Dissociazione e alessitimia
In questa prospettiva la dipendenza patologica sarebbe il risultato di un uso massivo e rigido della dissociazione, nel tentativo di regolare stati affettivi intensi avvertiti come una minaccia dall’io (Caretti, 2005).
Il termine “alessitimia” (Sifneos, Nemiah, 1973), deriva dal greco “lexis”, parola, “thymos”, emozione: mancanza di parole per le emozioni.
La lessitimia è stata riscontrata nella dipendenza da sostanze, nei disturbi di personalità antisociali, nei soggetti che hanno subito gravi traumi, nelle malattie psicosomatiche, nelle perversioni sessuali.
Il disturbo è caratterizzato dall’incapacità ed esprimere verbalmente le emozioni, scarsa capacità di elaborazione delle emozioni, esplosioni di collera o pianto immotivato, espressione delle emozioni tramite l’azione, amnesie, oscillazioni tra comportamento dipendente ed evitante, carenza di attività simbolica, linguaggio stereotipato, scarsa fantasia, incapacità di ricordare i sogni o vita onirica banale, scarsa capacità empatica e conseguente povertà delle relazioni personali, angusto, pragmatico e fossilizzato rapporto con la realtà, incapacità di distinguere tra sensazioni corporee ed emozioni con una assoluta prevalenza del registro corporeo, incapacità di riferirle agli eventi vissuti come reazioni ad essi. Questi soggetti non sanno riflettere su di sé e sui loro stati d’animo. L’incapacità ad esprimere verbalmente le emozioni, la scarsa capacità di elaborazione delle emozioni, la carenza di attività simbolica, il linguaggio stereotipato, la scarsa fantasia, l’incapacità di ricordare i sogni o la vita onirica banale e la povertà delle relazioni personali rappresentano tratti comuni a quelli dei disturbi di personalità borderline, antisociale e istrionica.
Secondo Caretti e La Barbera (2005) le caratteristiche dell’alessitimia sono funzionali a modulare le risposte individuali allo stress emotivo, attraverso l’utilizzo della dissociazione per indurre stati alterati di coscienza finalizzati a regolare quelle emozioni che sfuggono alle capacità del soggetto. Questa difesa è adattiva se l’allontanamento dalla realtà è parziale e temporaneo, ma disfunzionale se rappresenta una modalità ricorsiva per gestire i fatti della vita.
La dissociazione impedisce la formazione di espressioni verbali dell’esperienza e questo coincide con la difficoltà di accedere al proprio mondo interno, ai sogni, alle fantasie e di poterle regolare, utilizzare e scambiare nelle relazioni interpersonali (Caretti, Craparo, Mangiapane, 2003).
Queste esperienze dissociative transitorie permettono al soggetto di sottrarsi ad una realtà avvertita come causa di forti angosce che non possono essere elaborate efficacemente. Steiner (1993) ha chiamato queste esperienze di isolamento del sé “rifugi della mente”, luoghi mentali dissociati dal resto della personalità in cui ci si ritira nel tentativo di sfuggire a una realtà vissuta come persecutoria.
I dipendenti sembrano contrastare difensivamente la capacità di rappresentare gli stati mentali propri e altrui, creando così un vuoto affettivo e cognitivo che viene colmato con l’uso delle sostanze. La dipendenza patologica è cioè il risultato di un uso massivo e rigido della dissociazione, nel tentativo di regolare stati affettivi intensi avvertiti come una minaccia dall’io.
L’uso compulsivo di Internet rappresenta, per esempio, un’occasione o una serie di occasioni narcisistiche: ci si può presentare come si vorrebbe essere o si vorrebbe essere visti dagli altri, permettendo di fuggire dal contatto reale e dalla valutazione reale tanto temuta perché frustrante e non controllabile. Si capisce allora perché il tema dell’identità sia così importante in questo discorso. La sperimentazione di diverse identità (identità multiple) anche sessuali è una delle potenzialità della rete che può generare addiction. Il web può diventare quindi un rifugio. «Il rifugio funziona come una zona della mente in cui non si deve affrontare la realtà, in cui le fantasie e l’onnipotenza possono esistere senza controllo e qualunque cosa è permessa. È spesso questa caratteristica che costituisce l’attrattiva del rifugio per il paziente, o di solito comporta l’utilizzazione di meccanismi perversi e psicotici» (Steiner, 1993).
I rifugi della mente si possono intendere come luoghi mentali ossessivo compulsivi o riti magici in cui ci si ritira quando la realtà è insopportabile, in cui si automedica l’io danneggiato per un lutto o per una perdita dolorosa. La perdita non elaborata comporta angoscia, dolore e costante sensazione di pericolo.
Il concetto di luogo mentale fa pensare alla funzione di reverie materna bioniana in grado di accogliere e rendere pensabili gli stati mentali primitivi, i dati grezzi dell’esperienza, sperimentati come angosciosi e dolorosi in quanto privi di significato e altrimenti proiettati all’esterno tramite l’identificazione proiettiva. Tale funzione materna corrisponde a quello stato di calma ricettività che accoglie i sentimenti caotici del bambino e gli dà significato, calmando quindi dolore e angoscia.
