Attraverso segnali chimici mediati dalla placenta, il bambino che cresce nella pancia della mamma riesce a percepire chiari segnali sullo stato mentale della mamma.
L’interconnessione tra madre e figlio durante i 9 mesi di gestazione è fonte di sempre nuove sorprendenti scoperte. Se già si sapeva che il feto può percepire i suoni come, per esempio, il battito cardiaco della mamma, le vibrazioni della musica che lei ascolta… Oggi, un nuovo studio che sarà pubblicato su Psychological Science – una rivista della Association for Psychological Science – afferma che lo stato mentale della mamma può essere percepito e, in qualche modo, “metabolizzato”, tanto che questo può influire sullo stato di salute futuro del nascituro.
Durante gli ultimi decenni gli scienziati hanno dimostrato che l’ambiente fetale è molto importante per il bambino. Si postula che tutto quanto accade nella vita della mamma possa influire sullo sviluppo del feto: che sia lo stile di vita, come il fumare o il bere, è risaputo avere effetti molto gravi.
In questo nuovo studio, i ricercatori Curt A. Sandman, Elysia P. Davis, e Laura M. Glynn della Università della California-Irvine hanno valutato come lo stato psicologico della madre potesse influire sul feto in via di sviluppo.
Per far ciò, hanno coinvolto un gruppo di donne incinte per poi sottoporle a una serie di esami clinici, tra cui un eventuale stato depressivo, prima e dopo il parto.
Lo studio è proseguito anche quando sono nati i bambini. Le mamme hanno così dovuto eseguire dei test atti a valutare come i piccoli si stavano sviluppando.
Bene, i risultati ottenuti hanno sorpreso gli stessi ricercatori: non era tanto la situazione mentale della mamma – che fosse depressa o meno – ma la coerenza dell’ambiente. Ossia, che la mamma fosse depressa sia prima che dopo il parto o che fosse sana prima e dopo il parto. Quello che invece influiva in negativo sullo sviluppo del bambino era la difformità tra il prima e il dopo, ossia se, per esempio, durante la gravidanza la mamma era depressa e poi non lo era più dopo il parto.
«Dobbiamo ammetterlo, la forza di questo risultato ci ha sorpreso», ha commentato Sandman.
La stranezza dei risultati potrebbe suggerire che se una madre è depressa prima della nascita, per il bene del bambino non si dovrebbe intervenire, aggiungono i ricercatori. Tuttavia, «un approccio più ragionevole propenderebbe per un trattamento delle donne che presentano depressione prenatale», spiega Sandman, sottolineando che in realtà già si sa come affrontare la depressione. I problema, semmai, è che le donne raramente sono sottoposte a screening per la depressione prima della nascita.
Poter sottoporre a screening prenatale le donne a rischio è di estrema importanza per l’effetto che la malattia può avere sul nascituro. L’influenza di questi problemi sul feto potrebbe portare a problemi neurologici e disturbi psichiatrici in futuro, avvertono infine gli autori dello studio.
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