontate, si fondano alcuni progetti di pannelli la cui titolazione ne rilancia i contenuti di stretta attualità.

Ne sono esempio “Il principio dell’esonero”, “Iato” e “Psiche e techne” dell’omonimo volume del filosofo contemporaneo Umberto Galimberti o “Le streghe delle 7 pietre”, ancora della fiaba scritta da Sammartino (pannello donato al nascente museo del piccolo formato di Genzano di Lucania).

Altre connessioni, i corpi scultorei, le tentano verso sentimenti e psicologia, campi tanto sterminati quanto immateriali per antonomasia.
 E qui ritorna la necessità di comunicazione, con le sue difficoltà di comprensione, i vizi interpretativi, i filtri, l’uso strumentale delle parole.
 Una dinamica che si spinge dall’intenso impegno nell’attività di produzione dell’informazione regionale della sede RAI per la Basilicata a linguaggi non verbali frutto di indagine, stimoli, riflessioni e soprattutto pulsioni di carattere molto personale.
Una sensibilità manifesta che si interroga nel tentativo di raggiungere più profondi livelli di conoscenza e consapevolezza, con riduzioni della complessità all’essenziale o a modalità proprie di altri approcci ( semplificazione Zen, monotonalità del chiaro del tufo contrapposto al buio del nero).

Segni e sostanza, fuori e dentro, superficie e interiorità, luci e volumi che riportano nello spazio l’esilità della linea, la sua purezza, le sue curve riunite nella forma.
Il sedimento, la storia, il passato tornano attuali, rivivono nell’azione di recupero e riconsiderazione.
La ricerca di armonia pare indicare il consolidamento del presente quale premessa per una possibilità di futuro non negata o compromessa.
 Un ordine delle cose, della natura e dell’umanità dove il capitale di energia che ogni identità custodisce non chiede che di essere condiviso, in un rapporto di equilibrio con l’altro che non vuole e non può prescindere dal diritto all’amore.

Fare scultura – giocare con la materia - scolpire, incontrare il materiale – ispezionarlo – tentare di stabilire un rapporto - trovare indizi.
Il dialogo comincia partendo da un dettaglio, un “punto cerniera” attorno al quale ruoterà ciò che del blocco si salverà e rimarrà “in relazione” a quel punto e a tutti gli altri riferimenti dimensionali, formali, volumetrici, di esposizione alla luce, oltre che all’attenzione. Il mio intrigo è risolvere l’assetto fra tracce e consistenza del corpo scultoreo. Nell’approccio fin qui esercitato, l’alternanza di zone levigate, lisciate, arrotondate, quasi modellate, con fasce rigate, taglienti, rugose, avvolgenti o scavate da “un’azione temporalmente importante”, massimizzano la risultanza di un contrasto, di integro e vissuto, di nascosto e rivelato, di mistero e di denuncia, di tenero e di dolore intenso. Una dicotomia che potrebbe andare oltre la visualizzazione. Un’asserzione di una diversità forse inconciliabile, ma presente, latente, non di rado dolente. Segni di conflitti, contrapposizioni, incomprensioni, coesistenze difficili eppure radicate, diffuse, silenti. Doppie nature che si contraddicono, si affrontano, lottano per una prevalenza che quasi mai diventa definitiva supremazia. O forse per una legittimazione che nella dialettica può trovare la sua logica, la composizione, la sua spiegazione, o solo una parvenza di plausibilità. Quanto fa male la sofferenza, l’angoscia, la paura……Quanto costa il piacere, il godimento, la soddisfazione di sé…..Quanto è lontana l’armonia, il giusto equilibrio. Se ciò che incontro togliendo, scalpellando, consumando lo accetto, mi appaga, lo ri-conosco, si avvicina all’idea di partenza o alle sue variazioni in corso d’opera (derivate, credo, dal mio sentire, dal mio essere, dal mio sapere, dal mio proto-verbale? dall’esperienza-conoscenza non necessariamente cosciente, quindi implicita? ma dialogante con il tufo), allora cerco anche di nominarlo, di accrescere questo suo “potere” di testimonianza, di rafforzarne il senso, intercettarne, anche solo con una o poche parole, l’essenza, la portata, ciò che più mi suggerisce….ciò che ha evocato, ciò che “ha somatizzato”. Il linguaggio si fa composto. L’incorporeo raggiunge l’esistenza. (Il piacere di creare secondo una tua misura è indescrivibile). La presenza si presta al racconto, all’allusione, alla sintesi di una ricerca che può andare dall’asserzione alla mimesi. E’ questo percorso vero, ma ogni volta variabile, perciò vivo, ad esprimere gran parte del mio portato collegato alla scultura. Un percorso di assimilazione, riferimenti, citazioni, più o meno esplicite, che per me rappresenta e annota ciò che sto vivendo e che si svolge o è appena accaduto, o ho letto durante quel tempo di lavorazione del pezzo (poche ore, giorni o settimane…). Scultura taccuino, scrigno, storia… Storia della materia che mi ha preceduto, anticipato, registrando, memorizzando…. Materia che riacquista funzione, medium, tramite, espediente solido, concreto, tattile (non volatile) che si rimette e mi mette in gioco e che, in qualche modo, ri-vive attraverso questa mia chiamata in campo. Nuova occasione, in bilico, tra passato e presente in divenire. Ponte ideale tra un prima (la sua storia) e un dopo (a partire dal recupero da un uso esaurito o dal concio vergine di cava) con tutte le ulteriori commistioni, contaminazioni e scoperte. Nuovo terreno di confronto-scambio identitario, arricchimento mnemonico dell’inorganico che si presta ad ospitare-rappresentare qualcosa di vivo, biologico, organico. Bio-trasmutazione dell’inerzia dell’inerte in pulsioni liberate dalla prigionia atavica, cementate dall’asfittico amalgama calcarenitico e recuperate al gesto, al movimento, all’espressione, al simbolo, a un significato possibile, ma non qualunque, indistinto, generico. Una sola delle possibilità di ri-torno sulla scena dell’umanità, (se mai ce ne fosse già stata una….), stavolta, con scarsa probabilità di replica o di riciclaggio… Vincolata, come non mai, ad un senso, preciso, dichiarato, non per forza condiviso, né universale. Ma quello, quel suo proprio, deciso da un artefice, che a suo piacimento può anche cambiarlo. Basta un titolo, una frase, una parola. Quella chiave o quei pretesti fanno parte di un rebus, semplice o complesso, chiaro o intricato. Comunque unico, personale, diretto destinato prima a sé, poi agli altri, all’altro da sé. Che sia fantasia, pensiero, gioco, testamento, diario, appunto, nodo, storia, coscienza, sentimento, emozione, dubbio, fremito chi può dirlo? Risposte, corrispondenze, motivazioni, rifiuto, approvazione sono un problema del pubblico, non dell’autore che, tuttavia, ama essere protagonista, tanto meglio, se ri-conosciuto. L’arguzia, come per il montaggio video, può consistere nella scelta – tra tutte le infinite possibilità e combinazioni – del nome associato alla forma. Il binomio titolo-opera può rimanere un segreto esercizio dell’autore (proiezioni, evocazioni, rappresentazioni, richiami, parafrasi personali, …..più o meno dirette e/o consapevoli). Oppure limitarsi al suggerimento, alla didascalicità, all’”aiutino” che semplifica la lettura e lo svelamento che già l’opera dovrebbe aver assolto o risolto. Ovviamente, il gioco più coinvolgente è quello di seminare “indizi” che se in un primo momento erano solo della e nella materia, dopo diventano anche “propri” dell’autore, espressione di ciò che vive e anche dell’esperienza di quel lavoro scultoreo condensato in quel particolare pezzo. Una sorta di riduzione “zen” all’attimo, al momento che riesce a rappresentare ed esprimere il tutto. Solida concretezza, metamorfosi e interpretazione cerebrale, somatizzazione del pensiero, altrimenti labile e sfuggente come tutta la vita….