Secondo Caretti (2005) i rifugi della mente servono a neutralizzare e controllare l’angoscia di morte e l’aggressività di tipo primitivo, ma in quei soggetti in cui le problematiche collegate alla distruttività sono particolarmente disturbanti, il rifugio mentale può giungere a dominare la psiche dando luogo ad una patologia che va dal ritiro dal mondo oggettuale, alle attività autoerotiche, all’aggressività contro se stessi (anoressia e tossicomania) fino ai disturbi dissociativi (trance dissociativa da videoterminale).
Dipendenza sessuale, parafilìe
Secondo Carnes (2001) le caratteristiche principali delle dipendenze sessuali sono: pattern di comportamenti sessuali fuori controllo, gravi conseguenze dovute ai comportamenti sessuali, incapacità di smettere nonostante le gravi conseguenze, persistente perseguimento di comportamenti autodistruttivi, crescente desiderio e sforzo di controllare i comportamenti, ossessione sessuale e fantasie come prime strategie di adattamento, incremento dell’attività, gravi cambiamenti dell’umore dovuti ad attività sessuale, smodato aumento di tempo speso nella ricerca di occasioni sessuali o per riprendersi da esse, trascuratezza nei confronti di attività sociali, lavorative ecc., piacere, dipendenza fisica, craving, astinenza, compulsione, segretezza, cambiamento di personalità, contraddizione delle proprie convinzioni etiche (Carnes, 2001).
Il disturbo compare per la prima volta nel 1991 nel DSM III tra i disturbi non altrimenti specificati come “disagio collegato a modalità di conquiste sessuali ripetute o ad altre forme di dipendenza sessuale non parafilica che comportano una successione di persone che esistono solo per essere usate come oggetti”.
Nel DSM-IV viene eliminata la dizione dipendenza sessuale e si usa il termine di disturbo sessuale non altrimenti specificato: si tratterebbe di un “disagio connesso a quadro di ripetute relazioni sessuali con una successione di partner vissuti dal soggetto come cose da usare”.
Attualmente il dibattito scientifico verte su tre possibili ipotesi patogenetiche: le dipendenze patologiche (Goodman, 1993), i disturbi impulsivi-ossessivo compulsivi (Hollander, 1992; Cloninger, 1993), la teoria psicoanalitica della compulsione e della perversione secondo cui ogni comportamento usato per produrre gratificazione e fuggire da stati interni di angoscia può diventare compulsivo e diventare un disturbo da dipendenza.
Secondo Goodman (1993) ci sono sensibili differenze tra dipendenze e fenomeni compulsivi. Le dipendenze patologiche sono caratterizzate da attività sessuale egosintonica (impulsiva ?) di ricerca del piacere e riduzione del disagio, e risposta ai farmaci antidepressivi simile a quella osservata nella depressione. Le compulsioni sono legate a fenomeni di eccessività caratterizzati da attività sessuali egodistoniche che vanno intese come attività di difesa non finalizzata al piacere, ma alla riduzione di ansia e depressione e da una risposta agli antidepressivi diversa da quella nella depressione.
La dipendenza sessuale spesso coesiste con quella da sostanze ed è frequentemente una causa negletta di ricaduta. Questo è particolarmente vero per la cocaina. Molti pazienti appaiono intrappolati in un meccanismo di reciproca ricaduta in cui il comportamento sessuale compulsivo precipita la ricaduta nell’uso di cocaina e viceversa. Spesso i sex addicts sono anche affetti da dipendenza da alcol , soffrono di disturbi alimentari, di disturbi compulsivi consistenti nello spendere denaro, o sono giocatori compulsivi.
Dal punto di vista prognostico si è concordi ormai nel ritenere che vi possano essere significativi cambiamenti a livello comportamentale solo se viene affrontata in terapia in modo diretto la questione della natura compulsiva del comportamento sessuale e del poliabuso di droghe.
Goodman (1993), ispirandosi al sistema diagnostico categoriale del DSM, ha proposto un modello diagnostico unitario per tutte le dipendenze. Sono necessari almeno tre criteri per fare diagnosi e alcuni sintomi del disturbo devono durare da almeno un mese o verificati ripetutamente per un più lungo periodo:
frequente espressione del comportamento per un lungo periodo di tempo, maggiore di quanto comunemente inteso;
persistente desiderio di esprimere il comportamento con uno o più sforzi inefficaci di controllarlo o ridurlo;
molto tempo speso in attività necessarie al comportamento o per riprendersi dai suoi effetti;
frequenti preoccupazioni per il comportamento e le attività preparatorie;
frequente ingaggio nel comportamento nonostante le scadenze lavorative, accademiche, domestiche o sociali;
abbandono dei doveri sociali, lavorativi, ricreazionali a causa del comportamento;
continuazione del comportamento a dispetto del sapere di avere persistenti e ricorrenti problemi sociali, finanziari, psicologici o fisici causati o esacerbati dal comportamento;
bisogno di aumentare l’intensità del comportamento (della sostanza) per ottenere l’effetto desiderato o diminuiti effetti con comportamenti della stessa o maggiore intensità;
incapacità di rilassarsi e irritabilità se non è possibile agire il comportamento.
a Scienza”.
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