"La voce a te dovuta " di Pedro Solinas .


Sì, al di là della gente



ti cerco.



Non nel tuo nome, se lo dicono,



non nella tua immagine, se la dipingono.



Al di là, più in là, più oltre.







Al di là di te ti cerco



Non nel tuo specchio e nella tua scrittura,



nella tua anima nemmeno.



Di là, più oltre.







Al di là, ancora, più oltre



di me ti cerco. Non sei



ciò che io sento di te.



Non sei



ciò che mi sta palpitando



con sangue mio nelle vene,



e non è me.



Al di là, più oltre ti cerco.







E per trovarti, cessare



di vivere in te, e in me,



e negli altri.



Vivere ormai di là da tutto,



sull'altra sponda di tutto



- per trovarti -



come fosse morire.








Guglielmo Campione - BIBLIOGRAFIA sull'Arte ,la Musica e la Mente .




Campione G., “La Musica e gli stati di coscienza” in” Fenomenologia della coscienza normale e alterata”, Theta edizioni, milano, 1992.

Campione G. “ Suoni , voci e rumori che curano”, Convegno “Cantare la voce”tributo a Demetrio Stratos ,a cura di Gianni Sassi , Intrapresa Milano 1989.

Campione G. “Intervista a Vemu Mukunda, Veena Indian Master”, Auditorium n.8,1991,Milano

Campione G. “Sugli effetti corporei e mentali della reiterazione in musica: note sul rituale sufi del Dikhr”, Convegno “Le Culture della visione “Milano, teatro out Off, 1,2,3,4,5 maggio 1990

Campione G”Musica e Terapia in India: il primato emotivo del suono nella teoria dei “Rasa””, Auditorium n 7, 1991,Milano

Campione G: “Sul fenomeno delle sinestesie in musica”, Auditorium n.5,1990, Milano

Campione G., “Musica e sinestesia”, Consciousness.n.1, Milano 1993

Campione G., in Margnelli M. “Anatomia dell’immaginario:alle fonti del processo creativo:un’indagine seriata e pluriangolare sull’operatività artistica, Consciousness n.1, Milano 1993

Campione G in Margnelli M. “Anatomia dell’immaginario:alle fonti del processo creativo”, Festival internazionale Arte contemporanea “Milano Poesia” a cura di Gianni Sassi, Spazio Ansaldo ,Milano 1992

Campione G.,Gagliardi G. “Studio sulla stimolazione uditiva dell’immaginario di 3 artisti in ipnosi” in Margnelli M. “ Creatività e stati di coscienza. Anatomia dell’immaginario: creatività e stati di coscienza. Alle fonti del processo creativo .Indagine su cinque artisti “,Theta edizioni ,Milano, 1992

Campione G., Gagliardi G., “Il potenziale psicodiagnostico dei suoni in ipnosi:contributo allo studio dell’utilizzo della stimolazione sonora nel test proiettivo del “Bilancio psico.musicale” di Verdeau Pailles”, Theta edizioni, Milano, 1993

Campione G. “Intervista al pianista Gaetano Liguori, Milano26.3.1991 in “Creatività e stati di coscienza. Anatomia dell’immaginario: alle fonti del processo creativo .Indagine su cinque artisti “, Theta edizioni.Milano, 1992

Campione G., “La Musica e la Coscienza”in “Ciclo di conferenze sulla fenomenologia della coscienza ordinaria e alterata” a cura di Marco Margnelli, Centro culturale S.Carlo, Milano ,17.4.1993

Campione G., “Conversazioni per una psicologia della musica”, Aditorium, ,n.11.1992.Milano

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Campione G ., “Scultura , la forma artistica piu vicina al protomentale”, http://statidellamente.blogspot.com

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Campione G., Stati modificati di coscienza ed esperienza musicale:
attuali conoscenze sul funzionamento mentale”, Rassegna “Improvvisamente sconfinata”, Produzione Wave Ahead , novembre 2009, Videoconferenza .

Campione G., Orchestra e gruppo, Psicoanalisi e musica ,Workshop con il Direttore d’orchestra Antonello Allemandi, Milano ,Centro ricerche Psicoanalisi di gruppo ,Associazione Loggione del Teatro alla Scala, 2010

Campione G., “Musica e memoria implicita”, relazione al convegno “Amare i bambini,il ruolo dell’affetto nello sviluppo del cervello infantile”Milano,Spazio Oberdan Assessorato cultura Provincia di Milano, 30.10.2010, Fondazione Octopus

Campione G., “Creatività e trascendenza nell’opera di Marion Milner”, relazione al Convegno- Workshop- Concerto “Le Arti, la mente, lo spazio, la cura”, Fondazione Rudh Rozzano Milano- Assessorato Sociale comune di Rzzano, 17.10.2010

Campione G., Direzione e Project management Evento Convegno- Workshop- Concerto “Le Arti, la Mente, lo spazio, la cura”, Fondazione Rudh Rozzano Milano- Assessorato Sociale comune di Rozzano, 17.10.2010

Campione G. “Come un subacqueo che si immerge in sé stesso: suoni, rumori e voci nell’universo amniotico, subacqueo e proto mentale”, http://www.psychomedia.it/, 2010.

Campione G,” As a diver inside, water , sounds, voices and mind”,
Stati della Mente ,http://statidellamente.blogspot.com

Campione G., “Comme un plongeur a l’interieur, eau, son, voix et esprit”,
1st Ted x Mediterranean, Cannes , 2010

Come un subacqueo che s’immerge in sé stesso: suoni, rumori e voci nell’universo amniotico,subacqueo e protomentale di Guglielmo Campione


Come un uomo del medioevo, il feto racconta d’un viaggio  in un mondo di meraviglie non come chi  ha vissuto l'esperienza direttamente , ma come chi l’ha appresa  leggendola sulle pagine di un grande libro.

M.Mancia


Tutto é sorto dall’acqua,grazie all ’acqua ogni casa vivrà !
Serbaci la tua eterna opera, Oceano


 Goethe, Faust Il 


Una vecchia leggenda indù racconta che vi fu un tempo in cui tutti gli uomini erano Dei.
 Essi però abusarono talmente della loro divinità, che Brahma – signore degli dei – decise di privarli del potere divino e di nasconderlo in un posto dove fosse impossibile trovarlo. 
Il grande problema fu quello di trovare un nascondiglio.
 Quando gli dei minori furono riuniti a consiglio per risolvere questo dilemma, essi proposero la cosa seguente: “seppelliamo la divinità dell’uomo nella Terra”. 
Brahma tuttavia rispose: “No, non basta. Perché l’uomo scaverà e la ritroverà”.
 Gli dei, allora, replicarono: “In tal caso, gettiamo la divinità nel più profondo degli Oceani”.
 E di nuovo Brahma rispose: “No, perché prima o poi l’uomo esplorerà le cavità di tutti gli Oceani, e sicuramente un giorno la ritroverà e la riporterà in superficie”. 
Gli dei minori conclusero allora: “Non sappiamo dove nasconderla, perché non sembra esistere – sulla terra o in mare – luogo alcuno che l’uomo non possa una volta raggiungere”.
E fu così che Brahma disse: “Ecco ciò che faremo della divinità dell’uomo: la nasconderemo nel suo Io più profondo e segreto, perché è il solo posto dove non gli verrà mai in mente di cercarla”.
A partire da quel tempo, conclude la leggenda, l’uomo ha compiuto il periplo della terra, ha esplorato, scalato montagne,scavato la terra e si è immerso nei mari alla ricerca di qualcosa che si trova dentro di lui.

Introduzione

Per molti anni uno dei miei interessi scientifici è stato lo studio degli stati di coscienza non ordinari e degli effetti dei suoni sulla mente.
Tutte le  esperienze umane di modificazione dello stato di coscienza,  sono a mio parere  legate alla nostra primaria esperienza protomentale e somatica per eccellenza: l'esperienza amniotica.
Vorrei ora presentare un nuovo elemento della mia ricerca che è importante  per questo genere di studi ma anche per una più approfondita comprensione dell’esperienza percettiva subacquea.
Platone, su cui si basa l'essenza della spiritualità occidentale, ha scritto pagine molto interessanti sugli effetti dei suoni sulla mente.
Egli riteneva che l'esperienza della modificazione dello stato mentale (Manìa) potrebbe essere equiparata all'esperienza di una specie di movimento interno che chiamò Kinesis. La Musica e la Danza andrebbero intese secondo Platone come uno shock esterno, Seismos, in grado di ricondurre lo stato emotivo alla calma generale del cosmo. Le madri che cercano di far addormentare i loro bambini ,li cullano (kinesin) facendo oscillare le loro braccia (seiousai) mentre cantano loro canzoni e in tal modo li incantano(kataulosi) e li calmano .Platone s’era imbattuto in ciò che i neuroscienziati del XX secolo avrebbero chiamato " fenomeno del trascinamento sonoro"?.
La prima esperienza degli esseri umani nel grembo materno  è  anche la nostra prima esperienza immersiva  ed è la nostra prima esperienza uditiva in acqua. Per essere più precisi la modalità  percettiva sensoriale primordiale è  stata principalmente tattile, propriocettiva e uditiva.
 Che cosa abbiamo sperimentato prima della nascita?
La beatitudine oceanica( il sentimento oceanico cui fa riferimento il carteggio fra Freud e Rolland) della fusione primaria nell’ immersione in amnios. "Vorrei che tu fossi l’acqua in cui  nuotare nudo come un feto che mima il suo immenso desiderio di pace" scrisse il grande compositore George Gershwin.Il sentimento dell'infinito, inteso da Schleiermacher  come la base della religiosità in quanto distinta dalla religione istituzionale, non è altro che la nostalgia della condizione infantile preedipica, quando il bambino non è ancora in grado di percepire un confine tra sé e la madre.
Abbiamo sperimentato anche , come vedremo, l'importanza della prosodia, lo studio del ritmo , timbro e intonazione della voce che ci permette di poter andare oltre il significato delle parole ,di com-prendere meglio il nostro mondo emotivo e di stare maggiormente in contatto con esso.



Questa è la risposta che Freud diede a Rolland, che lo invitava a distinguere il "sentimento oceanico" dalla religione organizzata (il "sentimento oceanico" di Rolland equivaleva al sentimento dell'infinito di Schleiermacher e al senso del mistero di Bobbio).

In età adulta, ci possiamo cimentare con altre esperienze di immersione come quella subacquea e quella delle vasche di galleggiamento intese non solo come attività sportive o di rilassamento ma soprattutto come attività di ricerca e scoperta della  dimensione inconscia  della mente . “Impara prima a calmare lo spirito, e poi a rilassare il corpo,poi scendi in te stesso,
come un subacqueo” afferma il monaco tibetano  Dugpa Rinpoche.

Suoni, voci e rumori subacquei amniotici

Con la 24a settimana di vita, il feto è già "in ascolto" di rumori e suoni nel suo ambiente liquido. Immerso nel liquido amniotico, questo piccolo essere è guidato dal desiderio di comunicare con la voce della madre, per mantenere questa connessione ininterrotta e  stabilire un rapporto uditivo con lei.
Il bambino nuota in questo universo acquatico di suoni e rumori interni, punteggiato occasionalmente dalla musica della voce di sua madre. Egli deve imparare ad allungare le orecchie, al fine di ristabilire un dialogo con quella voce.

L’orecchio riceve direttamente le frequenze del gorgoglio sonoro dal suo ambiente amniotico, mentre i rumori e i suoni esterni sono sentiti indirettamente passando attraverso la parete addominale della madre.
 Il feto vive letteralmente ciò che sente : tutto quello che conosce  è questo mondo liquido.
In passato gli scienziati hanno sottolineato il suono del battito del cuore molto più di quanto facciamo oggi. Al contrario, noi crediamo che il battito del cuore è una forma di rumore bianco - una potenza sonora costante all'interno di una banda larga di suoni fissa - che è probabilmente solo sentita da parte del feto quando a volte sparisce.
Il feto ha, invece, più di una connessione uditiva con il suono ritmico del respiro materno , più vario e simile a un'onda quando colpisce la riva.
Si tratta di un suono simile a quello udito sott'acqua dal subacqueo  emesso dal suo autorespiratore .
Durante la gravidanza, i suoni vengono filtrati attraverso il liquido amniotico e si verificano modificazioni nelle vibrazioni sonore . I suoni acuti vengono trasformati attraverso questo effetto filtro, mentre i suoni superiori a 500 hertz restano invariati. Il feto sembra reagire più fortemente alle basse frequenze, come quelle del violoncello e contrabbasso, e meno a quelle di violini e flauti. I suoni bassi, vengono condotti per mezzo della conduzione ossea ed hanno secondo Tomatis un potere ipnotico e per certi versi paralizzante ed angosciante ,agendo prevalentemente sul labirinto, sull’autopercezione spaziale e sullo schema corporeo. La voce della madre si origina nella laringe, si diffonde lungo le vertebre per conduzione ossea , si diffonde nell’amnios e in fine giunge all’orecchio.
Il corpo della madre è l'elemento critico nella trasmissione del suono tra il mondo esterno e il nascituro. I suoni esterni, come le voci del padre e fratelli, sono percepiti in forma attenuata. Il liquido amniotico deforma meno la voce materna , mantenendone  intonazione e  ritmo e questo forse spiega perché il feto ha una  predilezione per le voci delle donne, specialmente se cantano.



In un importante saggio al riguardo Maria D'Agostino ha sottolineato come l'ascolto appare dunque come una componente importante del rapporto primario, come l'elemento che permette il riconoscimento della madre dopo la nascita: «...il neonato mostra di dare un significato particolarmente positivo al rispecchiarsi del suono prenatale nel suono postnatale (significato di incantamento). [...] 
 D'Agostino ha definito il riconoscimento del suono prenatale nella vita postnatale come la esperienza di speculante acustica primaria.Essa si costituisce come specifica tra le diverse esperienze primarie nelle quali si traduce la saldatura tra la vita intrauterina e la vita extrauterina» . Questo ci porta a supporre che il bambino, alla nascita, possegga già una memoria sonora del mondo esterno e che nel passaggio dall'ascolto fetale all'ascolto normale il momento del riconoscimento della voce materna sia un'esperienza fondante.
A questo proposito- dice D'Agostino- Andre Thomas ha realizzato un esperimento chiamato «la prova del nome»: un neonato di pochi giorni viene posto a sedere su un tavolo - ciò è possibile perché fino a dieci giorni il bambino possiede unforte tono muscolare - circondato da un gruppo di adulti, tra cui i genitori, che pronunciano il suo nome, uno alla volta. Il piccolo non presenta reazioni fino al momento in cui parla la madre, a quel punto il suo corpo si inclina e cade in direziono della voce materna .


 L'importanza del suono come veicolo affettivo nella relazione madre-figlio è rappresentato simbolicamente da un mito indiano in cui Karma, figlio del Sole, nasce dall'orecchio materno. A questo organo vengono attribuite le medesime valenze contrapposte dell'archetipo materno, all'immagine della madre apportatrice di vita e di morte corrisponde il simbolismo egiziano dell'orecchio, secondo il quale l'orecchio destro riceve il soffio della vita e quello sinistro il soffio della morte.
Il ruolo primario che riveste l'esperienza sonora nelle fasi iniziali della vita umana ha una rappresentazione simbolica nei miti della creazione. 
Nelle cosmogonie il suono, sotto forma di sospiro, canto, grido, tuono o parola della divinità creatrice, è alla base della nascita del mondo: «La fonte dalla quale emana il mondo è sempre una fonte acustica. [...] Questo suono, nato dal Vuoto, è il frutto di un pensiero che fa vibrare il Nulla e, propagandosi, crea lo spazio. È un monologo il cui corpo sonoro costituisce la prima manifestazione percepibile dell'Invisibile. L'abisso primordiale è dunque un 'fondo di risonanza', e il suono che ne scaturisce deve essere considerato come la prima forza creatrice, che nella maggior parte delle mitologie è personificata negli dei cantori» . 
Possiamo leggere dunque nei miti di creazione una metafora dell'esperienza originaria dell'essere umano, il suono entra nella vita prenatale e rappresenta, con molta probabilità, la prima esperienza del mondo che ha l'individuo, prima ancora di vedere il mondo alla nascita. Il dio che crea l'universo attraverso un suono è la figura materna che con la sua voce rappresenta un ponte tra il mondo uterino e il mondo esterno. Si tratta di un tramite estremamente importante e significativo, poiché rappresenta un elemento di continuità tra due esperienze molto diverse e separate tra loro dal trauma della nascita e, nello stesso tempo, ha lo stesso effetto del suono nelle cosmogonie: conferisce vita all'individuo e lo aiuta nella transizione da una forma di esistenza all'altra: «Il significato magico del suono prenatale trova infatti la sua spiegazione nel fatto di costituire un significante della vita intrauterina, intesa come paradiso perduto.
 Riascoltando il suono già udito nella situazione prenatale, dopo il disastro della nascita, il neonato sembra dargli [...] il segno del ritrovamento di un bene perduto» . Il suono della voce materna dunque rappresenta non soltanto un collegamento tra due modalità di ascolto, ma permette anche di legare il suono prenatale all'immagine del mondo che subentra e si viene costruendo dopo la nascita attraverso la percezione visiva. La forma primaria di conoscenza sembra dunque essere di tipo sonoro piuttosto che visivo: l'ascolto intrauterino ha probabilmente un fondamento archetipico.
Dopo la nascita l'universo fatto di oggetti sonori si trasforma gradualmente in un mondo di oggetti-immagini,
ogni suono viene associato ad un'immagine. Alla luce di questi dati potremmo dire che la concezione platonica della conoscenza come una forma di reminiscenza trova degli agganci importanti nei più recenti studi di psicologia prenatale, che parlano di tracce mnesti-che di alcune esperienze fatte nel corso della vita fetale:
«Si può così constatare che il modo in cui un bambino conosce il mondo, che per lui è la madre, è molto più affascinante e complesso c^i quanto sia stato in genere immaginato nella mente dei filosofi» (12). La figura materna con la sua voce rappresenta un filtro tra il bambino e il mondo, questo filtro più tardi diventerà il linguaggio, strumento di municazione e di conoscenza.
Alla nascita il bambino scoprirà di avere anch'egli un suono, proprio come la madre, e da questa scoperta inizierà il percorso verso il linguaggio. L'evoluzione linguistica nell'infante avviene anche attraverso l'ascolto della propria voce e di quella dell'adulto. Si narra che Federico II di Svevia fosse molto interessato all'origine del linguaggio, per questo un giorno decise di intraprendere un esperimento. Affidò ad alcune balie dei neonati e ordinò alle donne di non pronunciare parola in presenza dei piccoli:dovevano accudirli, nutrirli e allevarli in perfetto silenzio.
In tal modo, pensava il re, i bambini avrebbero potuto sviluppare quel linguaggio universale vagheggiato dalla filosofia del tempo. I piccoli morirono tutti, dimostrando all'incauto sovrano che non esisteva un linguaggio di tal fatta. Questa esperienza, collocata tra storia e leggenda, ci fa riflettere sull'importanza della comunicazione nella strutturazione delle prime relazioni oggettuali; una comunicazione che si configura primariamente come comunicazione sonora e solo successivamente diviene linguaggio: 
«A livello filogenetico, si parla del primato del ritmo sul significato, proprio perché il ritmo ha originariamente significato affettivo, mentre il significato ha un senso cognitivo. [...] il bambino prima coglie l'unità ritmica e poi coglie l'unità semantica» . La relazione primaria possiede delle qualità acustiche che entrano a far parte di strutture affettivo-cognitive; la voce e l'ascolto, infatti, sono strettamente correlati, non soltanto da un legame di causa-effetto, ma anche nella loro connotazione emotivo-affettiva e nel loro legame con la funzione cognitiva.
Il modo in cui un individuo si rapporta al suono, e in particolare al suono più significativo dell'universo sonoro, la voce umana, può rivelare molto sulle sue esperienze perinatali, ma può anche rivelare come si è sviluppato Il suono della sua relazione primaria, se è stata segnata da armonie o da dissonanze, se vi sono stati dei silenzi, se si sono prodotti dei crescendo troppo concitati.
La figura materna si pone dunque come un elemento centrale nella vicenda dell'ascolto e connota con il suo suono due momenti fondanti nella strutturazione della psiche infantile: la scena primaria e la situazione edipica.
Secondo alcuni studiosi il bambino percepisce anche la voce del padre nel corso della vita intrauterina: «Oltre alla voce della madre, il feto e il neonato percepiscono la voce del padre. Il neonato mostra di riconoscere la voce del padre nella vita postnatale, purché abbia potuto percepire alcune parole, con una certa regolarità e frequenza, nella vita prenatale»
 I personaggi della vicenda che si pone alla base della vita psichica del bambino, strutturandola e  organizzandola, sono dunque già tutti presenti fin dal periodo prenatale.
Ma qual'è il ruolo del suono nelle fantasie e che parte rivesta nell'elaborazione delle stesse ?
 Se è vero che l'udito è una forma di percezione attiva fin dai primi mesi di vita fetale, allora la struttura primaria di conoscenza implicherebbe una compartecipazione dell'elemento sonoro. La predisposizione all'ascolto è un elemento che può avere una determinante archetipica, nel senso che se vi sono - come dice Jung - delle immagini primordiali, legate alle esperienze fondamentali dell'umanità, esistono probabilmente anche dei suoni legati a quelle stesse esperienze.
 La scena primaria- sottolinea D'Agostino- così come viene configurata da Freud è un elemento che si avvicina molto al concetto di immagine archetipica. Essa fa parte di ciò che Freud chiama i fantasmi originari:
«Là dove gli eventi non si adattano allo schema ereditario, subiscono nel
fantasma una rielaborazione [...] Sono proprio questi i casi più
appropriati a mostrarci l'esistenza indipendente dello schema. Possiamo
spesso notare che lo schema prevale sull'esistenza individuale [...] Pare
che le contraddizioni tra l'esperienza e lo schema forniscano ampia
materia ai conflitti infantili. Se ora si considerano i temi che si incontrano
nei fantasmi originari (scena originaria, castrazione, seduzione), si è
colpiti da un carattere comune: essi si riferiscono tutti alle origini. Al pari
dei miti collettivi, essi tendono ad apportare una rappresentazione e una
'soluzione' a ciò che si presenta al bambino come un enigma
fondamentale; essi drammatizzano come momento di emergenza, come
origine di una storia, ciò che per il soggetto è una realtà problematica
che esige una spiegazione, una 'teoria'. Nella 'scena originaria' è
raffigurata l'origine del soggetto; nei fantasmi di seduzione, l'origine, il
sorgere della sessualità;
nei fantasmi di castrazione, l'origine della differenza dei sessi» 

Freud sostiene che la percezione (rumore, coito animale) può in qualche modo orientare il bambino nella elaborazione della scena primaria. È possibile ipotizzare che nella realtà individuale la scena originaria sia stata ascoltata, percepita nel buio o attraverso una parete o una porta socchiusa. Se esiste una forma di memoria prenatale che permette il riconoscimento, a maggior ragione gli eventi dei primi mesi di vita postnatale possono essere stati registrati attraverso una percezione uditiva più matura rispetto alla vista. La scena primaria potrebbe dunque avere un connotazione uditiva emotivamente forte tanto quanto l'immagine: l'ascolto delle voci dei genitori durante l'amplesso può essere stato collegato solo successivamente alla scena «vista», cioè all'immagine. La traccia mnestica delle voci dei genitori, udite nel corso della vita fetale, si evolve e si struttura dopo la nascita, legandosi successivamente  all'immagine, che solo allora diviene prevalente. In questo modo potrebbe nascere il ricordo: da una serie di tracce mnestiche portatrici di un forte potenziale emotivo si sviluppano delle associazioni e si strutturano delle fantasie,forse già preesistenti. La dimensione archetipica può essere l'elemento che organizza il ricordo della scena primaria.
E proprio nella rievocazione del ricordo sta tutta l'originalità e unicità dell'individuo: «La riproduzione del ricordo è raramente un fatto meccanico; essa possiede la prerogativa della licenza poetica, riflette la personalità del relatore, è sovente immaginativa, e talvolta ci offre esempi di creazione immortale» .
Il percorso del suono ha una tappa fondamentale nell'esperienza umana, rappresentata dalla musica. Essa si configura come l'unica forma di ascolto puro, senza immagini e ciò la rende vicina alle radici del nostro essere. 
Un'interpretazione di questa esperienza assolutamente unica e comune a tutti gli uomini - sottolinea ancora d'Agostino-possiamo rintracciarla nel mito di Orfeo. Questi era un poeta e cantore figlio di Apollo e Calliope che con la dolcezza del suo canto ammansiva le belve, arrestava il corso dei fiumi ed era seguito perfino dalle piante e dalle pietre. Un giorno l'amata sposa Euridice morì e Orfeo scese negli Inferi alla sua ricerca.
Fiutone e Persefone, signori dell'Ade, commossi dal suono della sua lira gli concessero di riportare la moglie nella vita, ad una condizione, che egli non si voltasse a guardarla finché non fossero giunti alla luce del sole.
L'epilogo è noto, Orfeo si voltò, perdendo così per sempre Euridice. 
D'Agostino cita un'interpretazione molto suggestiva di Franco Fornari  del mito. 
Scendere nell'Ade significa ritornare nel grembo materno per recuperare l'unità originaria con la madre. Euridice rappresenta la figura materna. Uscire dall'Ade, tornare alla luce, significa nascere, ma con la nascita si perde per sempre la madre, la simbiosi con il suo corpo. «...Orfeo perde Euridice girandosi per guardarla perché si può guardare il volto della madre solo dopo essere nati e quindi solo dopo aver perso la madre. [...] Come Orfeo, dunque, il neonato non può portare la madre con sé. Tuttavia il suono gli permette di recuperare, significandolo, ciò che sta al posto dell'unità originaria perduta, cioè il suono che è la madre» .
 Il suono, dunque, è un filo che ci porta indietro fino a zone remote del nostro essere, ai confini del mito, del mito personale di ciascuno di noi. Il modo in cui questo filo si è dipanato nel corso del tempo svela la nostra storia, laddove ci sia un ascolto attento e ricco di empatia .

Quando  e dove vengono memorizzate nel cervello queste  esperienze ?

 Attraverso le neuroscienze, abbiamo scoperto che, oltre alla forma di memoria autobiografica, chiamata "memoria esplicita"abbiamo anche una"memoria implicita" - un inconscio sistema di archiviazione che noi non possiamo riportare alla coscienza e verbalizzare (ineffabilità dell’esperienza).
Possiamo quindi ipotizzare che le esperienze dei nostri primi due anni di vita sono memorizzate come "memoria implicita" nell'amigdala,  nuclei neuronali situati in profondità all'interno dei lobi mediali temporali del cervello. La ricerca ha dimostrato che è nell'amigdala che si svolgono primariamente la memorizzazione delle reazioni emotive. L'ippocampo, infatti,il principale componente del cervello che svolge un ruolo nella memoria a lungo termine, non diventa pienamente maturo se non dopo il secondo anno di vita.
 
Suoni acquatici :aspetti etnologici ed etnomusicologici .

I suoni legati all'acqua e al suo flusso, sono imitati da innumerevoli strumenti indigeni provenienti da tutto il mondo come i bastoni della pioggia , le campane di legno e osso, i vasi nigeriani a due fori (Udu) o le zucche immerse in
acqua le Calabash o tamburo ad acqua. Si tratta di una mezza zucca svuotata e disseccata tenuta capovolta nell’acqua e percossa. La Calabash è uno strumento molto diffuso tra le popolazioni dell’Asia, dell’Africa occidentale e centrale e dell’America. In America centrale il Calabash è presente presso gli Yaqui, una popolazione indigena messicana assai antica dello stato di Sonora, che conserva molti tratti della cultura tradizionale messicana. Il tamburo ad acqua èutilizzato anche da altri gruppi etnici vicini agli indiani Yaqui: i Maya, i Seri e i Tarahumaras. In Africa il tamburo ad acqua è chiamato Filendundun e Jidundun e solitamente suonato dalle donne delle popolazioni Senofo e Malinke. Nel Mali èsuonato durante le cerimonie nuziali mentre in Guinea Bissau e Guinea Conakry èusato per invocare la pioggia. In alcune etnie africane del Burkina Faso è suonato esclusivamente in occasione di funerali. (“Elia prese il mantello, l'avvolse e percosse con esso le acque “ Bibbia,Re 2 - Capitolo 1, 8)Nella cultura cinese le future mamme, sono abitualmente fatte abitare in "centri di tranquillità".spesso  costruiti  nei pressi delle rive dei fiumi, e scelti in modo che la madre ascolti suoni piacevoli e questo aiuti a favorire sentimenti di pace e piacevolezza nel suo bambino non ancora nato.
Nella cultura giapponese nella pratica del "tai-kyo" , i genitori e parenti stretti del nascituro, parlano al bambino nel grembo materno come modo di trasmettergli conoscenza.
In tutte le culture orientali, i suoni sgradevoli durante la gravidanza sono strettamente proibiti.
L’apprendimento della lingua è prima di tutto un apprendimento musicale prenatale avvenuto in immersione .

La cultura orientale aveva intuito ciò che la scienza ha recentemente scoperto :i primi nove mesi di vita influenzano il resto della nostra  vita anche dal punto di vista linguistico : i Bambini imparano la Lingua sin dal grembo materno. Secondo la ricerca di Kathleen Wermke dell'Università di Würzburg, in Germania pubblicata su Current Biology, il 5 novembre 2009, nel loro primo vagito, i bambini già parlano la lingua dei loro genitori. 
Il tono è aumentata nei bambini francesi e calante in tedesco, in accordo con la melodia delle due lingue. I bambini in Francia, per esempio, tendono a piangere con un contorno sempre più melodico, con un tono basso all'inizio e alto alla fine  mentre i tedeschi seguono lo schema inverso.  Secondo gli esperti questa "melodia"  si riferisce alle caratteristiche della lingua madre. "Ad esempio, quando si dice 'Papa' in tedesco, si pone l'accento sulla prima sillaba, mentre i francesi fanno il contrario"
E poiché il pianto è stato analizzato a tre giorni di vita, la conclusione è che i bambini hanno assorbito l'accento durante la gravidanza.
Voci e brani musicali possono infatti essere ascoltati dal bambino a partire dal  terzo trimestre di vita intrauterina.L'attività mentale del feto è quindi centrata sull'ascolto. In questo modo egli riconosce  i sentimenti della madre, empatizzando con lei attraverso i suoi suoni e imparando a capire la sua vita affettiva ed  emotiva. Per il feto si tratta d’una esperienza profonda e globale, che aiuta ad allenare e sviluppare  la sua mente .
La mente va appresa.
La natura non ci dà una mente per apprendere ma è  l'effettivo processo di apprendimento che crea la mente. Così, la mente non è una conseguenza dell'evoluzione del cervello, ma il contrario. 
"Noi non impariamo l'esperienza, impariamo da questa esperienza." (Bion 1962)

Il feto sente gli aspetti prosodici del "maternese" come una cantilena che si caratterizza per  l’uso inconsapevole delle vocali allungate, del ritmo lento ,le lunghe pause, le ripetizioni,  la sottolineatura ed esagerazione degli accenti.
In "maternese" il messaggio è rappresentato dalla melodia stessa. In questa modalità di comunicazione, i sentimenti e le intenzioni del relatore sono  , in tal modo,facilmente interpretabili. Sembra verosimile ritenere, quindi,  che il “maternese” sia il risultato di una strategia evolutiva comportamentale tesa all’ottimizzazione e alla protezione della relazione madre bambino .
"In principio era il suono", dicono le prime parole del Vangelo di San Giovanni .Si potrebbe anche aggiungere con Franco Fornari:. "Ed il suono era presso la madre e il suono era la madre "

E’possibile recuperare la modalità musicale di dialogo precoce tra madre e figlio nella vita adulta?


Lo psicoanalista italiano Mauro Mancia  ha sostenuto che l’attenzione agli aspetti prosodici di questo dialogo iniziale - il ritmo,il timbro e la melodia della voce - è un mezzo qualitativamente superiore all’attenzione al significato delle parole per contattare la dimensione emotiva dell’esperienza umana.
Come un uomo del medioevo, il feto racconta d’un viaggio  in un mondo di meraviglie non come chi  ha vissuto l'esperienza direttamente , ma come chi l’ha appresa  leggendola sulle pagine di un grande libro. Questa metafora ci aiuta a capire il funzionamento della memoria implicita.
Mancia ha dedicato il  suo ultimo lavoro prima di morire “Archivi sonori della memoria implicita e musicalità del transfert “ai compositori e musicisti di tutto il tempo che mi hanno  insegnato ad ascoltare la musica delle parole”.
Dice Mancia"Ascoltando la musica è maturata in me una sensibilità  nuova. Ho ridotto la mia attenzione  per la semantica delle parole, e ho accentuato il mio interesse per la loro musicalità. Questo mi ha permesso di acquisire una particolare sensibilità per il mondo inconscio , non solo per le cose dette dal paziente, ma per il  tono,  il timbro, e il volume della voce e per la  strutturazione  musicale del linguaggio. Questo è importante perché questi elementi psicoanalitici di transfert affettivo nella comunicazione  fra paziente e analista ripetono  il modo musicale che ha caratterizzato il rapporto precoce tra madre / bambino come un veicolo per i sentimenti e le emozioni.

2) L’ esperienza dell’ immersione subacquea.

L'unico modo  che abbiamo di ripetere da adulti la prima immersione in amnios  è l'esperienza di una "seconda nascita "  attraverso le immersioni subacquee.
Come fa notare Gargiulo :”I suoni delle piccole pietre o della sabbia, i movimenti dei pesci, la vibrazione dell’ acqua, attivano la memoria dell’esperienza acquatica primaria.
È per questo "risveglio" della nostra memoria primordiale inconscia
che possiamo esperire ,quando ci immergiamo, uno stato di rilassamento , sonnolenza  o paura . Ciò dipende dalla qualità emotiva della nostra esperienza in amnios.
In immersione usiamo le nostre orecchie per percepire  elementi che non possiamo vedere. Va detto che in acqua il pieno potenziale della nostra percezione distale è  offuscato .  Disponiamo ,invece, d’un maggiore senso di posizione del nostro corpo nello spazio, una percezione tridimensionale rispetto a quella bidimensionale terrestre oltre che una percezione più intensa del suono del nostro respiro e del battito cardiaco e delle sensazioni cenestetiche viscerali.
Questa condizione ci obbliga a una maggiore concentrazione sul nostro mondo interiore .
Ecco perché l’ immersione subacquea  è un'esperienza introspettiva.
Secondo Gargiulo mentre a terra, non sentiamo la resistenza dell'aria, in immersione, diversamente, sentiamo la presenza dell’ acqua attraverso la  pressione sulla nostra pelle. Quest’esperienza percettiva prossimale ci obbliga a una percezione “dell’altro da noi” a cominciare dalle caratteristiche fisiche dell’ambiente . In acqua non possiamo continuare a coltivare l’ideale megalomanico ed egocentrico “dell’esistiamo solo noi”, così comune nella vita terrestre !
L’esperienza tattile subacquea della percezione della presenza e della pressione dell’acqua sulla pelle fa pensare a quello che Didier Anzieu ha descritto nel suo famoso saggio sull’Io-Pelle. L’esperienza sonora acquatica potrebbe essere stata primariamente un’esperienza tattile anche in osservanza agli aspetti  ontogenetici ed embriogenetici che vogliono sia la pelle- il primo organo di relazione con il mondo –a formarsi per primo nascendo dallo stesso foglietto embrionario da cui originerà il sistema nervoso. In particolare,l’esperienza sonora della voce della madre potrebbe aver costituito una prima esperienza di abbraccio sonoro in grado di iniziare a definire dei confini mentali e somatici , una proto identità, un primo abbozzo dell’Ego . Attraverso il tatto, dunque, sentiamo prima e meglio l’esistenza dell’altro da noi ma anche la dipendenza e l’autonomìa da esso. Per tornare alla esperienza subacquea ,sentiamo maggiormente l’esistenza dell’acqua, dobbiamo costruirci sopra il nostro assetto immersivo (che i più esperti sanno bene non essere solo conseguenza di tecnica posturale ma anche di stato mentale-cardio-respiratorio) ma sentiamo anche i nostri potenti sentimenti di dipendenza dall’acqua e la possibile ansia che questo può generare . Con queste considerazioni vorrei inserirmi nel dibattito aperto da Gargiulo con il suo recente saggio sull’esperienza della paura in acqua. Da una parte l’origine irrazionale del panico, non spiegabile altrimenti con errori procedurali o incontri ravvicinati con specie marine pericolose o interpretate come tali o attraverso l’imbattersi in condizioni ambientali sfavorevoli come le correnti sottomarine ecc..), secondo me è imputabile ad un’ improvvisa riemersione di frammenti emotivi proto mentali ego distonici risalenti a esperienze emotivo traumatiche della madre trasmesse  in amnios ( su cui sfortunatamente non abbiamo un gran controllo )e dall’altra  ad una possibile riacutizzazione di conflitti inerenti l’area della dipendenza-autonomia .
Se , infatti, la fisiologica interconnessione e interdipendenza degli esseri umani non viene accettata sufficientemente può non essere bene accetta neanche la fondamentale dipendenza della nostra vita dall’acqua nel periodo dell’immersione , originando vissuti claustrofobici generatori di panico (essere costretti a restare lì , in acqua, specie se a importanti profondità per il tempo consentito dalle tabelle di decompressione ecc.). Come diceva una volta un mio istruttore subacqueo, “dobbiamo imparare a soffrire di più lì in fondo” (cosa più difficile per i maschi, meno geneticamente  dotati delle femmine dell’endorfine ansiolitiche  e antidolorifiche ) perché se stiamo male in acqua in profondità non possiamo che dare fondo alla paziente accettazione della dipendenza forzata dall’ambiente in cui ci troviamo se vogliamo riemergere sani e salvi.

3) La mente , l’acqua e l’esperienza del  galleggiamento secondo   
     J.Lilly.
Mi sembra interessante per un subacqueo interessato agli aspetti mentali di questa esperienza ,oltre che a quelli tecnici, proporre la conoscenza dell’esperienza di galleggiamento per quanto essa non sia un’esperienza immersiva, perché ritengo che essa abbia degli indubbi elementi in comuni con l’esperienza subacquea dal punto di vista mentale(la risposta parasimpatica di rilassamento per esempio) , sebbene l’esperienza del galleggiamento secondo Lilly si spinga ben oltre queste similitudini verso gli orizzonti della deprivazione sensoriale  , della modificazione dello stato di coscienza e del funzionamento neurovegetativo.
 Lavorando nei laboratori del National Institute of Mental Health (NIMH),  Lilly, psichiatra, psicoanalista e neurofisiologo (1915-2001)statunitense, trovò una grande vasca usata durante la seconda guerra mondiale per lo studio sui sommozzatori. Decise di adattarla ai suoi scopi al fine di studiare meglio gli effetti della deprivazione sensoriale sul cervello umano e sugli stati alterati di coscienza. Il dibattito scientifico a quell'epoca verteva sulla possibilità che il cervello umano smettesse di funzionare in assenza di stimoli sensoriali. Per investigare su questa possibilità, John Lilly cercò di trasformare questa vasca in uno strumento in grado di ridurre al minimo gli stimoli esterni. Originariamente la vasca permetteva allo sperimentatore di restare in una posizione verticale, ma successivamente gli studi proseguirono su una ad assetto orizzontale. La vasca era piena di acqua satura di sale solfato di magnesio, mantenuta costantemente a temperatura corporea in modo da eliminare la sensazione tattile. Il corpo dello sperimentatore si trovava così a galleggiare in assenza di gravità in un liquido isotermico. L'assenza degli altri stimoli veniva garantita isolando la vasca da luce e rumori esterni.” John Lilly sperimentò in segreto la vasca su se stesso, portando il suo organismo in assenza di stimoli per molte ore di seguito. Da queste esperienze capì che non solo il cervello non smetteva di funzionare, anzi il galleggiamento gli aveva conferito la sensazione di riposo più profonda che avesse mai provato. Inoltre in assenza di stimoli esterni il cervello tendeva a indurre uno stato onirico profondo, in cui a volte si manifestavano anche allucinazioni. Ulteriori esperienze gli hanno consentito di esplorare i recessi più profondi della sua coscienza, e di spingersi là dove pochi altri esseri umani hanno osatoGalleggiando,senza alcuna altra distrazione ci si inizia a concentrare subito sulle proprie percezioni interiori e ci si immerge nella propria mente. Dopo qualche decina di ore di esperienza, incontrai fenomeni che erano stati descritti in precedenza da varia letteratura. Passai attraverso stati come di sogno, stati come di trance, stati mistici. In tutti questi stati ero totalmente intatto, centrato; ero lì. In nessun momento persi la consapevolezza dell'esperimento. Una parte di me sapeva sempre che ero sospeso nell'acqua al buio ed in silenzio.
Passai attraverso esperienze in cui altra gente apparentemente si univa a me in questo ambiente scuro e silenzioso. Potevo davvero vederli, sentirli, ed ascoltarli. Altre volte passai attraverso sequenze di sogno, sogni ad occhi aperti, come li chiamano ora, in cui guardavo le cose succedere. Altre volte sembrava che mi sintonizzassi con reti di comunicazione che sono normalmente sotto i nostri livelli di consapevolezza”. 
Recenti ricerche  mostrano effetti del galleggiamento sulla memoria e l’apprendimento : quando, infatti, i neuroni  dei circuiti mnestici lavorano i sincronizzazione  con i neuroni dei circuiti responsabili della produzione di onde elettroencefalografiche theta (risposta parasimpatica trofo-trofica di rilassamento, sogni ad occhi aperti, sonnolenza,modalità ideativa  associativa,apprendimento e  formazione della memoria ), pare che i ricordi possano presentarsi alla coscienza più vividi e duraturi. Le ricerche scientifiche hanno dimostrato che il galleggiamento aumenta la secrezione di endorfina, e ciò accade nel momento in cui diminuiscono i neuro-chimici portatori di stress, come per esempio l’adrenalina, nord-pinefrina, ACTH ed il cortisolo – sostanze che possono causare tensione, ansia e irritabilità,  portare a ipertensione e ad un aumento del livello del colesterolo. Un’altra teoria neurochimica è quella endorfinergica. Quando una donna è incinta, produce una quantità di endorfina 8 volte maggiore al normale, per questo motivo il feto prova una beatitudine prenatale. Quando un soggetto prova l’esperienza del galleggiamento ed è sospeso nella parte densa, nella soluzione calda, circondato dal buio,  il cervello rilascia endorfina: è possibile che questo stato neurochimico  e lo stato somatico corrispondente possa far rivivere (l’esperienze della memoria implicita possono essere solo rivissute non ricordate nel senso classico del termine) percezioni somatiche arcaiche protomentali  . Non è ricordare, è rivivere con il corpo (memoria implicita o procedurale , inconscio non rimosso di Mancia ).
Il regista Ken Russell ha basato il suo film "Altered States" (1980)sulle scoperte di Lilly e Steven Spielberg  ha più recentemente filmato in "Minority Report" (2002)tre mutanti  che sono permanentemente  immersi nel Tempio dei Precog , una tripla vasca di galleggiamento a forma di ipsilon (Y), al fine di migliorare la loro capacità di prevedere i crimini che stanno per accadere, altrimenti noto come, precognizione.
Nei tardi anni cinquanta Lily indagò la comunicazione uomo-delfino, creando un centro, presso le Isole Vergini, nel quale avviare questo tipo di ricerca. Nei primi anni sessanta pubblicò del materiale in cui riportava che i delfini hanno la capacità di riprodurre gli schemi fonetici umani.
Lilly sosteneva che "nella provincia della mente, ciò che si crede vero o lo è, oppure lo diventa entro limiti stabiliti per via empirica e sperimentale. Tali limiti sono convinzioni da trascendere", intendendo con questo che la mente umana non ha limiti e che qualunque convinzione non era che un limite che era possibile superare.

In noi portiamo tutta la musica:
essa giace negli stati più
profondi del ricordo.
Tutto ciò che è musicalale
è reminescenza.
Al tempo in cui
non avevamo
nome, abbiamo
probabilmente,
già udito
tutto.

E.Cioran





Antico testamento, Re, 2 - Capitolo 1, 8

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